Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù disse ai capi del popolo: «Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano. Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo altri servi, ma li trattarono allo stesso modo. Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma i contadini dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero. Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?». Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo». E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture: “La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo; questo è stato fatto dal Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi”? Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti».
Il commento al Vangelo
Gli spiriti mediocri si possono riconoscere dal fatto che condannano tutto ciò che supera la loro piccola statura. Troppa gente non si appassiona più e non crede in nient’altro che non sia la propria dannata comoda mediocrità (*da François de La Rochefoucauld e Richard Yates). Mi hanno portato a tale riflessione gli attori delle parabole lette nelle ultime settimane che un po’ lasciano perplessi: tre domeniche fa la complessa dinamica tra debitori e creditori, poi le rivendicazioni nel difficile equilibrio di diritti e doveri, quindi la delusione per chi parla bene e razzola male. Il risultato è oggi il tutti contro tutti che fa finire male tutto. La mediocrità è una spirale subdola che avvolge, paralizza, stritola qualunque rapporto, persino quello con Dio. Si parte da una vigna di qualità (il “come” ciascuno è). C’è chi si dedica perché la vigna abbia una siepe di protezione, un torchio che dia rendite e una torre per trovare forte identità (ciò che si riceve in educazione, relazioni, possibilità). Si è però in affitto (è lo scarto della libertà in quanto si fa).
La rana
A questo punto nei miei pensieri si è tuffata una rana. Immaginiamo un pentolone con un fondo di acqua fredda. Una rana ci entra e ci sta a bagno beata e pacifica. Il fornello si accende, l’acqua si scalda pian piano, presto diventa tiepida e la rana sorride trovandola gradevole. La temperatura sale. La rana si assopisce cullata dal calduccio. Quando l’acqua comincia a scottare però la rana si spaventa, ma ormai si è indebolita e non ha più forze per reagire. Dice che è meglio aspettare, ma in realtà si lascia andare, rassegnata, fino al momento in cui finisce morta bollita. Non è stata l’acqua bollente ad uccidere la rana, ma la mediocrità che le ha tolto la forza di agire o re-agire. Infatti, se la rana si fosse immersa nell’acqua già calda sarebbe balzata subito fuori dalla pentola con un salto. I vignaioli della parabola (come noi spesso, al pari della rana) sono mediocri. Chi si accontenta così non gode, ma RODE. Se si accumulano dosi di disagio, di invidia, di frustrazione, di rabbia, di autosvalutazione pian piano ci si trova bolliti. Sono le persone mollicce che guardano senza vedere, sentono senza ascoltare, toccano senza accarezzare, respirano senza percepire i profumi, mangiano senza gustare, parlano senza pensare, giudicano senza conoscere, fanno senza coinvolgersi, stanno senza condividere. Ma così si finisce bolliti: indifferenti al male, ma pure al bene. Si diventa azzeratori di sogni, bastonatori di prospettive, sicari della speranza, assassini del futuro, pessimisti, disfattisti, debosciati, acidi, nostalgici, appiccicosi. Non diamo però solo le colpe agli altri. Il più delle volte siamo noi che facciamo del male a noi stessi perché per tiepidezza, mediocrità, rassegnazione, ipocrisia non usiamo il grande potere di discernere bene e male. L’antidoto dice san Paolo è ciò che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato; imparato, ricevuto, ascoltato e veduto. Fa saltare dalla pentola alla brace. Dalla pentola dei bolliti alla brace della passione. Spaventa, sconquassa, lascia lividi, ma offre la meraviglia di vedere i tuoi pezzi rotti o scartati rimettersi insieme come pietre d’angolo, basi da cui ripartire con progetti ardui, energia rinnovata, consapevolezza diversa.