Come ogni martedì torna la rubrica dedicata alla figura di Tommaso da Olera, il frate cappuccino vissuto a cavallo tra Cinquecento e Seicento e proclamato Beato nel 2013. Il testo è tratto da “Tommaso da Olera, saggezza umana e sapienza divina” a cura di Clemente Fillarini, Messaggero di Sant’Antonio Editrice.
La riflessione di oggi
O felici tempi, ove fiorivano tanti santi, ove il celeste giardiniero raccoglieva frutti maturi di tanti santi e sante! Questo perché camminavano per la via della croce che gl’insegnò il suo amato maestro, e ora lo godono nei celesti giardini del paradiso (II 452).
Penso che tutti – anche le persone distratte perché hanno sempre in mente il proprio interesse – restiamo ammirati trovandoci in un giardino ricco di piante da frutto e soprattutto di fiori delle più svariate qualità, trapiantati e conservati da solerti e appassionati giardinieri che le trattano tanto familiarmente da sembrare che parlino con esse. Anche l’anima innamorata è come un giardino ricco di tante virtù e opere buone, perché è Dio il giardiniero che vi semina con le sue ispirazioni e che l’anima accoglie e fa germogliare seguendo l’esempio di Gesù, di Maria e dei santi.
«Gli alberi danno i frutti al tempo suo, ma l’anima amante sempre è carica di fiori e frutti, e quanto più il celeste giardiniero più ne raccoglie, più crescono. O Dio mio, gran meraviglia renderebbe se un giardiniero avesse un albero di cedri e che ogni giorno raccogliesse tutti i frutti d’esso albero, e che il giorno seguente fosse carico più che mai, e così fosse da un giorno all’altro! Eppure è vero: questi alberi verdeggianti dei vostri servi sono sempre carichi di frutti che voi, divino giardiniero, raccogliete» (II 263). «I miei dolori, passione e morte reputo ben impiegati per tali miei amici; e come vaghi frutti e odoriferi fiori mi godo, mi diletto in odorare sì cari fiori e frutti, ed essi odorano me, suo giardiniero, che seppe dargli gusto, odore, vaghezza, bellezza, con tanti colori che rendono stupore e meraviglia al cielo e alla terra» (II 319). Per essere così, però, «bisogna star sull’avviso per veder i mali germogli, e vedendoli li deve saper tagliare, sterminare, acciò le male erbe non soffochino le buone e i fiori odoriferi delle virtù» (II 91).