La preghiera personale può avere diverse forme ad esempio il dialogo intimo e spontaneo, l’invocazione litanica di ripetizione (come il rosario), la “giaculatoria” (dal latino “freccia”: cioè l’invocazione veloce lanciata al cielo), l’affidamento con una novena, il silenzio in adorazione eucaristica. La forma di preghiera personale che regola lo stile di tutte le altre e ne è ispirazione è quella impregnata di Parola di Dio, la “lectio divina”. È uno schema impegnativo che può dare spunti di aiuto per piccoli passi.
La “lectio divina”
Con il Concilio Vaticano II dopo secoli di esilio della Bibbia dal popolo di Dio, finalmente la Sacra Scrittura è tornata nelle mani dei fedeli e ha ripreso il posto centrale nella liturgia, nella preghiera, nella vita. “È necessario che l’ascolto della Parola diventi un incontro vitale che fa cogliere nel testo biblico la parola viva che interpella, orienta, plasma l’esistenza” (Giovanni Paolo II). Cos’è la lectio divina? È la lettura della Parola in colloquio con Dio. Non è una semplice lettura della Bibbia per curiosità o studio, non è lettura spirituale edificante. Nella pratica della lectio divina la cosa importante è lasciare libertà di azione in noi alla Parola. Il fine ultimo di questa tecnica spirituale di preghiera personale è di passare del tempo, fisicamente e mentalmente, con Dio attraverso la Sua Parola. Chiede tempo e spazio. Indicativamente un’ora (non meno di mezzora). Da soli, in silenzio. La lectio divina comprende alcuni momenti, tutti importanti, concatenati e interdipendenti.
La Lectio
Il primo è la LECTIO, la lettura propriamente detta, una lettura evidenziata: “la Scrittura si legge con la penna e non soltanto con gli occhi” (Martini), per metterne in rilievo gli elementi portanti (quale è il verbo o la parola che più mi colpisce?). Leggo e rileggo il brano. Cerco la struttura, la qualità delle azioni, i tempi delle azioni, il contesto all’interno del libro e del libro nella Bibbia. Un testo, per essere capito, ha bisogno di essere collocato dentro al suo contesto. Mi domando: dove avviene il fatto? quando? chi sono i personaggi? cosa fanno? cosa dicono? Cerco le parti essenziali: i verbi (esprimono gli atteggiamenti delle persone), gli avverbi (per capire i sentimenti del cuore), gli aggettivi (le qualità che danno colore all’azione). Sant’Ignazio parlava di “composizione del luogo”, un vero e proprio esercizio di immaginazione e di fantasia che mi permette di entrare dentro la pagina biblica: ricompongo l’ambiente della scena (i colori e gli odori), il panorama, il clima (che tempo fa? che ora è?); i personaggi (con i loro atteggiamenti ma anche con i loro tratti somatici, con i loro abiti, con i loro dettagli); gli oggetti che vengono usati. Posso collocarmi inizialmente all’esterno come osservatore che riprende la scena, oppure posso approfondire prendendo il posto di uno dei personaggi (cosa avrei detto o fatto io?). In questo modo si scoprono elementi che a una prima lettura passano inosservati, si trovano indizi inaspettati, anche se ci pareva di conoscere il brano quasi a memoria. Ulteriore passo di approfondimento è pensare a passi simili o connessi: la Bibbia è il miglior commento alla Bibbia. Questo evita il rischio di interpretarla a modo proprio. Per entrare in “confidenza” con una pagina biblica, per dialogare con il brano e renderlo vivo serve tempo, calma, pazienza. Una Bibbia con le note può aiutare molto. Dopo essere entrati nella pagina, ci si lascia interpellare.
La Meditatio
Si passa quindi alla MEDITATIO – la meditazione. Se la lettura fa affiorare gli atteggiamenti di Dio, la meditazione fa emergere i sentimenti dell’uomo: “Quando leggi la Parola di Dio ricordati di dirti senza interruzione: è a me che si rivolge, è di me che si tratta. Quindi, applica tutto il testo a te” (Kierkegaard). Concretamente mi domando: cosa dici a me, Signore, con queste tue parole? Quali passi mi suggerisci attraverso questo testo? Da quale atteggiamento mi metti in guardia? Quale mistero di te mi riveli? Quale profondità del cuore umano mi fai scoprire? È un passaggio che bisogna vivere con grande sincerità e concretezza, perché c’è sempre il rischio di sfuggire al confronto, soprattutto quando ciò che emerge dalla Parola ci scomoda, ci mette in discussione, ci costringe a rivedere i nostri comportamenti o a cambiare qualcosa della nostra vita. Questo momento veniva indicato come “ruminatio”: mastico la pagina biblica attraverso delle domande. Ruminare non è facile e non è sempre gustoso. Apocalisse 10 (cfr Ezechiele 3): “Prendi e mangia. Presi il libro di mano all’angelo e lo divorai; mi fu dolce in bocca, come miele; ma quando l’ebbi divorato, le mie viscere sentirono amarezza”.
L’Oratio
Il terzo passaggio è l’ORATIO, la preghiera. Alla voce di Dio che ci ha interpellati nella lectio e meditatio, rispondiamo con la preghiera: Cosa rispondo al Signore rispetto a quanto ho letto? Prima ha parlato Dio a me, ora sono io che ho qualcosa da dire a lui. Scopriremo che la Bibbia alternativamente ci condurrà a esprimere le varie sfumature della preghiera personale: l’adorazione, la lode, il rendimento di grazie, la preghiera di perdono, la richiesta di aiuto per noi o di intercessione per gli altri, ma anche il dubbio, la rabbia, l’amarezza, la fatica, la desolazione, la tristezza. Questo dialogo con Dio non deve essere lungo o elaborato, ma breve e intenso, semplice e umile, incisivo ed efficace.
La Contemplatio
Segue la CONTEMPLATIO che tradotto latino significa “osservare” non tanto con attenzione quanto con senso di meraviglia e di stupore. È il tempo del silenzio: si parla con gli occhi. È l’estasi davanti al bello e al buono; è lo stare faccia a faccia di chi si vuole bene; è lo spazio delle lacrime che spesso sono le preghiere più dense. Per questo si chiude la Bibbia e si apre la vita: “la Parola si è fatta carne”. Dio entra non solo nella storia del mondo ma nelle mie storie. È l’intuizione che, al di là delle parole, dei segni, del fatto biblico, delle cose capite, dei valori emersi, c’è qualcosa di più, c’è un orizzonte immenso: “cerchiamo Colui che ci cerca”. Contemplare è sentirsi raggiunti da Dio. È guardare a se stessi, a tutti e a tutto con lo sguardo di Dio; è avere “la mente e il pensiero di Cristo” (1Cor 2), verbo fatto uomo. Gli antichi dicevano che il frutto della contemplatio è la “consolatio” come gioia intima, forza nella fatica, vicinanza nel dolore. Sono “i frutti dello Spirito: amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé” (Galati 5).
La Collatio
Nella celebrazione comunitaria si apre il momento della COLLATIO, cioè del “collegare”. Non è per la discussione (come potrebbe essere in una catechesi), ma solo per la comunicazione. Con molta sobrietà si condivide una frase della pagina: se ognuno ripete la sua è come se le frasi in “incollassero” in modo diverso e così la pagina si ricompone in modo nuovo e ci si accorge quanto la Bibbia sia viva (Potrebbe essere anche una piccola risonanza ma senza permettere che “le chiacchiere” inquinino La Parola). In silenzio si ascolta – senza diritto di replica – ciò che lo Spirito ha suscitato in ciascuno.
L’Actio
Ultimo passo: l’ACTIO. Ha alcune sfumature. L’incontro con Dio non può lasciare indifferenti: apre innanzitutto la “discretio” cioè il discernimento, la valutazione, il giudizio sulla propria vita con chiarezza. Ne consegue la “deliberatio” cioè la definizione delle aree di priorità: l’incontro con Dio mette in luce alcune mie ricchezze da gustare, alcune potenzialità da curare meglio e sviluppare, alcune criticità o fragilità da sostenere o correggere. L’actio è la scelta di un impegno non solo affettivo ma effettivo: concreto, piccolo, misurabile dentro l’area di priorità che la Parola ha messo in luce per la mia vita, qui e adesso. I momenti sono movimenti di trasfigurazione: la salita (lectio, meditatio, oratio), la vetta (contemplatio, consolatio), la discesa (discretio, deliberatio, actio). San Francesco di Sales commentava: “Prega come se tutto dipendesse da Dio e impegnati come se tutto dipendesse da te”. La preghiera non cambia le cose rispetto a te, ma di sicuro cambia te rispetto alle cose.