Potrà forse apparire, ad occhi assuefatti, un qualcosa di naif, qualcosa che pare sorpassato, anche inutile: è dell’Avvento che stiamo parlando. Tempo che, dal punto di vista della liturgia cristiana, precede e prepara al Natale. È una lotta che ogni anno si ripete puntuale: da una parte gli auguri di pubblicità e aziende che già ai primi di dicembre intasano caselle e cassette postali, con il rischio di cancellare il senso dell’attesa, premendo sull’acceleratore. E dall’altra la liturgia che, giorno dopo giorno, chiede di fare crescere, facendolo dilatare, il desiderio del Natale. Per arrivare, quel giorno, a gustarlo appieno. Una lotta impari – per la liturgia sembra sia persa in partenza! – con in palio la custodia del tempo: «La cattiva notizia è che il tempo vola. La buona è che sei il pilota» (M. Althsuler). Le famose “novene” delle nonne: giorni di preparazione, speranze, desiderio.
Anche l’occasione per riappropriarsi del tempo. Il popolo greco, ingegnere del nostro pensiero, distingueva due tipi di tempo. Il kronos, fatto di ore, minuti e secondi: scorre e passa anche se noi non ce ne curiamo, anche se dormiamo, anche quando non ci facciamo caso. E il kairòs, ch’è il tempo favorevole: fatto di occasioni, di opportunità, momenti propizi. E’ la legge del calendario del nonno che si segnava, a matita, quando piantare gli ortaggi: “Li puoi piantare quando vuoi – mi diceva – ma se li pianti in determinati giorni la probabilità che nascano bene è alta”. L’Avvento, per la liturgia, è un “tempo favorevole” alla conversione: è sempre possibile convertirsi, ma in certi giorni ci sono condizioni spettacoli e il cuore è più propenso alle sollecitazioni che la Parola di Dio offre. Convertirsi è ricalibrare la rotta, è la voce del navigatore che dice: “Ricalcolo del percorso”, è ricentrarsi per non smarrire la traiettoria di chi si vuol diventare nella vita.
Con il kronos si costruisce il futuro: è ciò che noi ci aspettiamo dal tempo che verrà, ciò che proviamo a preparare, le nostre attese. Con il kairos, invece, Dio costruisce l’avvenire: se il futuro è ciò che noi immaginiamo possa accadere nella vita, l’avvenire è ciò che accadrà venendoci incontro. E che, certe volte, è l’esatto contrario di ciò che si sognerebbe. O, per lo meno, non sempre l’esatta copia dei nostri desideri. L’Avvento, dunque, è un allenamento alla sorpresa: se uno studente studia giorno dopo giorno non teme se, una mattina, il prof indice un compito a sorpresa. Così sarà dell’avvenire di Dio nelle nostre vite.