La pandemia da Covid-19 ha acuito i divari socio-economici in molti Paesi, soprattutto nei contesti più vulnerabili del mondo, dove gli interventi pubblici di contrasto alle disuguaglianze hanno in molti casi mostrato livelli di grave inadeguatezza.
Il rapporto Oxfam
A rivelarlo è il nuovo rapporto di Oxfam e Development finance international (Dfi), pubblicato in occasione degli Annual meetings del Fondo monetario internazionale e della Banca mondiale, in programma dal 14 al 16 ottobre a Washington. Il dossier passa in rassegna le politiche fiscali e del lavoro e alcuni capitoli della spesa pubblica (istruzione, sanità e protezione sociale) in 161 Paesi del mondo durante il primo biennio pandemico. Nonostante il mondo abbia dovuto affrontare la peggiore crisi sanitaria degli ultimi cent’anni, metà dei Paesi a basso e medio-basso reddito ha registrato una contrazione della spesa sanitaria, in rapporto alla spesa pubblica complessiva.
Tagli alla spesa sociale
Quasi la metà di tutti i Paesi esaminati (77) sono stati interessati da tagli alla spesa sociale e il 70% dei Paesi ha ridotto la propria spesa per l’istruzione. Nonostante la povertà lavorativa e l’impennata dell’inflazione due terzi dei Paesi analizzati non hanno incrementato i salari minimi nel biennio 2020-2021. 143 governi su 161 non hanno fatto ricorso ad aumenti del prelievo sui redditi o sui patrimoni più elevati e 11 Paesi hanno persino ridotto il carico fiscale sui cittadini più facoltosi. A pesare sugli spazi di manovra nei Paesi in via di sviluppo sono, in larga parte, le consistenti esposizioni debitorie.
I governi non hanno aiutato famiglie e imprese
Nel solo 2021 i Paesi a basso reddito hanno speso il 27,5% delle risorse pubbliche per il servizio del debito interno ed estero: il doppio di quanto speso in istruzione, quattro volte la spesa per la sanità e 12 volte la spesa per la protezione sociale. “Nonostante innumerevoli precedenti storici – denuncia Oxfam – la maggior parte dei Paesi non ha optato nel biennio 2020-2021 per un incremento dell’imposizione su redditi o patrimoni più elevati o per la tassazione straordinaria degli extra-profitti pandemici incamerati da operatori in settori economici, come il settore farmaceutico, l’It o il settore del commercio online, che hanno visto incrementare congiunturalmente la domanda per i propri beni e servizi. Così facendo, i governi hanno rinunciato a risorse importanti per supportare chi – tra famiglie e imprese – ha subito i contraccolpi più duri della crisi”
In Italia si sono attenuate le diseguaglianze
“Nel contesto italiano i temporanei, massicci interventi compensativi di welfare, hanno contribuito ad attenuare le disuguaglianze di reddito nel primo biennio pandemico. Ciò non deve tuttavia indurre all’ottimismo, se si considera che la riduzione delle disparità si è accompagnata con un calo dei redditi per una quota ampia della popolazione meno abbiente. Le sfide del momento – la crisi energetica, la crescente inflazione e i rischi di recessione – rischiano di qui in avanti di esacerbare ulteriormente le disparità”. Lo dice oggi Oxfam, nel nuovo rapporto realizzato insieme a Development finance international, pubblicato in occasione degli Annual meetings del Fondo monetario internazionale e della Banca mondiale, in programma dal 14 al 16 ottobre a Washington.
Desta allarme la sottovalutazione dei divari economici
“Mentre non è ancora noto come il nuovo governo intenderà agire contro il caro-energia e il caro-vita, desta allarme la sottovalutazione dei divari economici e sociali che lacerano il nostro Paese e l’indifferenza verso efficaci ed eque misure politiche redistributive e pre-distributive in grado di porvi rimedio – afferma Mikhail Maslennikov, policy advisor su giustizia economica di Oxfam Italia -. Con riferimento alle politiche fiscali, del lavoro e della spesa pubblica non c’è da aspettarsi dalla nuova compagine governativa, stando ai programmi elettorali, un potenziamento della portata redistributiva del nostro sistema fiscale, interventi robusti orientati a promuovere minimi salariali adeguati, contrastare la povertà lavorativa, ridisegnare un welfare pubblico universalistico, al passo con le dinamiche demografiche e le trasformazioni del mercato del lavoro. Preoccupano inoltre le sorti del reddito di cittadinanza che invece di essere reso uno strumento di contrasto alla povertà più equo ed efficiente, rischia la cancellazione”. (Agenzia Sir)