Nella storia sacra troviamo innumerevoli promesse di impegno per un futuro migliore poste come percorso di conversione dopo un periodo colpevole e drammatico; così pure nella storia laica di tutti i popoli e culture nella storia dell’uomo.
Le promesse per un futuro migliore
In molti casi l’evento che dà origine a questo tentativo di costruire un nuovo mondo e a questa assunzione di impegni positivi sono stati fenomeni naturali: una pestilenza, una carestia, un diluvio. E tutto questo nella prospettiva della costruzione un futuro migliore, più umano e giusto, che non sarebbe ricaduto negli errori del passato. Si prendeva atto, coprendosi il capo di cenere, di una situazione colpevole di un comportamento negativo e spesso si cercava anche di esorcizzare il dramma in corso, visto come punizione o, per molti, come occasione di pentimento, riflessione, conversione e rinnovamento. Sovente si compivano come segni di serietà e di impegno gesti anche drammatici e scenografici come processioni penitenziali, sacrifici corporali, digiuni, pellegrinaggi.
Pochi risultati
Molto spesso però di risultati positivi se ne vedevano ben pochi e il futuro risultava simile o peggiore del passato, con buona pace della filosofia della “historia magistra vitae”! Se abbiamo conservato un po’ di scritti dei primi mesi della pandemia andiamo a rileggerli, riflettiamoci serenamente, ma anche sinceramente e riconosceremo il fallimento delle nostre attese guardando l’oggi e ciò che ci attende per il futuro. È il tempo di ammettere di aver vissuto quel periodo ponendoci mete ambiziose, partendo anche da analisi serie: quanti riconoscimenti di una civiltà ingiusta verso la stragrande maggioranza degli uomini e verso la natura, quante analisi sulle cause che avevano portato a quella situazione, quanti “mea culpa”, stracciamento di vesti, accuse reciproche; quanti manifesti che ci autocondannavano, quante marce di protesta, paradossalmente contro noi stessi, e soprattutto quante previsione per il futuro, quanti progetti per realizzare un mondo migliore di quello che stavamo distruggendo. Quanti profeti più o meno interessati e “di parte” ci hanno fornito ricette innovative, percorsi alternativi. Soprattutto ci hanno riempito di speranza nella certezza che bastasse cambiare strutture economiche, leggi di mercato, tecnologie ecologiche, sistemi di governo e di partecipazione, per ottenere, quasi per magia, la ripartenza di quel bel giocattolo che siamo noi e il nostro pianeta.
Cosa è rimasto di quegli impegni?
I risultati sono la vergogna della nostra storia perché hanno sempre dimostrato le nostre incapacità, il nostro vizio di pretendere che siano gli altri a cambiare e mai noi stessi, a ritenere che basti cambiare il contenitore per far sì che cambiasse automaticamente anche il contenuto. È arrivato il momento di chiederci seriamente: cosa ne è rimasto di quegli impegni? Poco o nulla a causa del nostro egoismo e della superbia nel non voler dipendere da nessuna legge che ci ricordi la nostra dipendenza da un Creatore. Eppure Lui ci aveva avvisato già tanto tempo fa che se vuoi produrre bene devi tu per primo essere buono: ci siamo dimenticati che il futuro ce lo costruiamo attraverso le nostre azioni e non possiamo aspettare che intervenga una qualsivoglia bacchetta magica per raddrizzarlo. Non sono assolutamente sufficienti i bei discorsi e le migliori intenzioni, occorrono opere di bene, gesti concreti, nuovi stili di vita e di rapporti tra singoli e popoli per mettere le fondamenta del futuro che abbiamo sperato, ma che ci è stato finora impossibile costruire.