Come ogni martedì torna la rubrica dedicata alla figura di Tommaso da Olera, il frate cappuccino vissuto a cavallo tra Cinquecento e Seicento e proclamato Beato nel 2013. Il testo è tratto da “Tommaso da Olera, saggezza umana e sapienza divina” a cura di Clemente Fillarini, Messaggero di Sant’Antonio Editrice.
La riflessione di oggi
[Gesù] trattava con essi apostoli con tanta carità e amore e dimestichezza, che restavano attoniti, perché forse pensavano che il Signore dovesse apparir terribile, castigandoli per avergli fatto un tanto torto (I 267).
Tante volte sentiamo persone (o anche le conosciamo) che hanno saputo perdonare e accogliere chi riconosce d’aver errato nonostante i tanti consigli ricevuti, trattandolo con la stessa familiarità di prima. Non è certo una cosa facile, anche perché temiamo che prima o poi ricada o, addirittura, che sia tutta una messinscena perché in quel momento ha bisogno di aiuto, economico soprattutto.
«Dovete essere con le bone [persone di servizio] affabili, domestiche, e con chi ha bisogno di correzione e ammonizione convertirle a Dio più con misericordia che con troppa severa giustizia» (IV 132). «E se gli animali selvaggi, volendoli addomesticare, hanno bisogno di bastone, di freni, di sproni e altro […], quanto maggiormente avrà bisogno questo nostro corpaccio di regole, discipline e mortificazioni» (III 74); «Gran sapiente sarà quello che saprà reggere questa inferior parte [corpo] facendola obbediente allo spirito a forza di bastone, di speroni, di mortificazione, fino che la riduce obbediente, poiché con l’arte e la diligenza si fanno domestici i più feroci animali» (II 352). Il corpo, infatti, è un «nemico domestico; e quando ti chiedesse cosa alcuna che ripugnasse allo spirito sotto qualsivoglia pretesto, prima che condiscendi, ricorri per consiglio alla ragione, regina e moderatrice di esso» (II 410).