Paolo Tomaselli per Corriere della Sera
Riportiamo degli estratti dell’intervista che Lele Adani ha rilasciato oggi al Corriere della sera. La fede mi ha migliorato, dice l’ex calciatore.
Metà anni 80, spogliatoio dei Giovanissimi del Modena. Un compagno chiede all’altro cosa vuol fare da grande. Lui risponde «il calciatore». L’amico lo incalza, disincantato: «Ma perché, tu credi davvero di riuscirci?».
E allora lei, Lele Adani, cosa gli ha risposto?
«Non siamo forse qui per questo?».
Crederci sempre, fa la differenza?
«Io non avevo piano B, davo tutto per giocare a calcio».
Il sognatore
Era un sognatore?
«Avevo un sogno, legato a quello che sentivo nel cuore. Ma ero anche molto pratico e sapevo che non mi sarebbe arrivato nulla per niente. Un atteggiamento verso la vita che ho ereditato da mio padre artigiano e da mia madre, operaia».
Tanti si chiedono se lei «ci è o ci fa». I giovani sentono prima degli adulti che è «uno vero»?
«Credo di sì e del resto io mi sento come loro, perché ero anch’io così, senza idoli o esempi. Mi approcciavo al calcio con tutta la purezza e la devozione verso quella magia. Loro sentono come tu tratti la materia e non puoi deluderli. Danno un gran valore all’attenzione che gli dai anche in uno scambio di battute per strada. E questo seguito va rispettato, è una grande responsabilità, che sento molto».
Ci sono momenti in cui la sente maggiormente?
«Ricevo messaggi di ogni tipo: persone che parlano dei loro problemi, sul lavoro, in famiglia, di salute. O chiedono consigli, aiuto. È tutto profondamente umano e l’unico dispiacere è non riuscire a rispondere a tutti. Ma se posso interagisco sempre».
Il ragazzo emiliano
Com’era da ragazzo a San Martino in Rio?
«Totalmente appassionato e curioso di tutto quello che avevo attorno. Non avrei mai accettato un no come risposta alla mia passione, piuttosto mi sarei ammazzato. Anche da giocatore chiedevo molte cose, con gran rispetto. E cercavo di ascoltare tanto: credo che questo nuovo mestiere di comunicatore nasca proprio dalla capacità di ascoltare». (…)
Lei ora è anche un volto Rai e al Mondiale la Bobo Tv sbarcherà sul canale più istituzionale. Rischiate di snaturarvi?
«La chiave è essere se stessi, senza tenersi, senza gestirsi, parlando con la testa e con il cuore nei tempi che ti sono concessi. Se no è troppo facile: ci sono tantissimi ex calciatori che parlano, ma la domanda è “quanti sono interessanti?” Per me, pochi».
Cassano non le spara troppo grosse?
«Antonio è sempre estremo. Ha giocato nel Real e in lui c’è sempre la purezza del ragazzo di Bari Vecchia che non dimentica da dove è partito. Credo che tutti lo trovino interessante: è dirompente e si prende la responsabilità di ciò che dice, coi suoi errori, i colpi di genio, gli eccessi».
Legge anche altre cose, oltre a quelle legate al calcio?
«Rimpiango di non aver studiato, perché non avevo passione. Ho una comunicazione da strada, non da scuola. Faccio con quello che ho, per rispettare il mio compito: avvicinare la gente al calcio».
Dio è amore e la fede mi ha migliorato
È religioso?
«Penso che la fede mi abbia migliorato come uomo. Per me Dio è amore e lo sento, come sento costantemente quello della mia povera mamma, in una canzone, nella brezza mattutina, in una tazza di tè. Lo riconosco ovunque ed è questa la mia forza in più. Non è un percorso di preghiera, ma di avvicinamento costante a Dio».
È geloso della vita privata?
«Cerco di proteggerla e di godermela in silenzio. Convivo da due anni e mi sono trasferito a Milano».
La passione per il calcio sudamericano come nasce?
«Da un viaggio con Almeyda, mio ex compagno. Lì ho visto un calcio più libero e selvaggio, simile a quello di quando ero piccolo. A quello si è aggiunto il fascino del relato, del racconto del calcio. Poesia pura. La mia carriera è nata con il commento alle 4 del mattino della Copa Sudamericana a Sportitalia, con Stefano Borghi. Un piacere puro, un trasporto carnale, perché quel calcio lì tutti ce l’abbiamo dentro di noi: tira fuori il bambino che c’è nelle persone».
Il bambino dentro di lei non sta fermo un attimo?
«Altroché! È in piena attività.