Il commento al Vangelo di oggi, domenica 17 settembre, di Don Giulio Dellavite.
Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a 7 volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a 7 volte, ma fino a 70 volte 7. Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Gli fu presentato un tale che gli doveva 10.000 talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. Il padrone ebbe compassione, lo lasciò andare e gli condonò il debito. Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva 100 denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito. Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto. Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello».
Il commento al Vangelo
Oscar Wilde disse: “Ogni santo ha un passato, ma ogni peccatore ha un futuro”. Quante volte perdonare? Perché devo perdonare? Una domanda che rimbalza e brucia anche dentro di noi. I rabbini al tempo di Gesù insegnavano fino a 4 volte, perché nell’interpretazione simbolica cabalistica dei numeri il 4 indica “totalità” (4 punti cardinali, 4 elementi della natura). Pietro fa l’esagerato: “Fino a 7 volte?”. Il 7 indica “completezza” (4 + 3 simbolo di perfezione). Se 4 è il massimo in ampiezza, 7 è il massimo in profondità. Gesù spiazza decuplicando: “Fino a 70 volte 7”. Ma quanto fa 70 x 7 ? È un calcolo che non ha come risultato un numero, ma un avverbio: “sempre”! Assurdo? Eppure lo ripetiamo a memoria senza problemi: rimetti i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori. Cioè facci accorgere che non siamo solo creditori che meritano ma abbiamo anche noi dei debiti da restituire! E tanti! Abbiamo debiti con Dio, con la vita, con la natura, con chi amiamo, con chi ci ha accompagnato, aiutato, capito, impreziosito, sostenuto, accudito, difeso, educato, valorizzato. Quando te ne rendi conto davvero, tante pretese si sgonfiano.
La sproporzione
È la sproporzione nella pagina del Vangelo tra le due somme: un capitale condonato “per dono” quasi di colpo e di istinto (10.000 talenti equivarrebbero oggi a 500 milioni di euro) contro pochi spiccioli invece pretesi (circa 500 euro). Il perdono ha senso solo se è “per dono”: anche se gli altri non lo meritano, tu meriti per te la pace. Nelle linee programmatiche per la mia diocesi di Bergamo che il Vescovo ha consegnato in questi giorni alla ripresa, per “servire la vita dove la vita accade e servirla insieme”, si cita un racconto di Italo Calvino da “Le città invisibili”. Chi arriva a Tecla poco vede della città dietro gli steccati di tavole, le impalcature, le armature metalliche, i ponti di legno sospesi a funi o sostenuti da cavalletti, le scale a pioli, i tralicci. Alla domanda: “Perché la costruzione di Tecla continua così a lungo?” gli abitanti senza smettere d’issare secchi, di calare fili a piombo, di muovere in su e giù lunghi pennelli rispondono: “Perché non cominci la distruzione”. E richiesti se temono che appena tolte le impalcature la città cominci a sgretolarsi e a andare in pezzi, soggiungono in fretta, sottovoce: “Non soltanto la città”. Se qualcuno applica l’occhio alla fessura d’una staccionata, vede gru che tirano su altre gru, incastellature che rivestono altre incastellature, travi che puntellano altre travi. “Che senso ha il vostro costruire? Dov’è il piano che seguite, il progetto?”. “Te lo mostreremo appena terminata la giornata; ora non possiamo interrompere” – rispondono. Il lavoro cessa al tramonto. Scende la notte sul cantiere. È una notte stellata. “Ecco il progetto!”, dicono. Se guardassimo più le stelle capiremmo quanto siamo debitori e che ogni santo ha un passato ma ogni peccatore ha un futuro.