Il commento al Vangelo di oggi, domenica 21 gennaio, di Don Giulio Dellavite.
Dal Vangelo secondo Marco
Dopo che Giovanni Battista fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo». Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. Gesù disse loro: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini». E subito lasciarono le reti e lo seguirono. Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, mentre anch’essi nella barca riparavano le reti. E li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui.
Il commento al Vangelo
“Raccontami ancora una volta di quella storia, quella in cui il mondo finisce così come è iniziato, con lui che ama lei e lei che ama lui: lei è sorda e lui è cieco. Lui le dice all’ infinito che la ama e lei gli scrive ogni giorno, ma senza mai avere risposta”. È una poesia di Lang Leav, giovane thailandese, nata in un campo rifugiati scappati dai Khmer cambogiani. Le parole in Love&Misadventure (amore&disavventure) sono per lei una rivincita su soprusi e miseria, pur definendole coperte “da un alone” quello del “sentirsi non voluti, fuori posto, con un senso di non appartenenza e di non luogo”. Noi abbiamo una vita molto più facile, comoda, fortunata di lei eppure sperimentiamo lo stesso alone di opacità amara perché pur donando e ricevendo amore non affrontiamo sordità e cecità, cominciando da una diagnosi su noi stessi. [Domenica scorsa ci ha provocato la logica dei cambia-menti per un cambio di menti e un amico mi ha ricordato la canzone che Vasco Rossi titola così: “si può cambiare solo se stessi, vivere bene o cercare di vivere, fare il meno male possibile”].
I pescatori
I pescatori diventano modello nel loro pro-gettare (gettare-pro) cioè sanno spingere se stessi in avanti e in profondità. Noi invece siamo più esperti a “gettare” e basta (senza “pro”), gettare come impulsività e gettare nel senso di sciupare. I pescatori sono pro-tesi al mare, noi siamo solo tesi. Curioso che il digitale usi “pro” per indicare un “up-grade”, un salto di livello, più professionale, sofisticato, per esperti. Così attivo è chi fa e “pro-attivo” è chi coinvolge al top. Per pro-gettarsi bisogna prima sgarbugliare le reti del passato. È un lavoro di conversione su se stessi: siamo imbrigliati da rimpianti, rimorsi, rivendicazioni, dal “tanto, ormai!”. Per pro-gettarsi bisogna riannodare le reti dei valori. Noi siamo aggrovigliati in dinamiche complesse o complessate che ci sfilacciano impedendoci di gustare il qui e ora. Per pro-gettarsi bisogna riassettare le reti social. Noi siamo catturati da opinioni, pareri, giudizi e pregiudizi degli altri e confondiamo l’apparenza con la verità.
Pro-gettarsi
Per pro-gettarsi bisogna poi valutare le condizioni e il clima. È essenziale comprendere le situazioni: sono favorevoli o c’è rischio burrasca? partire o aspettare? cosa fare? come equipaggiarsi? È un’analisi che modifica l’approccio: le variabili avverse se studiate diventano amiche e complici. Per pro-gettarsi bisogna infine considerare il mare: è “l’altro” da cui ti aspetti. È essenziale la premura della pazienza, la delicatezza nel porsi, la meraviglia della gratitudine. Non si può decidere quale pesce prendere, ma tutto è dono, il molto di oggi e il poco di domani. Ma è sempre tanto! A noi viene più spontaneo essere cacciatori, inseguitori, rivenditori, ammaliatori, gestori o anche solo spettatori. Essere pescatori è difficile, ma per evitare che il mondo finisca basta poco: capire di parlarci se ciechi e di scriverci se sordi. Essere “pescatori di uomini” è di più, è la logica di Dio che chiede di fidarsi e affidarsi, lasciando il porto sicuro delle presunzioni su cui galleggiamo ancorati: “Lasciata barca e reti partirono pro-gettandoSI in avanti e i