Come ogni martedì torna la rubrica dedicata alla figura di Tommaso da Olera, il frate cappuccino vissuto a cavallo tra Cinquecento e Seicento e proclamato Beato nel 2013. Il testo è tratto da “Tommaso da Olera, un anno con un mistico del Cuore di Gesù” di Sergio Calzone.
Le riflessioni di oggi
Gesù è nato. I tempi stanno compiendosi. Siamo all’inizio di quella parabola umana di Dio, che dona significato a tutta la Creazione.
«Lavorava il padre, lavorava la Madre, e del guadagno sostentavano se stessi e il figliol de Dio»: una normale eccezionalità.
La rappresentazione pittorica di Raffaello
La rappresentazione pittorica forse più pregnante del nucleo familiare riunito intorno al fanciullo Gesù è Sacra Famiglia con palma, di Raffaello. Pare di potervi scorgere tutto ciò che si è osato definire «normale eccezionalità»: lo sguardo un poco perduto della Vergine, preda già dei «coltelli» di cui Fra Tommaso parla con tanta devozione; il simbolo sinistro della palma, la pianta del martirio; l’espressione precocemente adulta del «figliol de Dio»; la matura posatezza di Giuseppe che, pure, sembra conscio della sua incapacità di uomo di cogliere per intero il mistero dell’Incarnazione. Eppure, questi tre personaggi, così diversi tra loro, così immersi, ognuno, nel proprio destino, sono uniti da un vincolo che è rappresentato dalla continuità del contatto: dalla Madre al Figlio e dal Figlio al padre putativo, non vi è soluzione di continuità, come se, in questa fase in cui l’anziano ma ancora valido Giuseppe ha il compito di proteggere le apparenti fragilità degli altri due, si fosse stabilito un legame capace di sfidare non soltanto Erode e la sua furia dissennata, ma qualsiasi pericolo che possa, non dico impedire (poiché «è scritto») ma intralciare il fatale compiersi dei destini.
Questa famiglia, nella versione accuratamente dettagliata di Fra Tommaso, è davvero il parametro di ogni altro gruppo familiare: mostra una solidarietà reciproca, una solidità d’affetti, una forza pratica che di certo deve molto agli esempi osservati dal giovanissimo Tommaso, quando era pastore a Olera e poteva verificare ogni giorno come soltanto la coesione familiare, il lavoro, l’umiltà del sottoporsi alla fatica, alla malattia, alle intemperie, al risparmio, al sacrificio potessero garantire quel minimo vitale che dava, sì, il «cibo quotidiano» ma anche quella purezza, quella semplicità di spirito da cui egli avrebbe, più avanti, saputo trarre l’ispirazione religiosa.
Uno degli aspetti da sempre messi in rilievo dalla nominazione di Maria è, naturalmente, la sua verginità. Essa è, del resto, conditio sine qua non, elemento indispensabile per il suo ruolo ma, al tempo stesso, argomento di fede, proprio in quanto sfuggente alle leggi naturali. Meno rilievo, anche per ovvie ragioni, ha sempre avuto la verginità di Giuseppe.
Ora essendo Maria arrivata a l’età di anni quatuordeci, intra li qualli n’era stata ondeci nel collegio, ove vedendo Iddio che era gionta a quella età terminata da Dio di farsi uomo per la salute del genere umano, fece Iddio che un santo uomo, gran servo e amico de Dio, pigliasse Maria per sposa. Io non dubito punto che Dio rivelasse a Gioseffo che pigliasse Maria per sposa, perché questo Santo Gioseffo, come quello che aveva dedicata la sua purità a Dio, gli rivelò che anche Maria aveva fatto voto a Dio di verginità. Si rallegrò molto e, vedendo la voluntà de Dio, si può piamente credere che andasse al tempio e che domandasse Maria per sposa. E forsi anche quell’Anna profetessa Iddio di ciò gli rivelasse che saria venuto uno chiamato Gioseffo della stirpe di David e che domandaria Maria per sposa: e che però gli fusse data, e che quello era un uomo santo e giusto. Ove comparendo il Santo Gioseffo con la sua dimanda, fu sposata Maria con Gioseffo.
Ora fermati, anima divota, e contempla questi duoi sposi, che chi avesse veduto Maria con quanta umiltà parlasse e che parole di vita dicesse quella beata boca entro la qualle doveva passare il Verbo eterno. Sapeva ben Maria che quel sposalizio era prima fatto in ciello e che Iddio gli lo avesse a Gioseffo rivelato. Era il sposo di Maria povero di robba, ma ricco di santità, marangone di legname, che di tal arte sustentava la vita sua; e fu questo uomo santificato da Dio nel ventre de sua madre e fu tanto da Iddio stimato e amato che di santità fu pari ad ogni altro santo. E con verità bisogna credere che fusse de virtù sante adornato, perché quello che doveva esser custodia della gran Madre de Dio e Iddio instesso incarnato doveva a lui esser soggetto, bisognava che fusse santissimo sopra ogn’altro uomo. E così questo gran patriarca fu da Iddio vestito de tutte le virtù, di purità di anima e di corpo, che altro uomo già mai gli fu con tanta perfezione. E però bisogna dire che Iddio collocasse in questo patriarca tutte quelle grazie, doni, virtù e santità che già mai facesse Iddio a uomo mortale; e si S. Giovanne Battista fu santificato nel ventre de sua madre, quanto magiormente averà Iddio santificato Gioseffo, che doveva notrire e arlevare il figliol de Dio, essendo padre adottativo de l’instesso Dio. Ora, o santo mio devoto, finirò, perché a voi ritornerò, narrando le dignità e grandezze vostre.
Ora torniamo a Maria, la qualle, essendo ricca de meriti e carica de doni celesti, fu sposata con un santo vechio della stirpe di David. E si David fu amico di Dio, pensa che questo fu amicissimo; e si David fu santo profetta, questo fu un santo patriarca e sposo di Maria: anzi, trapassò David, perché fu padre adottativo de Dio quanto alla umanità che lui in stesso nutrì, e arlevò il figliol de Dio con le sue fatiche. (Selva, 137-138)
E così riflette
Senti, anima mia, come Santo Gioseffo va a ritrovar la sua diletta sposa e conferisse con lei come desidera di osservar virginità. O Dio, che giubilo sentì alora Maria sentendo la voluntà del suo sposo! Senti come la Virgine risponde, manifestando a l’incontro la voluntà sua come già aveva fatto voto a Dio. Oh come si allegra Gioseffo in sentir la sua voluntà! Contempla, o anima, come unitamente d’accordo genuflessi a Dio fanno voto solenne a Dio di osservare virginità perpetua: oh quanto fu grato a Dio questo voto! Oh come santamente stavano insieme questi duoi sposi! (Selva, 140)
Eppure, questa, diremo, simmetria fisiologica non è affatto priva né di effetto, né di significato: essa esclude, innanzi tutto e per ovvi motivi, qualsiasi ipotesi di desiderio carnale dello sposo rivolto a Maria (è quasi nauseante ipotizzarlo); e, poi, va a costituire una sorta di mistico «involucro» all’interno del quale la figura dell’infante Gesù è contenuta quasi come un secondo santo grembo.
Questo particolare ambiente rarefatto e concreto al tempo stesso è il punto d’incontro di due purezze che si esaltano nel confronto reciproco, anche quando le contingenze esteriori sembrano meno favorevoli.
Rimira ora, anima divota, come camina, vedi e senti li colloqui divini che passano con questi duoi sposi mentre caminavano. Vedi Maria alcune volte stanca sentata in terra, quella che doveva sentar alla destra di Gesù. Contempla, o anima, come gionta in Nazareth con il suo sposo Gioseffo vanno stanchi alla sua povera casa tappezzata de povertà, preparata de cibi e banchetti d’umiltà, piena de convitanti, ma non già d’uomini mortali ma d’angeli, anzi d’Iddio instesso. (Selva, 139)