Il Rapporto sul Diritto di asilo, “ci aiuta a capire le proporzioni reali e dobbiamo sempre dire che non si tratta mai solo di numeri, dietro c’e’ sempre tanta sofferenza, perche’ c’e’ una persona, ci sono numeri che non possono non preoccuparci, scandalizzarci come ci scandalizzano i 1.800 morti nel Mediteranneo, 1295 nella rotta tra Italia e Malta, credo che sia una evidenza a cui non possiamo mai abituarci”. Lo ha detto il presidente della Cei, il cardinale Matteo Zuppi, intervenendo alla pontificia universita’ Gregoriana alla presentazione del Rapporto della Fondazione Migrantes.
Il diritto all’asilo non è garantito
Il diritto all’asilo “e’ un diritto enunciato ma non garantito, e questo e’ ancora piu’ amaro, ferisce soprattutto pensando all’Europa dei diritti che devono essere sempre uguali per tutti”. Lo ha detto il card.
Matteo Zuppi, presidente della Cei, intervenendo alla presentazione del Rapporto 2022 sul Diritto di asilo, promosso dalla Fondazione Migrantes.
Le due storie di migranti
Zuppi ha voluto portare due storie di migranti, quella di una giovane iraniana e di un minore non accompagnato passato per i campi della Libia, per esemplificare le difficolta’ spesso anche pratiche e burocratiche che incontra chi affronta un percorso di integrazione in Italia. Il presidente della Cei ha quindi invitato a “governare il fenomeno provando anche in questo momento che c’e’ un Piano che guarda al futuro finalmente a scegliere, con i flussi, con i diritti, con i corridoi umanitari, di dare stabilita’ e proiezione futura a qualcosa che non e’ una emergenza, non puo’ essere solo emergenza e nemmeno sicurezza ed e’ ovviamente un tema europeo”.
Le parole del presidente della CEI
“Ci sono altri Paesi in Europa – ha anche evidenziato – che accolgono molto di piu’ dell’Italia, non siamo gli unici e qualche volta ci lamentiamo come se fossimo gli unici mentre ci sono molti che fanno di piu’ e che non si lamentano”. Zuppi ha concluso citando le parole di papa Francesco per la Giornata mondiale del Migrante, con una chiosa: “In realta’ per avere anche noi qualche diritto di piena cittadinanza, dovremmo garantirla a tutti”.”Tanti diritti nacquero in Europa dopo la seconda guerra mondiale, delle dichiarazioni importanti che hanno rappresentato un passo avanti dell’umanita’. Attenzione a non svuotare i diritti del loro significato, non c’e’ niente di peggio che deformarli, oppure praticare il contrario. L’Europa, che deve essere la casa dei diritti, deve ritrovare la credibilita’ perche’ questa difesa di ciascuno e di tutti possa davvero essere di tutti e non dei diritti che qualche volta vengono enunciati e poi non garantiti”. Cosi’ il cardinale Matteo Maria Zuppi, presidente della conferenza episcopale italiana, in un videomessaggio inviato al Meeting sui diritti umani, oggi a Firenze.
L’articolo 11 della Costituzione
“Scegliere di perdere pezzi di sovranita’ per una sovranita’ sovranazionale, e’ una scelta decisiva, e’ l’unica scelta per ripudiare davvero la guerra, per abolire la guerra, ma si puo’ fare soltanto se abbiamo i modi per vivere insieme un’autorita’ capace di garantire la convivenza” – ha detto il cardinale Matteo Maria Zuppi. L’iniziativa e’ dedicata alla pace e all’articolo 11 della Costituzione che ripudia la guerra. “L’articolo 11 della nostra Costituzione – ha detto Zuppi – e’ un articolo sofferto, che nasceva dalla consapevolezza dalla tragedia della guerra mondiale, del nazismo, del fascismo, della violenza. Ma non dobbiamo fermarci soltanto alla prima parte dell’articolo 11 perche’ non e’ soltanto un ripudiare la guerra come strumento di risoluzione di conflitti, la seconda parte e’ quella sugli organismi capaci di ricomporre i conflitti. Credo sia questa la scelta, oltre al ripudio, che dobbiamo alimentare perche’ gli organismi che erano sorti dopo la seconda guerra mondiale per ricomporre i conflitti sono molto in difficolta’”. Per Zuppi “l’idea di una sovranita’ senza degli organismi internazionali produce il riemergere di tanti nazionalismi, la caricatura di tante sovranita’ che in realta’ sono soltanto delle forme di chiusura che non si rendono conto dell’interconnessione, del fatto che siamo sulla stessa barca”.