Dal Vangelo secondo Matteo – In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti». Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli». Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo.
Il commento al Vangelo
Un paese fu colpito da una terribile siccità. Il parroco invitò tutti a chiedere a Dio la grazia della pioggia. Gli abitanti arrivarono portando rosari, statue della Madonna, alcuni staccarono dalle case croci di ogni misura e tipo, quadri con Santi e immagini di Angeli, altri leggevano libretti di preghiere e recitavano novene varie. Ad un certo punto arrivò una bambina con un ombrello rosso. Devozione è chiedere la pioggia. Credere è portare l’ombrello. È il salto di livello che Gesù chiede nel Vangelo di oggi: dalla superstizione (“la gente cosa dice e cosa si aspetta?”) alla fede (“chi è Dio per me?”). Non basta il “non ho fatto niente di male o di sbagliato!” serve chiedersi “cosa ho fatto di bene?”, cosa ho fatto per far crescere e migliorare me stesso, chi amo, la realtà in cui vivo? Papa Francesco nella scorsa Giornata Mondiale della Gioventù a Lisbona ha detto: “Come notò il poeta filosofo Saramago «ciò che dà il vero senso all’incontro è la ricerca, e bisogna fare molta strada per raggiungere ciò che è vicino».
Il grido di pace
I giovani con il loro grido di pace e la loro voglia di vita portano tutti ad abbattere i rigidi steccati di appartenenza eretti in nome di opinioni differenti e credo diversi. C’è sempre il pericolo di camminare in un labirinto, dove non c’è meta. E nemmeno uscita. Diffidiamo delle formule prefabbricate – sono labirintiche –, diffidiamo delle risposte a portata di mano sfilate dalla manica come carte da gioco truccate e daproposte che sembrano dare tutto senza chiedere nulla. Cercare e rischiare: ecco i due verbi del cristiano. Quando non si perde tempo a lamentarsi, ma ci si preoccupa del bene concreto, accadono cose meravigliose”. In questi giorni nella mia città di Bergamo festeggiamo il patrono Sant’Alessandro, soldato romano che morì martire perché non obbedì all’imperatore di sacrificare agli idoli. Un Patrono che non ha mani giunte e il vestito stirato da prete, ma ha dita callose e la corazza ammaccata da laico qualunque, che non vive protetto in un convento ma in caserma e trincea rende attuale l’invito forte di Gesù: “tu chi dici che io sia?”. Noi potremmo anche essere più “devoti” di Sant’Alessandro ma siamo“credenti” come lui? E in questo ci provoca: se ci fosse la persecuzione e ci accusassero di essere cristiani troverebbero prove sufficienti per condannarci? “Alexandros” in greco significa “il valoroso”. Oggi, qui da noi, nessuno rischia il martirio rosso del sangue (come invece ancora in alcune parti del mondo!), però viene chiesto il martirio bianco della coerenza nei valori: implica lo stesso coraggio e la stessa fede. Sant’Alessandro ci ha messo la testa: l’hanno decapitato. A noi oggi è chiesto di metterci la faccia. Prendere sul serio il Vangelo è prendere sul serio la vita. Prendere sul serio la vita è scommettere sulla speranza. Devozione è osannare ideali, ma sulla pelle degli altri. Credere è mettersi in gioco da valorosi, valenti, di valore nella realtà spiccia, nel fare bene e volendo il bene, diventando allergici a pregiudizi, ipocrisia, supponenza. Questo è essere donne e uomini dall’ombrello rosso.