L’esperienza della fraternità di Comunione e Liberazione nasce nel 1954, in un clima di rinnovamento animato dai fermenti immediatamente pre-conciliari, intorno alla figura di don Luigi Giussani. Il movimento di Comunione e Liberazione si distingue per una particolare riscoperta della portata della Salvezza come incontro personale con Cristo e della sua conoscenza come evento che fa irruzione nella storia della vita individuale come nella Storia dell’umanità, ovvero del suo riaccadere e farsi presente nella storia dei singoli. L’efficacia dell’accadimento è garantita e permanentemente protetta, al fondo, dall’Evento storico di Cristo Gesù ralizzatosi una volta per tutte nelle modalità dell’Eterno, ovvero di un Evento decisivo per antonomasia. Il ricorrere del termine irruzione nei testi del fondatore è motivato dalla sottolineatura della non-dipendenza (e quindi non-manipolabilità) della conoscenza di Gesù Cristo da parte della coscienza aperta al suo incontro. Avvenimento e Incontro sono i due grandi termini espressivi della specificità fondamentale della coscienza spirituale del movimento di Comunione e Liberazione. Di qui una valorizzazione della Grazia in piena sinergia con una libertà individuale che però è innanzitutto declinata come liberazione, operata da Cristo e accolta dall’uomo come inscritta nella Verità stessa.
Il bersaglio
Poste queste premesse, si comprende come un particolare ‘bersaglio’ della riflessione teologica degli esponenti di tale movimento sia la forte inclinazione – in molti casi vera e propria deriva – gnostica della coscienza spirituale contemporanea, di cui, se il punto di affioramento più visibile appare il complesso e variegato mondo dei movimenti New Age, ne addita alcuni ‘semi’ o indizi già in autori quali Teilhard de Chardin o, ad uno stadio di più avanzata maturazione, nei testi, oggi particolarmente ‘alla moda’, di Simone Weil. Tale coscienza critica si dimostra particolarmente avvertita per tutti quegli elementi che sembrano, dalla liturgia alla teologia morale, dall’esegesi biblica (questione del Gesù storico compresa) alla semplice pietà, dalla cristologia alla mariologia ed ecclesiologia, esser penetrati ed avere in qualche modo inquinato, o comunque attualmente minacciare, la limpidità e l’equilibrio della coscienza cristiana contemporanea. È precisamente questa spiccata sensibilità circa tali pericoli e derive, insieme al frequente appello alla tradizione della Chiesa, sostenuta anche attraverso la riscoperta di autori e figure della sua storia talvolta pesantemente ipotecate dalla storiografia del Novecento, che pare aver suscitato per un verso il sospetto, talora il rimprovero, di ipercriticismo, spirito polemico e revisionismo sommario agli esponenti del movimento, per altro verso l’attribuzione di un certo colore ‘reazionario’ che caratterizzerebbe, secondo molti luoghi comuni, alimentati dall’ignoranza dell’effettiva sua storia, il movimento in blocco per una più o meno forte opposizione ad alcune istanze della cultura contemporanea. In ‘positivo’, i referenti teologici contemporanei del movimento sembrano essere in primo luogo H. U. von Balthasar, in particolare nella comprensione di ampio respiro della Storia della Salvezza offerta nelle opere maggiori, in secondo – e con qualche pacata riserva rispetto ai rapporti tra realtà naturale e soprannaturale – H. de Lubac, oltre i quali, retrocedendo nel tempo, va pure ricordata la riscoperta di J. H. Newman. Né è un caso che di questi autori l’editrice vicina al movimento abbia intrapreso la pubblicazione pressoché integrale delle opere. Accanto a queste linee preferenziali va però detto che la sensibilità del movimento rimane tendenzialmente ‘onnivora’ ed esso si confronta volentieri con i prodotti più vari della cultura contemporanea, anche i più distanti dalla prospettiva cristiana, sorretto da un’implicita fiducia nell’esistenza di preziosi elementi di verità in essi disseminati, come accadde ad esempio circa alcune intuizioni di Pasolini, da questi espresse nel 1975 ed assunte e prolungate in termini religiosi dal movimento.
Una sensibilità apologetica
Insieme a ciò va notata una certa sensibilità ‘apologetica’ affiorante in più occasioni ed espressioni culturali del movimento, ‘apologetica’ nel significato classico, dove il senso della vocazione alla missionarietà del movimento stesso sembra prendere forma nell’attenzione e cura per tutto ciò che sostiene la credibilità della Rivelazione cristiana e contribuisce ad una valutazione più positiva e serena della storia e dell’operato della Chiesa, sensibilità e attenzione oltre le quali viene però incessantemente ribadito il valore decisivo e l’ineludibile priorità della Grazia, nell’orizzonte della quale soltanto l’uomo sperimenta l’‘accadere’ dell’Incontro con Cristo Signore. Tale Accadere è, poi, saldamente incastonato nel contesto della comunione ecclesiale, cosicché la Chiesa è riconosciuta quale luogo imprescindibile dell’Avvenimento, mediato dall’istituzione in quanto organismo sacramentale, motivo che riflette le pagine de Lo Spirito e l’Istituzione di von Balthasar quanto le riflessioni ecclesiologiche del de Lubac. Un tale atteggiamento si riflette in una grande attenzione al magistero della Chiesa e in particolare alla parola di guida del Sommo Pontefice.
Conclusione
La comprensione ecclesiologica dell’Incontro con Cristo accentua la storicità del suo accadere e, di qui, la fede stessa nella sua completezza diventa criterio e chiave di lettura della realtà storica ed esistenziale, delle vicende personali quanto delle dinamiche sociali planetarie e della cultura contemporanea in tutte le sue manifestazioni, rispetto alle quali il movimento si prefigge di incidere attivamente per rendere presente il pensiero cristiano e la conseguente azione nel mondo. Sapersi dare risposte, illuminate dal Vangelo, sulla situazione attuale, per interloquire con essa al meglio all’insegna di un responsabile spirito di missionarietà assume la forma di un esercizio di pietà cristiana, di attenta osservazione dell’ambiente contemporaneo, ma soprattutto di doverosa visibilità ed incisività sociale. Nell’assunzione graduale del senso e della direzione impressa nel proprio Incontro con Cristo, nel senso conferito alla vita da quell’evento si esplica il carattere formativo del movimento, che tende a valorizzare la vocazione personale nel contesto comunionale della crescita dell’intero organismo della Chiesa.