Se, precedentemente, la domanda verteva sull’identità di Gesù1, il figlio del carpentiere che “insegna con autorità”2, l’interrogativo si sposta, invece, sul motivo per cui cercarlo. Il brano liturgico proposto è nel capitolo 6 del Vangelo di Giovanni e segue il racconto della prima (per Marco e Matteo) ed unica (per Luca e Giovanni) moltiplicazione dei pani e dei pesci, cui si accenna all’inizio.
Alla ricerca di Gesù
In realtà, per la folla che lo segue c’è continuità assoluta con l’episodio della “moltiplicazione” dei pani e dei pesci; leggendo però il vangelo3, scopriamo però che si frappone un episodio importante: cioè la camminata di Gesù sulle acque, che spiega lo sbalordimento iniziale, che porta la folla a non capire da dove Gesù sia passato, nel suo ritorno a Caafarnao.
Pane per chi ha fame
«Voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati» (Gv 6,26)
Essere sazi è trovare requie, risolvere un problema che attanaglia la vita dell’uomo di ogni tempo. Se poi lo stomaco è ripempito anche ai familiari, persino la mente è alleggerita di una preoccupazione. Se il lavoro svolto non è particolarmente appagante per il soggetto, chi lavorerebbe, senza necessità di farlo? Chi non preferirebbe “vivere di rendita”? Non è forse questo sogno quasi-impossibile di una vita in cui i soldi non sono un problema a spingere verso il gioco d’azzardo, molto spesso?
Dunque, perché non considerare comprensibile e sensato che, trovando chi sia in grado di riempire le pance senza fare fatica, questa persona diventi “ricercatissima” per il risultato che è in grado di ottenere.
Non solo pancia piena
I versetti del capitolo 6 del Vangelo di Giovanni da 26 a 59 sono noti come “discorso sul pane della vita”: abituati a tranciare linee nette ed invalicabili, la tendendza è quella di contrappore l’astratto al concreto, cioè il pane che risponda alle necessità energetiche del nostro corpo con l’Eucaristia, vista come cibo dello spirito. Scopriamo presto che non basta riempire lo stomaco. È senz’altro necessario, gradevole e anche auspicabile. Probabilmente, consente persino di lavorare, ragionare e studiare meglio. Tuttavia, questo risultato rimane sempre insufficiente.
Tutto pieno
Non avere fame è un risultato da ottenere. Per un animale, è il top della giornata: una volta che ha mangiato, l’animale può riposarsi o, in alcune stagioni dell’anno, accoppiarsi. Ha raggiunto il proprio obiettivo giornaliero: che chiedere di più? All’uomo non basta. L’unione di corpo, mente ed anima è inscindibile. Esaurita la fame di cibo, rimane la fame di relazioni. Come sospira Goethe, nel suo Viaggio in Italia: “Tanta bellezza, e nessuno con cui condividerla”. Riempita la pancia, l’uomo ricerca un’altra pienezza, che si trova sempre rimandata oltre. Ecco, perché Cristo non delude: si fa vicino in un pezzo, ma ci chiede di crescere nel conoscerlo, in compagnia dei fratelli, perché solo così si edifica il corpo di Cristo.
Purificare lo sguardo, per purificare il cuore
La domanda di Cristo – come spesso accade, nelle sue domande – non è autocentrata, nonr iguarda solo il rabbi di Galilea. Cosa cerchiamo, quando cerchiamo? Non è aleatoria come potrebbe sembrare, perché, in realtà ciò che muove la nostra ricerca influenza notevolmente la nostra possibilità di trovare. Cristo si è fatto tangibile: per ciò, ogni domanda che lo riguarda, tocca da vicino la nostra vita. Quante volte rischiamo di guardare all’altro per quello che ci è utile, per quanto è efficiente, per come ci fa stare. Tutto molto umano e, in certa misura, anche legittimo. A volte, rischiamo di dimenticarci che l’amore autentico ama l’altro per l’altro, non per quello che ne ottengo. Amare l’altro significa lasciargli esprimere la sua autenticità, anche quando comporta un passo indietro, perché abbia spazio il suo essere diverso da me.
L’opera della fede
In ultimo, più della domanda (“Che cosa dobbiamo fare per compiere l’opera di Dio”), il pungolo risiede nella risposta di Cristo (“Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato”). La domanda richiede cosa ci sia da fare. La risposta afferma che non si tratta di fare. La fede è l’opera. Quindi: non dobbiamo fare nulla? No, ma non è quello il centro. Il centro irradiante di un cristiano è la fede. Essa lo muove alla ricerca del volto di Dio, che può trovare in vari modi, a seconda del progetto di Dio e dei carismi particolari. La fede risponde all’amore: è una risposta ineguale e, probabilmente, sempre inadeguata perché, se noi possiamo amare, Dio è la fonte di ogni amore. Dio, però non ci chiede di amare quanto lui, nonc i chiede un’opera superiore alle nostre forze, ma di metterci in ascolto per imparare dalla sorgente stessa come amare.
Tratto da: Sulla strada di Emmaus
1 Vd. Lc 9,18-12
2 Mc 1, 27
3 l’episodio della camminata sulle acque è riportato da tre vangeli: Matteo (Mt 14,22-33), Marco (6,45-52) e Giovanni (6, 16-21), ma solo il primo riporta la pericope (28-32) in cui anche Pietro cammina sulel acque.
Rif. Vangelo festivo ambrosiano, IV Domenica dopo la Decollazione del Battista
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