«Ora et labora» è un Antonio Conte versione San Benedetto nella conferenza stampa prima della partita contro l’Atalanta. Siamo agli inizi di novembre, undicesima giornata, ma dopo il primo esame superato brillantemente a Milano la partita contro la macchina da gol di Gasperini è uno spartiacque perché l’Atalanta è una delle migliori squadre del campionato. Un avversario complicato che precede il ritorno dalle parti di San Siro per affrontare l’Inter che al momento sembra essere la principale rivale del Napoli. Conte mescola la fede al culto del lavoro, facendo sintesi con il concetto «Aiutati che Dio ti aiuta». Non vuole sentir parlare di sfide scudetto ma di obiettivo Europa, riconosce il valore dell’Atalanta, esprime la stima per Gasperini viaggiando nei ricordi dei tempi andati, quelli della Primavera della Juventus, ma soprattutto persiste nell’elogio della normalità.
Tiene i piedi per terra, vuole una squadra concentrata, non ama i voli pindarici, nella comunicazione viene fuori l’identità pratica ed efficace del suo Napoli: «Chi non gioca le coppe come noi a livello generale forse è avvantaggiato perché può lavorare ma siamo lontani dalla struttura della rosa delle squadre di Champions». Conte rispedisce al mittente la sovraesposizione e si districa nell’equilibrio tra la preghiera e la fatica: «Sono molto credente, praticante, conosco una sola persona che fa miracoli. Oltre che per la mia famiglia, prego anche per i miei calciatori, che possano stare bene. I miracoli calcistici poi ci sono sempre stati, ma devi lavorare per sperare accada, non basta pregare»
Lo infastidisce la personalizzazione, ama muoversi in una filosofia collettiva, considera ragionare tutti con il noi la strada maestra: «Voglio chiarire che il Napoli vince, il Napoli perde. Non c’entra niente mettere Conte vince, Conte perde. Capisco alcune situazioni, ma sono rimasto sbalordito ed interdetto dopo Inter-Juve, il titolo non era né sulla Juve né sull’Inter ma su di me che stavo godendo. Capisco, ma il concetto deve essere uno: noi vinciamo, noi perdiamo. Anche il discorso di dare specifici meriti a un giocatore o a un allenatore per me è sbagliato».
Lobotka non ci sarà contro l’Atalanta, recupererà per la sfida contro l’Inter, toccherà ancora a Gilmour guidare il flusso del gioco contro l’Atalanta. Conte l’ha voluto, gli dispiaceva non farlo giocare quando Lobotka prima dell’infortunio sfoderava prestazioni superlative. Non manca la fiducia dell’allenatore per il centrocampista scozzese: «Conosciamo il valore di Billy, sono molto contento che sia con noi, è giovane, può fare grandi cose per tanti anni nel Napoli». Il Maradona sarà sold-out e, complice il giorno di festa, Conte e i calciatori hanno potuto assaporare l’entusiasmo anche ieri all’esterno del centro sportivo di Castel Volturno: «È benzina, dobbiamo alimentare l’entusiasmo lavorando per renderli orgogliosi al di là del risultato. Voglio che ci sia l’attaccamento, il senso d’appartenenza, poi il risultato è relativo. Sentire i nostri tifosi cantarea fine partita a Milano ci deve riempire il cuore e dare forza nella difficoltà e nella fatica». Adrenalina sì ma anche tanta concentrazione, ieri è entrato nel vivo in allenamento il focus sull’Atalanta, preparando le diverse situazioni che potranno verificarsi in entrambe le fasi di gioco prima in sala video e poi sul campo. Oggi si andrà avanti nella rifinitura, programmata ancora intorno alle 12.30, l’orario della partita di domenica, perché nessun dettaglio va sottovalutato.
Estratti dell’articolo di Ciro Troise per il Corriere del Mezzogiorno.