La data di nascita di Gesù
La data di nascita di Gesù non è riportata nei Vangeli, così Papa Giulio I nel 337 stabilì il 25 dicembre giorno in cui i romani festeggiavano il “Dies natalis Solis invicti“, il Solstizio d’inverno, la nascita del sole imbattuto vincitore, con l’allungarsi delle giornate. Tertulliano riporta che “molti ritengono che il Dio cristiano sia il Sole perché è un fatto noto che noi nel Giorno del Sole ci diamo alla gioia” (giorno del sole era la domenica: resta solo in inglese sun-day, mentre nelle altre lingue prevale il giorno del signore “dominus”). Il Vangelo di Giovanni non racconta la nascita ma parla della “la vera luce che illumina ogni uomo”.
Cristo è ben radicato nell’Antico testamento
Il simbolismo solare per indicare Cristo è ben radicato nell’Antico Testamento: “verrà a visitarci un sole che sorge” canta il vecchio Zaccaria (Lc 1). La nascita di Cristo è, dunque, strettamente connessa ad una speranza di rinascita e di rinnovamento, ad una vivificazione della luce in ogni uomo, chiamato a ritrovare la “scintilla interiore” che illumini la propria coscienza e il suo cammino verso la Verità: Cristo, la Luce che dissolve le tenebre. Il Vangelo di Luca riferisce che il piccolo Gesù venne deposto “in una mangiatoia”. L’apocrifo Giacomo precisa “in una grotta”. Per tutti a Betlemme, che in lingua ebraica significa “casa del pane” (Beith-Lehem). Mai nome fu tanto appropriato alla nascita di Colui che disse di se: “Io sono il pane della vita”. Il riferimento all’ultima cena, all’Eucaristia, al corpo di Cristo è grandioso. Questo è il mio corpo, mangiatene tutti (cfr. la mangiatoia). Luca dice che la mangiatoia era in una “stanza”, termine che userà un’altra volta solo nel suo Vangelo per indicare il luogo dell’ultima cena. Betlemme ha radice anche in Beith-El, la “casa di Dio”, Betel, luogo in cui il Signore apparve a Giacobbe nel sogno della scala verso il cielo: così Gesù riapre la comunicazione interrotta con Dio.
La grotta è un simbolo universale
La grotta è un simbolo universale: all’interno della terra, è simbolo del cuore. La letteratura cabalistica invita a penetrare la terra, ossia se stessi al fine di conoscere il proprio sé nella “grotta interiore”. La grotta è anche la bocca degli inferi, il buio della morte. La tradizione orientale ortodossa antica, raffigura la risurrezione di Gesù dentro una grotta buia in cui prende per mano Adamo ed Eva, andando fino in fondo al buio della vita dell’uomo. In questa grotta Gesù bambino viene deposto sul legno della mangiatoia e avvolto in fasce dice l’evangelista Luca e sono gli stessi verbi che il Vangelo usa per narrare la morte in croce.
La notte
Ma la notte richiama insieme la Pasqua ebraica quando i primogeniti del popolo eletto sono salvati (cfr. Gesù e la strage degli innocenti di Betlemme). È la notte santa della Pasqua di Gesù che risorto vince il buio: “La luce di Cristo”, canta la liturgia nella veglia pasquale. Così nasce la tradizione nazional-popolare della Messa di Mezzanotte che è la brutta copia della Veglia Pasquale, la Messa delle Messe, la fonte e il culmine del mistero cristiano. Dell’asino e del bue non si fa menzione nei Vangeli, ma solo in un apocrifo. Un asino fu la cavalcatura del Cristo bambino durante la fuga in Egitto (rivive tutta la storia di Israele) e quando entrò trionfalmente a Gerusalemme (come il Messia atteso). Il bue è l’animale che con l’aratro scava nella terra che è l’uomo per preparare i suoi solchi a ricevere la pioggia vivificante della sapienza divina. Il bue era anche l’animale dei sacrifici, il più costoso e prezioso dei sacrifici di lode e di espiazione da rivolgere a Dio.
I primi ad adorare il Bambino
I primi ad adorare il Bambino sono i pastori con gli agnelli, animali simbolo dell’offerta sacrificale, e Gesù è proprio indicato dalla tradizione come l’Agnello di Dio. Gesù è insieme il sofferente che si lascia condurre in silenzio al macello (Is 53; Ger 11) e il “buon pastore”. Tutti questi animali a un buon ebreo fanno ricordare la profezia di Isaia (11): “Il lupo si sdraierà con l’agnello; il bue e il leone staranno insieme e un bambino li guiderà. Il leone si nutrirà di paglia come il bue. Il lattante giocherà sulla buca dell’aspide”. Dove sono gli animali feroci? È l’uomo, sono i pastori: erano i relitti della società, i disgraziati, i poveri. Sono loro a riconoscere e a incontrare il Signore, l’atteso. I signorotti benpensanti stanno nei palazzi e non si mettono in discussione, anzi mettono in discussione Dio e lo fanno fuori.
Gli ultimi a comparire
Ultimi a comparire sulla scena del Natale sono i Magi. Solo Matteo li cita senza dire i nomi, il numero, nè la provenienza, solo un generico “da Oriente”. Diventano “famosi” verso la fine del XIII secolo dopo che ne parla Marco Polo, ne Il Milione. Le reliquie dei Magi furono portate a Colonia nel 1164, dopo che per diversi secoli erano state venerate in San’Eustorgio a Milano (dove restano alcuni pezzi). I Magi sono visti dalla tradizione cristiana come i primi stranieri/pagani ad aver riconosciuto ed adorato il Signore. Ciò pone la vicenda dei Magi come punto di incontro tra ebraismo e gli altri popoli del mondo. Diceva l’antica profezia di Isaia (60): “Stuoli di cammelli ti invaderanno, tesori dal mare affluiranno a te. Verranno da Efa, da Saba e da Kedar per lodare il nome del Signore. Gerusalemme! Sorgi e risplendi, la tua luce è venuta e la gloria del Signore è su di te!”. L’evangelista dopo la risurrezione vive questa luce che porta i popoli a riconoscere la presenza del Signore, che Cristo è la luce della speranza e vede realizzata quella promessa che annunciava “un figlio”, l’Emanuele in ebraico “Dio-con-noi”. Quel Gesù che avevano conosciuto, incontrato, che era morto e poi risorto, realizzava in sé questa promessa. Dunque la profezia dei popoli lontani che venivano ad adorare il bambino, diceva la verità di quello che si stava vivendo. Non diceva “come” era successo, ma il “cosa” si viveva.
I Magi portano oro, incenso e mirra
Sono i simboli del potere regale (l’oro), del Divino (incenso), dell’Amore (la mirra spalmata sul corpo profuma e tonifica, invece da bere è un anestetico per il dolore). L’incenso che è il profumo per Dio, la mirra che era al tempo il più pregiato profumo per l’uomo e l’oro che dice la qualità alta della vita in uno scambio reciproco: il bene che fai è oro che impreziosisce te ed è prezioso per Dio, ciò che fai bene profuma la tua vita e inebria il gusto di Dio.
La stella è la luce che guida
Cristo è la stella, la luce del mondo: dirà “io sono la via, la verità e la vita”. Sono le tre coordinate dei Re Magi: cercano una verità, seguono una vita, trovano una vita nuova. Proprio questa è la “manifestazione”, in greco “epifania” (parola che poi storpiata diventa Befana). Sintetizza San Agostino: “Dio si è fatto uomo perché l’uomo possa farsi Dio”. Ma anche Dio si fa uomo perché l’uomo diventi uomo, si umanizzi. Un Dio bambino ci insegna ad essere fragilmente uomini per essere più umani.