Seconda puntata della rubrica dedicata alla figura del frate cappuccino vissuto a cavallo tra Cinque e Seicento, Tommaso da Olera, proclamato beato nel 2013. Il testo è tratto da “Tommaso da Olera, un anno con un mistico del Cuore di Gesù” di Sergio Calzone. Le riflessioni del mese di dicembre.
Le certezze di Tommaso e il problema dell’Immacolata
La questione dell’assenza del peccato originale in Maria è complessa, controversa e storicamente lunga almeno millecinquecento anni. I suoi sostenitori presentarono sempre un passaggio del Cantico dei Cantici come il preannuncio di questo prodigio: «Tutta bella tu sei, amata mia, e in te non vi difetto» (Ct 4,7), e sant’Agostino sembra schierarsi su questa linea, seguito da un gran numero di altri commentatori, fino a Duns Scoto. La polemica divenne particolarmente accesa nel XIV secolo, soprattutto intorno a una questione solo in apparenza marginale: nessuno riusciva anche soltanto a immaginare che Maria Vergine avesse contratto peccato, veniale e tanto meno mortale, durante la sua vita terrena (il che sarebbe inammissibile per chi aveva avuto nel ventre il Salvatore), ma ci si divideva sul dubbio (o, meglio, sulla certezza da entrambe le parti) se una tale creatura non avesse avuto il dono, del tutto eccezionale, di non portare il marchio di Adamo proprio in quanto ventre inevitabilmente purissimo.
A favore dell’Immacolata
Lentamente, ma costantemente, l’idea di una Maria concepita immacolata si fece strada, anche se l’ufficialità di una presa di posizione della Chiesa tardò moltissimo. Resta però il fatto che, già nel Quattrocento, papa Sisto IV, pur escludendo che uno dei due partiti fosse responsabile di eresia in caso di torto, permise di tenere a Roma una festa liturgica rivolta alla Concezione. Fra Tommaso si schiera con la consueta schiettezza a favore dell’Immacolata in un’epoca in cui questa convinzione si stava facendo sempre più profonda, tanto che, nel 1661, papa Alessandro VII si sarebbe poi pronunciato, dal trono di Pietro, in suo favore con una bolla, senza però giungere a sancirla in un’enciclica. È forse questo il motivo per cui Fra Tommaso, con acribia cappuccinesca, espone il proprio punto di vista e, tuttavia, egli si rende ben conto di non avere fonti alle quali attingere, se non quelle a cui sempre dice di essersi ispirato.
Gli scritti
E fu conceputa questa gran donna senza peccato originale; e per esser questa così alta e da Dio con prieghi ottenuta fanciulla Maria, mia patrona e Signora, dirò quatro parole della sua purissima concezione, non toccando quell’autorità dette da’ profetti, né meno dette da’ santi dottori, manifestando chiaramente la concezione de questa nostra Maria, ma dirò alcune ragione semplice, non cavate da’ libri né da’ dottori, ma studiate dalle piaghe di Cristo. E dirò che Maria Vergine fu la più preziosa gioia de quante che Iddio già mai creasse; e per creare questa gioia che tra tutti li adornamenti del cielo e della terra Iddio adoperò il braccio della sua potenza: fecit potentiam in brachio suo [Ha spiegato la potenza del suo braccio (Lc 1,51)]. (Selva, 126). Egli, cioè, si affida a una sorta di buon senso popolare e, nello stesso tempo, assai raffinato, quasi mettendo gli eventuali contradditori di fronte alla necessità, per opporglisi, di mettere in discussione l’onnipotenza di Dio.
Le metafore pre-barocche
Ed era ben il dovere che quella verginella che doveva concepire quello che era re delle vergine fusse senza alcuna machia di peccato: e però Iddio la preservò con la potente sua mano. E che Iddio la potesse liberare da questa caduta non credo che nessuno abbi ardimento di considerare, dico di contradire: che un figliolo, potendo liberare la madre da un profondo pieno di inordinate immondizie, colmo di fetore, che non la liberasse? (Selva, 127). Dopo di che, il nostro Beato ha mano libera per abbandonarsi a quelle metafore pre-barocche che abbiamo tante volte incontrato nella sua opera. Si se trovasse un re o principe che, avendo un vaso o bichiero che fusse stato dentro qualche cosa immonda e stommacosa, per certo che questo re non mangeria né beveria in quel bichiero, perché la sola memoria de quella immondizia gli renderia nausea e gomito. E però quel Re del cielo che doveva star per nove mesi in quel vaso del ventre di Maria e bevere delle mamelle di essa, gustando quel saporoso vino del latte che da quelle ussiva, non è da credere che questo Dio volesse gustare latte contaminato ove fusse stato una tanta immondizia, e che volesse mangiar e star in quel vaso che prima fusse imbrattato di quel veneno di peccato. Non saria da creder tal cose da Iddio che altra puzza non odia che il peccato, e che pur avesse volesto che sua Madre fusse stata serva di peccato; e però con ragione si debbe dire: conceptio Beatae Mariae Virginis [concepimento della Beata Maria Vergine]. (Selva, 127-128)
A gloria di Maria
E ancora. Io ne dirò un’altra a gloria di Maria. Si fusse un re che avesse un letto con linzuoli, che in questo letto e linzuoli fusse stato un suo inimico pieno di piaghe leprose e puzzolente, e che questo re volesse collocarsi in esso letto e linzuoli, si bene fussero lavati e purificati, di certo che non si può credere questo, che il re si collocasse in detto letto, perché la sola memoria gli renderebbe orrore e fastidio. Adunque, come non si può credere che un re di transitoria corona ricco e potente ad un momento di tempo e mortale, potendo aver letti adornati mondi e belli e mai adoperati, si volesse metter a riposare in immondizie, così manco si può credere che il figliolo de Dio, che aveva fatto elezione de quel ventre virginale e purissimo di Maria, stando nel letto della sua umanità involto nel linzuolo de questa beata anima, permettesse che il letto e linzuoli fussero stati prima una sol volta stati inmachiati de questo infame peccato tanto a Iddio odioso. E consequentemente non si può credere che Iddio lassiasse cadere questa sua cara Madre per volerla pui sbellettare. E però si dice: conceptio Beatae Mariae Virginis. (Selva, 128)
Memento mori
In esso, come per caso, egli riesce anche a collocare, a beneficio dei suoi augusti lettori, un memento mori, ricordati che devi morire. Ma, poi, per compiere questa singolare trilogia, egli sceglie una metafora meno cruda. Ora intendi quest’altra. Io, divoto della concezione della Madonna, ti dirò un altro essempio a te divoto di essa. Gli è solito de’ gran prencipi far fare alcuni vasi di gran prezo di oro finissimo con vaghi e belli smalti, con gioie di gran valore per riponer in essi liquori o reliquie de gran santi o del legno della santa croce. Questi reliquiari tengono in luoco puro, lontano da polvere, in luoco rinchiuso, discosto da ogni immondizia, in luoco dove ladri non possino metter le mane, dove il solo prencipe de questo reliquario si gode. E guai a chi avesse ardimento di toccarlo con mane immonde. Così creò Iddio un vaso che fu Maria, e questo vaso adornò di gioie e perle con tanto artificio che tra tutte le cose che creò Iddio fu la più bella, la più cara e più preziosa di quante creasse; del qual vaso molto si dilettava, che per magior diletto delli occhi suoi lo tiene alla sua destra del suo unigenito figliolo. E aveva Iddio in questo vaso de ogni virtù, perfezione e santità ripieno posto la increata reliquia del suo figlioloab eterno uguale al Padre: talis Pater, talis Filius, talis Spiritus Sanctus [tale Padre, tale Figlio, tale Spirito Santo]. Voglio dire che poi volese questo Iddio permettere che questo così prezioso vaso di Maria fusse contaminato di fetore e maculato da nefando peccato sopra il tutto odioso e abominevole a Iddio? In questo vaso purissimo di Maria doveva per nove mesi abitare l’instesso Iddio, il qualle collocato in cielo in tanta altezza volesse lassiar Maria sua Madre cadere in tanta puzza e abominazione? Che tal cosa non si può credere; e però con Santa Chiesa cantarò: conceptio immaculata Beatae Mariae Virginis. E non si può chiamare vero figliolo d’una madre, il qualle non farà alla madre tutto quel bene ch’è posibile da fare. E però Gesù vero Figliolo de Dio e Maria poteva far questo beneficio a sua Madre e liberarla da’ peccati; e così in verità la liberò. (Selva, 128-129)
La ragione che più convince
Tuttavia, la ragione che più convince e pare definitiva è quella meno complessa, meno concettuale. Un’altra ragione allegarò io con dire che, si Iddio scacciò li angeli dal cielo nelle tenebre per il peccato, averà poi Iddio, inimico de questo peccato, volesto abitar per nove mesi in un ventre di peccato machiato? Questo non può stare, e però conceptio Mariae Virginis fuit purissima [il concepimento della Beata Maria Vergine fu purissimo]. (Selva, 128) Del resto, la sua certezza in proposito non potrebbe avere testimonianza più concreta e letteralmente tangibile, della costanza e della tenacia con cui proprio Fra Tommaso sostenne la costruzione della chiesa di Volders, dedicata senza alcuna esitazione proprio all’Immacolata. Ciò che in Fra Tommaso sono certezze «studiate dalle piaghe di Cristo», la Chiesa tardò singolarmente a trasformarle in dogma: quello dell’Immacolata Concezione di Maria divenne tale soltanto nel 1854, sotto papa Pio IX, con la bolla Ineffabilis Deus. In essa si legge: «La beatissima Vergine Maria fu preservata, per particolare grazia e privilegio di Dio onnipotente, in previsione dei meriti di Gesù Cristo Salvatore del genere umano, immune da ogni macchia di peccato originale fin dal primo istante del suo concepimento, e ciò deve pertanto essere oggetto di fede certa ed immutabile per tutti i fedeli». Parole assai poco dissimili da quelle usate, duecento anni prima, da Fra Tommaso da Olera.