Papa Francesco nella Basilica di San Pietro ha presieduto la messa in occasione della terza Giornata mondiale dei nonni e degli anziani, che quest’anno ha come tema “Di generazione in generazione la sua misericordia” (Lc 1, 50). Alla messa partecipano oltre 6.000 persone, di cui molti anziani provenienti da tutta Italia: nonni accompagnati dai nipoti e dalle famiglie, anziani ospiti di case di riposo e Rsa, oltre a tanti anziani impegnati nella vita parrocchiale, diocesana e associativa.
Non emarginiamo gli anziani
Papa Francesco ha richiamato “a vigilare perché nelle nostre vite e nelle nostre famiglie non emarginiamo i più anziani”. “Stiamo attenti che le nostre città affollate non diventino dei ‘concentrati di solitudine’ – ha affermato -; non succeda che la politica, chiamata a provvedere ai bisogni dei più fragili, si dimentichi proprio degli anziani, lasciando che il mercato li releghi a ‘scarti improduttivi'”. “Non accada che, a furia di inseguire a tutta velocità i miti dell’efficienza e della prestazione, diventiamo incapaci di rallentare per accompagnare chi fatica a tenere il passo”, ha aggiunto il Pontefice. Il Papa ha invitato a sconfiggere “gli individualismi e gli egoismi”, cosa che “ci aiuta a generare un mondo più umano e fraterno”. “Per favore, mescoliamoci, cresciamo insieme – ha esortato. “Fratelli, sorelle, la Parola divina ci invita a non separare, a non chiuderci, a non pensare di potercela fare da soli, ma a crescere insieme – ha detto ancora -. Ascoltiamoci, dialoghiamo, sosteniamoci a vicenda. Non dimentichiamo i nonni e gli anziani: per una loro carezza tante volte siamo stati rialzati, abbiamo ripreso il cammino, ci siamo sentiti amati, siamo stati risanati dentro”. “Loro si sono sacrificati per noi e noi non possiamo derubricarli dall’agenda delle nostre priorità”, ha concluso Francesco.
Alleanza tra giovani e anziani
Veniamo al mondo nella piccolezza, diventiamo adulti, poi anziani; all’inizio siamo un piccolo seme, poi ci nutriamo di speranze, realizziamo progetti e sogni, il più bello dei quali è diventare come quell’albero, che non vive per sé stesso, ma per fare ombra a chi lo desidera e offrire spazio a chi vuole costruirci il nido”. Lo ha detto papa Francesco nell’omelia della messa in San Pietro per la terza Giornata mondiale dei nonni e degli anziani. “Penso ai nonni – ha proseguito -: come sono belli questi alberi rigogliosi, sotto i quali figli e nipoti realizzano i propri ‘nidi’, imparano il clima di casa e provano la tenerezza di un abbraccio. Si tratta di crescere insieme: l’albero verdeggiante e i piccoli che hanno bisogno del nido, i nonni con i figli e i nipoti, gli anziani con i più giovani”. “Abbiamo bisogno di una nuova alleanza tra giovani e anziani – ha quindi aggiunto il Pontefice -, perché la linfa di chi ha alle spalle una lunga esperienza di vita irrori i germogli di speranza di chi sta crescendo. In questo scambio fecondo impariamo la bellezza della vita, realizziamo una società fraterna, e nella Chiesa permettiamo l’incontro e il dialogo fra la tradizione e le novità dello Spirito”.
La croce del Pellegrino
Al termine della celebrazione, cinque anziani – in rappresentanza dei cinque continenti – hanno consegnato simbolicamente la Croce del pellegrino della Gmg a cinque giovani in partenza per Lisbona, a significare la trasmissione della fede di generazione in generazione. “Il gesto di invio vuole anche rappresentare l’impegno che gli anziani e i nonni hanno accolto, su invito del Santo Padre, di pregare per i giovani in partenza e di accompagnarli con la loro benedizione”, si legge in una nota del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita. A tutti i partecipanti alla celebrazione in San Pietro, la Diocesi di Roma ha consegnato la preghiera per la Terza Giornata Mondiale e il messaggio di papa Francesco ai nonni e agli anziani.
I cinque anziani
I cinque anziani erano: sr. Martin de Porres, indiana, missionaria della Carità, di 82 anni, che vive nella casa regionale di San Gregorio al Celio a Roma e Porres prega quotidianamente per i giovani in partenza per la Gmg; il sig. Gebremeskel, eritreo, 76 anni, membro anziano della comunità cattolica eritrea di Roma, che vive in Italia da 50 anni; la sig.ra América, del Perù, che vive da sola a Roma da 23 anni e ha 70 anni, ed è inserita in un’ampia rete di amici che vive come se fossero la sua famiglia; il sig. Michele, 67 anni, romano, socio membro dell’Azione Cattolica Italiana, nonno di 2 nipoti; la sig.ra Philippa, australiana, sposata con un italiano, ha 81 anni ed è nonna di quattro nipoti. Questi i cinque giovani: Ambrose, ultimo di otto figli, è dell’Uganda e ha 27 anni, missionario ardorino, partirà per Lisbona dove parteciperà alla Gmg con il suo gruppo; dall’Australia proviene Koe di origine filippina che di anni ne ha 22, mentre il pellegrinaggio verso Lisbona del suo gruppo della Pastorale Giovanile Australiana sta facendo tappa a Roma da ieri, prima di proseguire verso il Portogallo; Aleesha è una giovane di 22 anni, di origine indiana, vive a Bologna dove studia Farmacia all’università, e andrà alla Gmg con un gruppo di 25 giovani indiani cattolici di cui fa parte; Mateja, croata di 29 anni, vive a Roma ed è volontaria del Centro Internazionale Giovanile San Lorenzo – il centro che custodisce la Croce delle Gmg e che accoglie annualmente migliaia di pellegrini, e andrà alla Gmg con un gruppo di giovani del Centro San Lorenzo; Fabiola, messicana, 27 anni, è anche lei volontaria al Centro San Lorenzo, andrà alla Giornata Mondiale della Gioventù con Mateja.
Messaggio ai giovani
“A voi giovani che siete in partenza per Lisbona per la Giornata della Gioventù auguro una buona strada. E vi auguro di arrivare con gioia a quell’incontro”. E “fare questa strada è mettersi in cammino. La vita è così: mettersi in cammino e i giovani hanno la vocazione a mettersi in cammino. Andate avanti, coraggiosamente, guardando sempre dove voi volete arrivare”. Papa Francesco, con un inatteso messaggio attraverso il quotidiano Avvenire, ha voluto rivolgersi ai giovani italiani che stanno per mettersi in cammino verso la Gmg. In un video registrato in occasione di un recente incontro in Vaticano, ad occhi chiusi, scegliendo le parole una ad una, il Pontefice parla del senso della “strada”, di quell'”andare avanti”, del “coraggio” e della “gioia” necessari, e dello stare “non da soli”. Un messaggio spontaneo, che è frutto appunto di un incontro. Papa Francesco ha incontrato e ascoltato Bentolo, il giovane camerunense sfuggito alle torture in Libia e che nel campo di prigionia si era fatto da tramite con don Mattia Ferrari, cappellano di Mediterranea Saving Humans, per pregare di nascosto in videochiamata insieme agli altri prigionieri cristiani dei guardacoste libici. Al termine dell’incontro, dopo uno scambio di idee durato oltre un’ora, in uno slancio spontaneo, il Papa chiede di tirar fuori i telefoni. È arrivato così il messaggio di Papa Francesco in video e audio per i giovani italiani che stanno per mettersi in cammino verso il Portogallo. E il sentiero percorso dagli ultimi, dagli scartati, dalle vittime di quella che papa Francesco chiama “globalizzazione dell’indifferenza”, richiama perciò alla necessità di un diverso saper percorrere insieme “la strada”. Ai giovani che si recano alla Giornata mondiale della Gioventù suggerisce di mettersi in viaggio, verso Lisbona come verso la vita di ogni giorno, “con quella mistica del cammino che è sempre vicino agli altri e non da soli”.
L’Angelus
Usa un proverbio popolare Papa Francesco: non “gettar via il bambino insieme all’acqua sporca” per spiegare le parole del Vangelo di oggi. Prima della recita dell’ Angelus a mezzogiorno, il Papa riflette e dice che “Gesù parla del nostro mondo, che in effetti è come un grande campo, dove Dio semina grano e il maligno zizzania, e perciò crescono insieme bene e male. Lo vediamo dalle cronache, nella società, e anche in famiglia e nella Chiesa.”
Ma c’è un campo dove poter fare pulizia: “è il campo del cuore, l’unico su cui possiamo intervenire direttamente” ed “è il campo della libertà: non è un laboratorio asettico, ma uno spazio aperto e perciò vulnerabile” e per capire se cresce il bene o il male c’è “l’esame di coscienza, che serve proprio a verificare, alla luce di Dio, che cosa succede nel campo del cuore”. Oltre il campo del mondo e del cuore c’è quello che il Papa chiama il campo del vicino, “le persone che frequentiamo ogni giorno e che spesso giudichiamo..come ci piace spellare gli altri!”. Ma “se vogliamo coltivare i campi della vita, è importante ricercare anzitutto l’opera di Dio: imparare a vedere negli altri, nel mondo e in sé stessi la bellezza di quanto il Signore ha seminato” e dobbiamo chiedere la “grazia di saperlo scorgere in noi, ma anche negli altri, cominciando da chi ci sta vicino. Non è uno sguardo ingenuo, è uno sguardo credente, perché Dio, agricoltore del grande campo del mondo, ama vedere il bene e farlo crescere fino a fare della mietitura una festa!”.
Conclude il Papa con una serie di domande proprio come un esame di coscienza: “so vincere la tentazione di “fare di ogni erba un fascio”, di fare piazza pulita degli altri con i miei giudizi? Poi, pensando al campo del cuore: sono onesto nel ricercare in me le piante cattive e deciso nel gettarle nel fuoco della misericordia di Dio? E, pensando al campo del vicino: ho la sapienza di vedere ciò che è buono senza scoraggiarmi per i limiti e le lentezze altrui?”.
Con il Papa alla finestra del Palazzo apostolico un nipote e una nonna e ha ricordato lo scambio di consegna della Croce della GMG e l’invito alla scambio tra generazioni.
Il Papa ha poi parlato degli eventi climatici estremi, e ha rinnovato l’appello per far qualcosa di concreto per proteggere la casa comune, è un sfida urgente.
Poi il ricordo del dramma dei migranti intrappolti in aree desertiche e il Papa chiede l’urgente soccorso ai responsabili delle nazioni , e il Mediterraneo, dice, non sia mai più teatro do morte e disumanità. Infine la preghiera per la Ucraina con un pensiero ad Odessa dove è stata colpita la cattedrale.