Come ogni martedì torna la rubrica dedicata alla figura di Tommaso da Olera, il frate cappuccino vissuto a cavallo tra Cinque e Seicento e proclamato beato nel 2013. Il testo è tratto da “Tommaso da Olera, un anno con un mistico del Cuore di Gesù” di Sergio Calzone. Le riflessioni di oggi.
Le riflessioni
Le parole di estrema severità, non lasciano spazio ad altre interpretazioni, se non a una condanna intransigente (e di certo fondata) da parte di un uomo che, a malgrado frequentazioni altissime, non aveva mai cercato profitto o attenuazione di una regola inflessibile.
Del resto, non lo si può considerare uno sfogo isolato o, men che meno, di maniera, poiché è ripreso e anche approfondito in Scala di perfezione.
Ma ti dirò meglio: vatene pure nelle clausure d’uomeni e di donne, che abitano nella casa mia, che mangiano il mio pane, avendogli io fatto tante grazie, cavati dalla Babilonia del mondo, che vederai cose di meraviglia. Dove, figliol mio, dove è andata quella vita interna, quella unione e amore che avevano li loro antenati, tanto miei amici? Dove è andata quella mortificazione, quella vita austera, quelle lunghe vigilie e contemplazioni? Oh quanto sono lontani ora da quel fervore col quale godevano me, suo Dio, e mi amavano non per se stessi, ma li loro amori trapassavano in me! E io di essi molto mi godeva, benché ancora in tutte le religioni si trovano grand’amici miei e di alta perfezione, ancorché pochi siano. Oh quanti sariano miei amici se attendessero ad una vita interna! La qual vita insegna a mortificar le proprie passioni, le male inclinazioni, li affetti sregolati, insegna l’obedienza allo spirito, insegna la via della virtù, il dispregio del mondo, l’odio di se stesso, insegna il retto amor mio, l’umiltà pure, la pazienza invincibile. (Scala, 313-314)
L’intransigente virtù
Affermazioni straordinarie in direzione di una intransigente virtù. Esaminiamo il caso di avarizia sul quale Fra Tommaso insiste di più: quello della ricca Gerusalemme nei confronti della Sacra Famiglia che è sul punto di arricchirsi del Figlio e non ha dove trovare riparo.
Parmi veder che, volendo la santa Vergine alquanto ripossare, il sposo, cavandosi il suo mantello e insieme con un puoco di paglia o fieno, gli accomoda un letticello, facendola sedere sopra. Parmi udire che in spirito dicesse il santo sposo alla sua amata sposa: «O santa mia Signora, ripossate alquanto sino che venirà il giorno che Iddio ci provederà. Non temete, o Madre di Dio». E mentre che così parlava, il povero vechiarello stanco e adolerato, si adormentò a canto della amata sua sposa. Ora contempla, o anima divota, Gesù e Maria, che puoco doveva tardar la sua natività. O Dio, o Dio, quella città tanto favorita da Dio con la sua presenza e de sua Madre, e non trovar albergo? Oh quanti peccatori stavano nelli morbidi letti, in pallaggi, in camere, appresso li delicati cibi, e la regina delli angeli con l’instesso Dio se ne sta in povera stalla! O stupore, o miraviglia, o excesso della gran carità di Dio! Non piangi tu, o anima? Non gemi d’un caso tale? (Selva, 150)
E, ancora
E ivi un bue e un asinello, o che fusse di Santo Gioseffo o di qualcun altri, connobbero questo esser il loro creatore e aver fredo: cognossendo il fiatto della Beata Vergine non esser bastante per riscaldar il suo Dio, essi, come si avessero l’uso della ragione, d’accordo andorno sopra il santo corpo e con li loro fiati riscaldorno il tenero bambino. Chi vide mai tal cosa? Voglio io ben credere che alora la Beata Vergine si rallegrasse molto in veder da duoi animali tanta pietà verso il loro creatore, cosa che non aveva fatto quel popolo ingrato di Betlehem, che non lo volse allogiare, il suo Iddio e Messia. (Selva, 153)
Non certo istanza animalista, ma duro atto di accusa nei confronti di un’umanità più bestiale dei due umili animali.
Ancora si può ricordare il beato Paolo VI: «L’avarizia delle persone, delle famiglie e delle nazioni può contagiare i meno abbienti come i più ricchi, e suscitare negli uni e negli altri un materialismo che soffoca lo spirito».