Dagli Atti degli Apostoli
Nel giorno della Pentecoste – cioè 50 giorni dopo Pasqua – gli Apostoli si trovavano insieme. Venne all’improvviso dal cielo un fragore, un vento che si abbatte impetuoso. Apparvero lingue di fuoco che si posarono su ciascuno di loro e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi. A quel rumore, la folla si radunò e rimase turbata, perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua delle grandi opere di Dio. * Dal Vangelo secondo Giovanni. In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza. Lo Spirito vi guiderà a tutta la verità. Egli prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».
Il commento
Dio spesso appare come un ago nel pagliaio: è difficile da trovare! Viene persino da dubitare che non ci sia finendo per lasciarsi andare sul pagliaio rassegnati. Oggi, 50 giorni (“pentecoste” in greco) dopo la Pasqua Dio ci provoca presentandosi come fiammella di fuoco, per dirci che lui non è un ago nel pagliaio, ma può essere una scintilla nel pagliaio. L’esito cambia. L’ago implica una ricerca fortuita, la scintilla una scelta. È facile intuire Dio Padre creatore grazie alla natura con le sue meraviglie; è usuale pensare a Dio Figlio redentore perché ben conosciamo il Vangelo della storia di Gesù; ma consideriamo troppo poco il Dio infiammatore, istigatore, motivatore, infatti il nome “paraclito” ci dice gran poco e lo Spirito Santo finisce per essere il grande dimenticato. Lo citiamo tutte le volte che facciamo il segno di croce o diciamo il Gloria, ma la terza posizione lo fa scivolare via e rischiamo di perdere la sua potenza di scintilla nel pagliaio.
Tutti vogliono “fuoco e fiamme”, ma pochi accettano di essere responsabili della scintilla che va curata, alimentata, gestita. Ancora più complesso è farlo oggi poiché siamo rinsecchiti. La prova è che tutto è identicamente avvizzito, come in natura quando il giallino invade prati prima arabescati di verde e tempestati di fiori come gemme di diversi colori. L’aridità è pericolosa: basta una parola sbagliata o un gesto non controllato e “ci si infiamma”, “si fa fuoco”, si esplode, propagando un rogo che rovina, innerisce, devasta, uccide e alla fine non resta che cenere, desolazione, vuoto, morte. La scintilla, invece, se colta e accolta con responsabilità mostra come le qualità del fuoco rispondono e corrispondono ai nostri bisogni più profondi, come lo Spirito Santo. Il fuoco illumina i passi incerti nel buio, come la fiducia. Riscalda gli spazi quotidiani, come la premura. Cucina ingredienti diversi secondo i gusti, come il sacrificio.
La gentilezza
Trasforma e raffina materie grezze, come la gentilezza. Purifica l’oro dalle scorie con delicatezza, come il correggersi. Salda legami spezzati o pezzi diversi, come la condivisione. Muove ingranaggi e trasforma energia, come l’educazione. Accende falò per ritrovarsi insieme, come ideali e valori. Fa brillare stelle e galassie, come i sogni. Dio Padre Creatore ci dà la vita, Dio Figlio Redentore ci dà la buona notizia (il vangelo) di come può essere piena, Dio Spirito Santo Paraclito ci offre scintille di possibilità, di grazia, di energia, da imparare a trasformare in fiamme di realizzazione invece che in roghi impulsivi. Perché come disse l’antico poeta greco Plutarco “la vita ha bisogno non di essere riempita, ma accesa… scegliendo di buttare una scintilla nel pagliaio dello scontato.