Estratto dell’intervista di Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera
Luglio 2023, Santo Domingo, l’incidente.
«Andavo in bicicletta su una strada asfaltata da due giorni, c’era un dosso non segnalato, ho fatto un volo sbagliato. Ho visto il piede al contrario, la clavicola fuori. Ambulanza. Ospedale più vicino. Poi ospedale più attrezzato».
Diagnosi?
«Il femore non si era rotto; si era sbriciolato. In particolare il trocantere»
Cos’è il trocantere?
«La parte curva dell’osso. Mi hanno operato alla bell’e meglio. Ma non potevo tornare in Italia: nessuna compagnia aerea mi voleva imbarcare, il rischio di embolia o di trombosi era troppo alto. Così sono rimasto a Santo Domingo un mese».
Poi in Italia l’hanno rioperata.
«Non subito. Mi facevano lastre, risonanze, e vedevo facce preoccupate. Avevo una gamba quattro centimetri più corta dell’altra. Bisognava ricostruire l’osso, ma prima dovevo aspettare sei mesi: al trocantere sono attaccati i tendini e i muscoli, ed era tutto vivo. Mi hanno operato da sveglio».
Come mai?
«Otto ore di anestesia totale erano troppe. Sentivo le martellate; ma era come se le dessero a un altro».
Martellate?
«L’ortopedico in fondo è un falegname. Mi ha segato il femore a metà, e l’ha sostituito con una sbarra di titanio, circondata da pezzetti delle mie ossa. Una specie di Lego».
E adesso?
«La fisioterapia la faccio per bene e non mi pesa. Sveglia alle sei, prima sessione di un’ora e mezza. Leggo, scrivo, suono, mangio, guardo il lago Trasimeno che luccica laggiù sotto il sole. Poi la seconda sessione. Per marzo sarò in forma».
Cosa succede a marzo?
«Riprendo a suonare. Tournée nei Palasport. PalaJova. Sono curioso di provare la macchina, di vedere come funziona il mio corpo nuovo». (…)
Io credo che a questo mondo esista solo una grande chiesa, che passa da Che Guevara e arriva fino a madre Teresa…». Lo riscriverebbe?
«Certo. Fa parte del mio modo di stare al mondo. Di cogliere il bene, il nuovo, l’energia là dove c’è. Sono più ecumenico del Papa. Vicino a casa c’era un bar, noto ritrovo di fascisti. Poi andavo dagli scout, e il mio capo squadriglia leggeva Lotta Continua in chiesa».
Cosa faceva suo padre in Vaticano?
«Il gendarme. Accompagnò un amico all’esame: scartarono l’amico e presero lui». (…)
Dove abitavate?
«In via Porta Cavalleggeri 107. Un giorno arrivai ad affacciarmi dalla finestra del Papa. Piazza San Pietro era il nostro cortile di giochi». (…)
È vero che Emanuela Orlandi era vostra vicina di casa?
«Sì. Era amica di mia sorella. Anna voleva iscriversi alla scuola di musica vicina a Sant’Apollinare, ma era tutto pieno. Un giorno le telefonarono: si era liberato un posto. Era quello di Emanuela. Per mia sorella divenne un’ossessione. Ha studiato il caso, incontrato suo fratello». (…)
Lei crede in Dio?
«La penso come Jung: conviene credere. Funziona. Se non credi in Dio, in cosa credi? Nel mercato? Nella tecnologia? È bello credere, è bello pensare di essere figli di qualcuno. Credo nell’assoluto più che nella dottrina. Ma fin da bambino mi affascinano la liturgia, i paramenti».
Credere non è una scelta.
«Non sono d’accordo. È una scelta, ed è anche un lavoro, dettato dal destino. Sono un illuminista riluttante. Ho fatto il liceo scientifico, ho una formazione razionale. Ma lascio la porta aperta al mistero, anzi spalancata. E ci passa una corrente travolgente. Una volta Saviano mi invitò in una sua trasmissione a cantare Imagine. Dissi di no».
Perché?
«John Lennon è un grandissimo. Ma non voglio cantare un mondo in cui non esista la religione. Un mondo senza religioni sarebbe peggiore, perché la fede è la cosa più umana di te. Significa far parte di qualcosa di più grande, in cui ti fondi. Il punto non è liberarsi delle religioni; è liberarci».
Come trova Papa Francesco?
«Il Papa è un monarca. Un istituzione. Umanamente, Francesco mi piace, mi diverte, mi emoziona. Gli si vuole bene. Ma l’idea che la Chiesa si debba trasformare in una onlus non mi pare del tutto condivisibile. La Chiesa è trascendenza. È la presenza di Dio nella storia».
Ne parla con molta passione.
«La Chiesa è casa mia. Ci sono nato dentro».
Come immagina l’aldilà?
«Se la risata è un’onda, l’aldilà sarà il punto più alto dell’onda, moltiplicato all’infinito. Il luogo dell’affetto eterno».
Perché affetto, e non amore?
«Perché l’amore è astratto. L’affetto si tocca. È la carezza, la cura».