Estratto dell’articolo di Roberto I.Zanini su Avvenire
Nel nostro immaginario, l’esperienza austera dei padri del deserto e del monachesimo nordafricano dei primi secoli è legata a esperienze ascetiche estreme, a privazioni fisiche ai limiti della sopravvivenza in ambienti inospitali oltre che, naturalmente, a santi la cui popolarità è rimasta intatta a distanza di secoli. Eppure la storia dell’ascetismo cristiano, con quegli eremiti digiunatori, isolati in grotte fra rocce e sabbie assolate, è stata solo alle prime battute. Circa 50 anni dopo la morte del grande Antonio abate, avvenuta nel 356 nel cuore desertico della Tebaide, ecco che sulle sponde orientali del Mediterraneo, fra Siria e Cilicia, in piena epoca bizantina e in un momento di grande crescita economica e demografica (come era accaduto nell’Egitto dei Padri), iniziava l’avventura di san Simeone il Vecchio, il più conosciuto dei monaci cosiddetti “stiliti”, veri e propri campioni di privazioni fisiche a fini spirituali.
La parola ascesi
Del senso “atletico” della parola ascesi e dell’interpretazione del brano in cui san Paolo parla di se stesso come un atleta di Dio (1Cor 9,24-27), san Simeone fu un autentico performer. (…)
E non mancavano le donne, chiamate stilitisse, sebbene a un certo punto sia stato loro vietato canonicamente di salire su una colonna. Grazie a personaggi come Simeone il Vecchio, gli stiliti divennero vere e proprie istituzioni. Ci si recava da loro per chiedere consiglio o direzione spirituale, per ottenere guarigioni, miracoli e ricongiunzioni familiari, per sanare controversie civili e tant’altro. Il loro carisma e l’autorevolezza erano indiscussi, sia per il popolo che per i potenti, vescovi e imperatori compresi. Il loro stile oltre i limiti delle possibilità umane, totalmente esposto e dipendente in tutto dal prossimo, teso alla sopportazione di ogni dolore (compresa la consumazione della carne provocata dagli insetti e dalle larve che infestavano le loro piaghe), la veglia e la preghiera continua ne facevano degli esseri sovrumani, degni comunque di rispetto e venerazione. Anche dopo la morte, le colonne e i luoghi della loro stasis continuavano a essere meta di pellegrinaggi e di preghiere. Quando nel 459 morì san Simeone stilita il Vecchio, già da un anno circolava una cronaca dettagliata della sua vita destinata ad avere grande successo nei secoli. Oggi a Qal’at Sim’an, la Pietra di Simeone, nei pressi di Aleppo, sono ben visibili i resti dell’imponente basilica edificata intorno alla colonna, inaugurata nel 490 e voluta due decenni prima dall’imperatore Zenone in persona. La fama di Simeone era tale che fra i santi nel calendario bizantino a lui fu assegnato il primo giorno dell’anno. (…)
Gli stiliti sono scomparsi
Oggi naturalmente gli stiliti sono scomparsi, ma il monaco Maksim Qavtaradze, che vive in un eremo su un pinnacolo di roccia in Georgia, per qualcuno ne raccoglie un po’ l’eredità: lassù, testimone della tensione a Dio, nella precaria condizione dell’uomo, in costante pericolo di cadere.