Roberto Bongiorni per Il Sole 24 Ore
Vozarà. Elham e Maryam conoscono bene quel nome. Come, del resto, moltissime iraniane. Ricordano i mo- menti drammatici che hanno vissuto in quel centro di detenzione dove fini- scono soprattutto le donne accusate di non vestirsi in modo appropriato. Anche Gasht e Ershad è una parola che ricorre spesso nei loro racconti. È la polizia della moralità, deputata a vigilare, arrestare e rieducare chi viola il codice di abbigliamento.
Ogni famiglia ha dovuto fare i conti con la polizia morale
«Ogni famiglia a Teheran con qualche figlia in un modo o nell’altro ha dovuto fare i conti con loro», racconta Elhman. La polizia della moralità è ora accusata della morte di Masha Amina, la giovane iraniana arrestata perché dal suo velo spuntavano troppe ciocche di capelli, trasportata nel centro di Vozarà, e deceduta tre giorni dopo a causa di un colpo alla testa, probabilmente un pugno sferrato con una violenza inaudita. Masha aveva 22 anni. se l’Iran è nel caos, se nelle piazze giovani, ma non solo, continuano a sfi- dare la polizia, se in 32 sono stati uccisi, è per quell’assurda morte causata da un velo indossato male. Elham è un’artista di 39 anni, oggi vive in Italia. Il suo coraggio lo si coglie subito nei vivaci occhi persiani e nel gesticolare deciso.
La storia di Elham
«Sono stata fermata tre volte da Gasht e Ershad. La seconda volta mi portarono a Vozarà. Mi trovavo in piazza Vanak, a Teheran Nord. (…) Poi ci sequestravano i telefoni, ci trattavano alla stregua di criminali, con foto segnaletiche e im- pronte digitali. Alcune ragazze aveva- no dei lividi sul volto, ad altre colava il sangue dal naso. Anche io sono tornata a casa con i lividi ».
Le donne della polizia morale
Fathi Comando. Ecco un’altra parola molto nota tra le giovani iraniane. E il soprannome, ironico, con cui sono definite quelle donne della polizia delle moralità, vestite di nero dallatesta ai piedi. Incaricate di perquisire, interrogare, punire, se necessario, le ragazze dentro il Centro. «In una stanza una ragazza in panico cercò di fuggire e si schiantò contro la porta di vetro. C’era sangue dappertutto. La mia amica ed io cercammo di fuggire, ci puntarono una pistola in faccia. Mi bloccai per il terrore». Maryam si accarezza i lunghi ca- pelli castani. Quella chioma che per le strade di Teheran ogni volta cer-ava di nascondere quando si imbat- teva nelle Fathi Comando. Maryam, 29 anni, è stata arrestata quattro vol- te dalle polizia della moralità. Vuoi per il chador troppo corto, per le ciocche di capelli che sputavano dall’hijab, vuoi perfino per i sandali indossati senza calze. La sua bellezza certo non l’ha aiutata. Quando la fermarono l’ultima vol- ta, lei cercò di difendere una sua ami- ca accusata di avere il chador troppo corto. Fu trascinata nel Van.
Costretta a firmare una dichiarazione
«Ci portarono a Vozarà. Di quella grande stanza ricordo le ragazze che venivano prese a spintoni, ricordo gli insulti. Molte piangevano. (…) Prima di congedarsi Maryam, vuole chiarire un concetto: «Sappiamo di solito dove si appostano le Fathi Comando, nelle piazze, fuori dalle stazioni dei metrò, nei centri commerciali. Abbiamo i nostri passaparola. Se non possiamo cambiare strada, appena le scorgiamo ci tiriamo su il velo, e tiriamo giù lo cha- dor. Dopo poche decine di metri ci riscopriamo come prima. Non riusciranno a piegarci. Mai».