“Seguo con apprensione e dolore quanto sta avvenendo in Israele, dove la violenza è esplosa ancora più ferocemente provocando centinaia di morti e feriti”, ha detto Papa Francesco all’Angelus. “Gli attacchi di armi si fermino, per favore – ha aggiunto -, e si comprenda che il terrorismo e la guerra non portano ad alcuna soluzione, ma solo alla morte di tanti innocenti”. “La guerra è una confitta, è sempre una sconfitta – ha sottolineato il Pontefice -. Preghiamo perché ci sia la pace in Israele e in Palestina”. “Esprimo la mia vicinanza alle famiglie delle vittime – ha detto ancora il Papa -. Prego per loro e per tutti coloro che stanno vivendo ore di terrore e di angoscia”.
L’Angelus
“L’ingratitudine genera violenza, ci toglie la pace e ci fa sentire e parlare urlando, senza pace, mentre un semplice ‘grazie’ può riportare la pace!”. Lo ha detto Papa Francesco commentando il Vangelo e quella che ha definito “una parabola drammatica, con un epilogo triste”: quella in cui il padrone di una vigna la affida ai contadini, e questi ultimi, al momento della vendemmia, quando il padrone manda prima i servi e poi il figlio per ritirare il raccolto, li maltrattano e li uccidono. “E da agricoltori diventano assassini”, osserva il Pontefice, secondo cui “alla radice dei conflitti c’è sempre qualche ingratitudine, e pensieri avidi”. Secondo Francesco, “con questa parabola, Gesù ci ricorda cosa succede quando l’uomo si illude di farsi da sé e dimentica la gratitudine, dimentica la realtà fondamentale della vita: che il bene viene dalla grazia di Dio, dal suo dono gratuito”. “Quando si scorda questo, la gratuità di Dio – ha sottolineato -, si finisce col vivere la propria condizione e il proprio limite non più con la gioia di sentirsi amati e salvati, ma con la triste illusione di non aver bisogno né di amore, né di salvezza”. “Si smette di lasciarsi voler bene e ci si ritrova prigionieri della propria avidità, del bisogno di avere qualcosa in più degli altri, del voler emergere sugli altri”, ha aggiunto.
Le parole di Francesco
Per il Papa, “da qui provengono tante insoddisfazioni e recriminazioni, tante incomprensioni, tante invidie; e, spinti dal rancore, si può precipitare nel vortice della violenza”.”Chiediamoci allora – ha esortato -: io mi rendo conto di aver ricevuto in dono la vita e la fede, e di essere io stesso, io stessa, un dono di Dio? Credo che tutto comincia dalla grazia del Signore? Comprendo di esserne beneficiario senza meriti, amato e salvato gratuitamente? E soprattutto, in risposta alla grazia, so dire ‘grazie’? Le tre parole che sono una grazia della convivenza umana: grazie, permesso, perdono: il so pronunciare queste tre parole”.”È una piccola parola, attesa ogni giorno da Dio e dai fratelli. Domandiamoci se questa piccola parola, ‘grazie’, ‘permesso’, ‘perdono’, ‘scusa’ è presente nella nostra vita”, ha concluso il Pontefice.