Una pesca. Dal mare o da un tesoro. Pesci buoni nei canestri e cattivi da ributtare; oggetti di valore, in mezzo a cianfrusaglie. L’invito è senz’altro al discernimento, ma anche al coraggio di crescere: perché ogni discepolo è chiamato ad incamminarsi per diventare scriba. Perché chi riceve, è chiamato – prima o dopo, per un motivo o per un altro – a propria volta a servire, nell’incerto equilibrio che richiede un Messia capovolto.
Il Regno dei cieli
Il capitolo 13 del Vangelo di Matteo presente una serie piuttosto ampia di parabole, volte, con una certa evidenza, a mettere in luce un tema particolare: il Regno dei cieli. Che, in effetti, è poi il centro focale di quasi tutte le parabole raccontate da Gesù e, particolarmente, di quelle che costellano il vangelo di Matteo in cui tale argomento risulta d’importanza nodale. Ci fa pensare all’aldilà. Ma è accogliere la volontà di Dio, che è, per antonomasia, l’opera di Dio con l’uomo.
La collocazione nel disegno complessivo
Rispetto al vangelo matteano, il brano liturgico si trova poco prima della metà del lavoro compiuto, essendo al capitolo tredici su ventotto. Segue il capitolo dodicesimo, in cui vediamo inasprirsi le controversie con i farisei, in particolare per ciò che riguarda la purità rituale e le leggi inerenti al rispetto dello shabbat. Tuttavia, si trova verso la fine del capitolo, dopo la parabola del seminatore1 (l’unica che – stando alla lettera del Vangelo – abbia avuto una spiegazione esplicita da parte di Cristo, proprio in seguito alla richiesta sul motivo per cui il rabbi di Galilea si serva di parabole, per parlare del Regno) e due altre piccole parabole sul medesimo argomento.
Una rete nel mare
Una rete, gettata nel mare. Un’immagine familiare, se sei un pescatore, che passa la propria vita sulle rive del lago di Tiberiade, di notte a gettare le reti, di giorno a fare manutenzione alla barca e agli utensili. Nel mare si può trovare di tutto. La rete è come un filtro: più grosse sono le maglie, minore è la selezione; e viceversa. Ecco che allora, a seconda di quale sia l’obiettivo di chi ha gettato la rete per pescare, alcuni pesci saranno ributtati in acqua. Destino che, per loro, è salvezza. In altri luoghi, abbiamo visto come, per gli uomini, valga l’esatto opposto: se Pietro è nominato, con suo fratello Andrea, “pescatore di uomini”2, lo è per la loro salvezza, non per la loro rovina, perché “il figlio dell’uomo è venuto per salvare il mondo, non per condannarlo”3.
Buoni e cattivi
«Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti» (Mt 13, 48)
Considerando anche l’epoca in cui i primi vangeli sono stati composti, quando le prime persecuzioni facevano presagire una “fine dei tempi”, è inevitabile la forte portata escatologica delle parabole evangeliche. Tuttavia, per non perdere di vista l’attualità della Parola, è bene ricordare che c’è un discernimento interiore, che è quotidiano e molto più immediatamente esperibile. Perché buoni e cattivi sono i nostri pensieri, in cui si radicano le nostre azioni4. Per questo, siamo chiamati a fare da “vigile urbano”, domandandoci, per ciascuno, da dove questo provenga, per assicurarci che sia effettivamente utile od edificante. Inutile dire che, ad esempio, la mormorazione non lo è mai. Più utile, anche se spesso molto impegnativo è – piuttosto – cercare un confronto diretto, quando le parole di qualcuno non ci siano chiare: talvolta, potremmo stupirci che, a lungo, ci siamo inutilmente sforzati di comprendere delle motivazioni profonde che, invece, andavano in ben altra direzione e – magari – senz’alcuna intenzione negativa nei nostri riguardi.
Lo scriba, divenuto discepolo
«Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche» (Mt 13, 52)
La precisazione è dirimente, perché sta ad indicare qualcuno che, nella scrittura, si pone in ascolto (è “discepolo”). Significa che accetta di far dialogare la propria libertà con l’insegnamento, in una dialettica che tiene in considerazione l’esperienza del maestro, ma è aperta alla possibilità di apprendere e, quindi, di poter ricambiare, nei confronti di qualcun altro, il servizio di tutorato. È, del resto, il principio su cui Baden-Powell basò lo scoutismo, per cui un capo scout «deve vivere dentro di sé lo spirito del ragazzo»: interiorizzato lo spirito dello scoutismo, che vuole essere una “fraternità di servizio”, per cui anche l’autorevolezza, che necessita il ruolo educativo, ha luogo nella consapevolezza di essere sempre un soggetto d’educazione, perché è un adulto che educa grazie al proprio modo d’essere.
Una nuova estrazione
Forse, tra tante immagini, di cui è ricco il brano evangelico, la più significativa rischia di essere proprio l’ultima: il discernimento tra il vecchio ed il nuovo5, questione atavica di controversie, a tutti i livelli.
Agostino6 vede in quest’accostamento la modalità corretta di lettura della Bibbia, in cui abbiamo un vecchio ed un nuovo testamento, di un’unica alleanza, stipulata tra l’uomo e Dio. Cose nuove ed antiche sono parte di un unico tesoro. Sono, quindi, entrambe preziose. La sfida è poterle accostare, senza giustapporle in modo approssimativo e superficiale, né selezionarle secondo criteri che siano di comodo oppure – brutalmente – di cronologia. Se l’antico prefigura l’avvento di Cristo, è lì che c’è l’origine della novità cristiana; al contempo, pur trovandovi il compimento delle Scritture, non è possibile considerare il nuovo testamento avulso dal precedente; anzitutto, perché è il Vangelo stesso a rimandare alle Scritture precedenti.
Equilibristi, capovolti
Come equilibristi, in bilico, tra due estremità; con una certezza, però. È Cristo la cerniera che ci aiuta a legare insieme vecchio e nuovo. Le radici affondano nel mondo giudaico, nell’attesa messianica del nuovo Davide. C’è però un inatteso in agguato. Un Dio che si mostra capovolto, rispetto alle aspettative. Che si mostra nel piccolo, nel fragile, nel dimenticato. E, in questa scelta preferenziale, che ne caratterizza, da sempre, l’opera, ci suggerisce un indirizzo. Non padroni, ma servi. Per amore, però: perché il servizio è quello di chi si mette a disposizione dell’altrui libertà, perché acquisisca più ampio respiro.
1 Mt 12, 2-9
2 Mt 4, 19
3 Cfr. Gv 12, 47
4 Al riguardo, consiglio due libri interessanti ed accessibili: T. SPIDLÍK, L’arte di purificare il cuore, Lipa, 1999 e F.ROSINI, L’arte della buona battaglia, San Paolo, 2023. Entrambi si basano sugli scritti dei Padri del deserto, con particolare riferimento ad Evagrio Pontico.
5 Il più celebre è, probabilmente, il dibattito, sorto all’Académie Française, durante il XVII secolo, e noto come Querelle des Anciens et des Modernes.
6 Cfr. AGOSTINO, Discorso 74, 5
Vedi anche: A. VENTURA, Il metodo scout. Intuizioni educative e principi formativi, Piste, Franco Angeli, 2013
Fonte immagine: Wikimedia
Rif. Vangelo festivo ambrosiano, nella II Domenica dopo la Dedicazione
VANGELO Mt 13, 47-52
✠ Lettura del Vangelo secondo Matteo
In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai suoi discepoli: «Il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Avete compreso tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì». Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche».