Come ogni martedì torna la rubrica dedicata alla figura di Tommaso da Olera, il frate cappuccino vissuto a cavallo tra Cinquecento e Seicento e proclamato Beato nel 2013. Il testo è tratto da “Tommaso da Olera, saggezza umana e sapienza divina” a cura di Clemente Fillarini, Messaggero di Sant’Antonio Editrice.
La riflessione di oggi
Se la signora sua consorte avesse una figurina nel suo ufficio, e che fosse superflua, mi sarà grata (IV 122).
Questo chiedeva a un amico medico il beato Tommaso: si tratta, ovviamente, di un’immagine religiosa, a quel tempo di un certo valore. Oggi viviamo immersi nelle immagini: in televisione, nei libri, nella miriade di riviste, in Internet, sui cartelloni pubblicitari e perfino sui muri spesso imbrattati da persone rozze e incivili. Il più delle volte sorvoliamo su tali immagini e ne cerchiamo immediatamente delle altre per saziare la nostra curiosità. Meglio invece trovare, anche se meno appariscente, una figura che piaccia agli occhi e ci tocchi il cuore, come faceva di certo il nostro Autore.
«Mi è stato graditissimo [ricevere] le due figurine: non so come rendergli in guiderdone [ricompensa], ma il mio Dio esso sia il premiatore, cavandovi i cuori, dandovi nuovi cuori ripieni, infiammati di amor celeste» (IV 154); e ancora, in altre tre lettere: «le figurine mi saranno graditissime» (IV 212); «Sopra modo mi sono state carissime le figurine mandatemi» (IV 134); «Mi scrivete che la Signora Sua Consorte mi manderà delle figurine. Ma perché dubito che non siano troppo belle e di prezzo, la prego a non mandarle, perché mi è venuto scrupolo di coscienza, perché allo stato mio vile, povero, non mi conviene cose curiose, ancorché siano cose di devozione» (IV 124).