Accadrà anche a Filippo – il ragazzo che ha ucciso Giulia– quello che accade a tutti coloro che, dopo un gesto efferato, la giustizia manda a svernare nella gattabuia di una patria galera. Per tot anni. Accadrà che, da quella prospettiva infame, gli apparirà nella sua crudezza non soltanto il reato commesso (il che è da augurarsi che accada) ma anche i postumi di ciò che ha compiuto. A lui ci penserà la giustizia, controllata a vista dalla buona anima della nostra Costituzione: «Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità – articolo 27 – e devono tendere alla rieducazione del condannato». È una sorta di mamma la Costituzione. Ragiona da mamma, è come se dicesse al popolo furioso: “Tenete giù le mani, lasciate fare a me. Fidatevi di sua madre: vedrete che gli passeranno i grilli per la testa”. Nessun sconto, dunque: come non fanno sconti le madri che sono tali. Ciò che farà la differenza, però, è che lei è madre: e ogni punizione che gli tributerà sarà per il suo bene. Per la sua vita, non per la sua morte. La faccenda è che per chi commette reati così, e avrà la grazia di rendersene conto, farà più male il vivere che il morire. Direbbe Ungaretti che, per costoro, «la morte si sconta vivendo».
La famiglia
Dalle grate di una cella – attraverso la tv e i giornali – Filippo, però, vedrà il resto della disfatta: quella che pagherà la sua famiglia, il suo mondo, la gente di prima. È bastato l’attimo dell’arresto perchè tutto un mondo, il suo, mutasse di aspetto. Ha cambiato nome il paese: non si chiama più come prima, è diventato “il paese dell’assassino”. La sua famiglia è diventata “la famiglia dell’assassino”. La casa – costruita dai suoi genitori col sudore in fronte – non sarà più loro: è diventata “la casa dell’assassino”. Il fratello dell’assassino. Nulla più tornerà come prima, nulla più apparterrà a coloro a cui appartenevano le cose prima dell’arresto: nel giro di un’ammanettata, tutto è diventato “dell’assassino”. Quando rompe gli argini, il male ha un qualcosa di devastante, d’incontenibile, di cinico e di barbarico.
La cella
Il ragazzo, ch’è il colpevole di quest’orrida faccenda, è rinchiuso in cella, a svernare tra simili che, più o meno, si sono macchiati di crudeltà simili. Ma tutto il resto del suo mondo, la parte innocente, è fuori: a scontarsi la pena più cinica, quella che non lascia scampo. Un mondo che, dalla sera alla mattina, si trova a pagare un conto che mai avrebbe messo in conto di dover un giorno pagare. La famiglia di Giulia pagherà un prezzo ancora più alto: il più alto, l’inimmaginabile. Ci sono però anche altri due genitori, innocenti anche loro, che hanno il cuore doppiamente in frantumi. E’ che il male, borioso com’è, li ha ricoperti con il genitivo dell’infamia capitale. (Sulla strada di Emmaus).