Come ogni martedì torna la rubrica dedicata alla figura di Tommaso da Olera, il frate cappuccino vissuto a cavallo tra Cinquecento e Seicento e proclamato Beato nel 2013. Il testo è tratto da “Tommaso da Olera, saggezza umana e sapienza divina” a cura di Clemente Fillarini, Messaggero di Sant’Antonio Editrice.
La riflessione di oggi
O amor dell’anima mia [Gesù], non vi passava il cuore a veder la vostra afflitta Madre come ebbra d’amore quando non vi vide andar a casa, tutta spasimata e dolente? (I 376).
Sentendo “ebbrezza” probabilmente pensiamo subito a una persona ubriaca: vedendola, ci fa pena o addirittura ripugnanza, e ci domandiamo dov’è finita la dignità dell’uomo. Ebbrezza però significa anche uno stato di esaltazione provocato da un piacere interno molto intenso, non certo dovuto a un eccesso di alcolici, ed è questo il significato inteso dal nostro beato usando tale termine insieme al relativo verbo, “inebriare”.
«La Maddalena, che ardeva e avvampava di voglia di veder il suo caro maestro, come ebbra di amor di Dio si partì la mattina per tempo alla volta del Calvario» (I 427). L’anima, «cibandosi di cibi e beveraggi soavissimi che gli porge la presenza di Dio, mangia e beve e, per la dolcezza di così delicate vivande trasportata, tanto mangia e beve che resta imbriacata e inebriata dall’eccesso e meraviglia in Dio» (II 503); e «introdotta nella càneva vinaria dello Sposo, ove, bevendo al cuore di Cristo, resterà ebbra» (IV 130). «O amantissimo Dio, soccorretemi: cada sopra di me la rugiada del vostro amore, acciò in me si estingua la sete delle cose terrene, vane e transitorie; date a me, o caro Gesù, povero assetato da bere di quell’acqua viva con la quale inebriasti la samaritana» (II 211).