Noi diamo troppo per scontato che Gesù è Cristo, in ebraico si direbbe il Messia, cioè il figlio di Dio, il salvatore. Per qualcuno questo non è vero. Per altri addirittura non è esistito. Quale è la verità? La fede non chiede di deglutire dogmi, ma chiama sua sorella, la ragione, e con lei mano nella mano si pone delle domande su alcuni dati oggettivi.
In tanti si presentavano come il Messia
Al tempo di Gesù la Palestina è invasa dai Romani. Numerosi sono coloro che si presentano come “il Messia, il Cristo” per liberare il paese e conquistare il governo. Infatti il Messia che i profeti annunciano è un liberatore e una guida. L’applicazione e l’attesa politica è facile. Perché solo Gesù però ha un successo “accecante” e non gli altri?
La visione dello storico Guignebert
Così sintetizza la vicenda di Gesù lo storico francese, Charles Guignebert: “Questo profeta che al massimo aveva suscitato una curiosità venata di simpatia tra i proletari di Galilea, fu uno di quei pretendenti al titolo di Messia (più o meno degni di fiducia) che Israele vedeva di tanto in tanto spuntare. Il suo fallimento è stato totale. È stato ingannato persino dai suoi. La verosimiglianza e la logica chiedevano che il suo nome e la sua opera cadessero nell’oblio, fossero dimenticati, al pari di tanti altri che in Israele avevano creduto di essere qualcuno”.
I discepoli e la delusione
I discepoli si trovano davanti una serie di delusioni: la condanna a morte ignominiosa, la frustrazione per il ritorno glorioso del Messia che fallisce, il regno di Dio tanto atteso nemmeno viene considerato. Se questo è il Messia è scandaloso. Delle poche tracce che restano degli altri sedicenti Messia, potremmo quasi pensare che sarebbe stato più logico che la fede si coagulasse attorno a qualcuno di questi, che rispondevano meglio alle attese del popolo. Il più potente fu Bar Kokheba.
Gli altri sedicenti Messia
Si dice che era bello, di forza erculea, dagli occhi che sprizzavano energia; di lui lo stesso imperatore romano Adriano scrive: “Se Dio non lo avesse ucciso, nessuno sarebbe riuscito a toccarlo”. Dell’aspetto di Gesù nessuno degli evangelisti ne fa cenno, quindi vuol dire che la sua bellezza fisica non doveva impressionare molto o sarebbe stata annotata. Ponzio Pilato, che condanna a morte Gesù senza il minimo fastidio, perde la carriera e viene rispedito a Roma dove viene condannato alla decapitazione per aver maltrattato i suoi seguaci, causando una rivolta in Samaria.
La condanna di Pilato
Per Pilato Gesù fu un caso di routine. Quei pochi e rozzi Galilei che lo prendevano sul serio non avevano seguito di popolo né amicizie di potenti per poter dare fastidio. Uno dei centinaia di sobillatori della folla o reazionari dissidenti del regime che Pilato ha fatto condannare. Invece Bar Kokheba ad esempio aveva smosso una nazione e con i suoi agganci era arrivato a farsi conoscere dall’Imperatore. Nel 132 era riuscito a cacciare i romani da Gerusalemme. Fu battuta una moneta con “anno primo della redenzione di Israele”. Quando Roma va al contrattacco deve espugnare 50 fortezze e 985 tra città e villaggi, governati dal Messia Re. Il Messia sconfessato, sopravvisse allo scacco vergognoso e per lui non ci fu “il supplizio degli schiavi”, come veniva chiamata la croce. Si ritirò a vita privata. Di questo potente Messia però nessuno si ricorda più il nome, nessuno sa chi è.
Le teorie su Barabba
Secondo altri studiosi lo stesso Barabba sarebbe stato un sedicente Messia-Cristo. Matteo lo definisce “un prigioniero famoso”, Marco aggiunge che “aveva compiuto una sommossa”, Luca specifica che “la rivolta era avvenuta in città”. Si comprende perché la folla scelga lui.
Gesù suscita grandi domande
San Paolo dice che la fede nel Cristo Crocifisso è scandalo per i giudei e follia per i pagani. È come se intorno a Gesù le costanti storiche della logica del potere o le leggi che regolano le vicende umane siano sfidate: il debole inspiegabilmente vince, il forte scompare. Un “unicum” storico e culturale. Gesù suscita grandi domande pure in chi non crede che sia Dio e persino in chi nega la sua esistenza storica e lo considera invenzione mitologica: “La storia della nascita del cristianesimo è talmente un’incredibile assurdità che diventa il più bizzarro dei miracoli” (Couchoud), perché il passaggio dal Gesù della storia (la vicenda) al Cristo della fede (il mistero) non può essere considerata una invenzione umana.
La mentalità ebraica
È un’operazione impossibile per la mentalità ebraica, nessuno poteva pensarla perché nessuno la poteva seguire. Sarebbe stata talmente assurda da non avere nessun seguace. Una fede così non può imporsi senza un “prodigio” che ne sta all’inizio. Per un romano deificare l’imperatore era possibile, invece per un ebreo anche solo associare un uomo a Jahve era sacrilegio, l’abominio supremo. Nemmeno era pronunciabile il nome di Dio, figurarsi a pensarlo uomo e in croce. Gli ebrei erano disposti a farsi lapidare pur di non dire che l’imperatore era dio.
I cristiani vengono derisi
I cristiani vengono derisi perché facevano un passo ulteriore di assurdità: non solo un uomo che si fa Dio, ma un uomo che muore ammazzato e nella peggiore delle morti, quella degli infami: la croce. La croce è logicamente la negazione di Dio. Il Messia doveva essere secondo le profezie discendente del Re Davide, di nobiltà purissima. Non poteva essere uno qualunque.
Da Abramo a Gesù
Interessante la genealogia che ricostruisce l’evangelista Matteo (cap. 1, 1-17) che scrive il suo Vangelo per la comunità dei giudeo-cristiani, cioè i primi ebrei che diventano discepoli di Gesù. Dovrebbe giustificare e invece Gesù suscita domande anche in chi crede. Da Abramo, il “padre nella fede”, a Gesù la costruzione è su tre periodi. Il “3” era considerato il numero della perfezione. Tra i tre ci sono il punto eccelso con lo splendore del Re Davide e il punto infimo con la deportazione in Babilonia. Cristo è il compimento del terzo periodo, quindi il compimento della perfezione, la piena maturazione della storia.
Perfezione e imperfezione
C’è di più: ogni periodo è formato da 14 generazioni. Il “7” significava pienezza e compimento. Il “6”, essendo 7-1, indicava invece imperfezione (viene usato appunto come simbolo di Satana un triplo sei, “666”, per dire che egli è “la perfetta imperfezione”). 14 dice dunque che la storia è imperfetta perché è formata da 6 gruppi di 7 (3 di 14). Gesù apre la settima di sette, cioè è “la pienezza del compimento”. Quindi, in ottica cabalistica, secondo questa genealogia, la nascita di Cristo è l’apice supremo della storia: il 3 di 3 e il 7 di 7. Come nella creazione, il settimo giorno è quello divino, è il compimento. C’è però un dettaglio curioso che spesso sfugge, ma non lascia indifferenti quando lo si nota.
Un dettaglio che spesso sfugge
In questa ricostruzione storica emozionante, pensata con la perfezione di un orologio che ha come meccanismo i nomi degli uomini più prestigiosi e valorosi della Bibbia, compaiono 4 nomi di donne, più quello di Maria. Già questo è un’assurdità perché per gli ebrei la donna non contava nel ramo genealogico. Il 4, come i punti cardinali o gli elementi della natura, simboleggia invece l’insieme del mondo e dell’uomo. Sono 4 donne particolari che troviamo nell’Antico Testamento.
Le quattro donne
Tamar, nuora di Giuda, figlio di Giacobbe, si prostituì con il suocero. Raab, prostituta di Gerico, tradì la sua città. Rut, straniera e pagana, si offrì a Booz che sposò per convenienza. Betsabea, moglie di Uria l’Ittita, l’amante del Re Davide, da cui aspetta un figlio e proprio per questo il Re fa uccidere il marito che lo aveva fedelmente servito. L’incesto, la prostituzione mescolata al tradimento, il matrimonio per convenienza, l’adulterio sommato all’omicidio di un fedele servitore: è su questo carnaio che si innalza Maria. Questo brano brilla per il contrasto tra la perfezione geometrica della solennità ufficiale di una genealogia divina e le aberrazioni morali della storia di chi la compone. Ma allora come è possibile che Gesù faccia luce ancora oggi?