Il commento al Vangelo di oggi, domenica 23 luglio, di Don Giulio Dellavite.
Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù espose un’altra parabola: «Il regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi lo stelo crebbe e fece frutto, spuntò anche la zizzania. Allora i servi andarono dal padrone: “Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene la zizzania?”. Ed egli rispose loro: “Un nemico ha fatto questo!”. E i servi: “Vuoi che andiamo a raccoglierla?”. “No, rispose, perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponètelo nel mio granaio”». Espose loro un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata».
Il commento al Vangelo
“Nonna, cos’è l’amore?”. “È quel sorriso che avrai sul viso quando da grande mi penserai”. Da adulti certi sorrisi, quelli che nascono dentro, sono rari. Viene anche a noi da dire a Dio: “Ma tu non eri quello che seminava il buon seme? Da dove viene il male?”. Sono nato in un paese contadino della pianura bergamasca e la sapienza dei nonni aveva la natura come maestra. Osservando i campi di grano con le spighe biondeggianti, se ne notano alcune alte e solenni, altre umili e abbassate. Quelle tronfie e presuntuose sono dritte perché sono vuote, le altre hanno la testa piegata perché pesante, piena di chicchi. E poi c’è la zizzania. Non è solo superba come quelle vuote, ma risucchia nutrimento al terrenoprivandone chi ha vicino. Proviamo a chiederci: chi o cosa a me sembra ammaliante, ma in realtà è vuoto o addirittura succhia energia e mi logora. Un passo in più, con coraggio: e io come sono?
Papa Francesco
Papa Francesco ha dedicato questa domenica ai nonni perché mercoledì 26 è la festa dei Santi Anna e Gioacchino, i genitori della Madonna e quindi i nonni di Gesù. Loro – come spighe nascoste, umili, con l’anima piena – sono stati nella normalità e in modo straordinario ciò che simbolicamente si ricorda il 2 ottobre, giorno che la liturgia dedica agli angeli custodi. Chi è così è un lievito di senso che fa crescere e genera grazia: Maria è “la piena di grazia”, Gesù è fonte e culmine di grazia. “Anime di ferro” come loro hanno reso noi “colmi di grazia”. Mentre ripensavo a tanti volti, mi è venuto un collegamento alla statua della libertà a New York e alla Tour Eiffel a Parigi. La “freedom” americana e la “grandeur” francese, da una parte e dall’altra dell’oceano, sembrano opposte eppure sono gemelle, progettate dal medesimo ingegnere: Gustave Bonickhausen (che a Parigi si faceva chiamare Eiffel). Poco prima di progettare “la Tour en fer de 300 mètres”, voluta dalla città di Parigi per l’EXPO universale del 1889, Eiffel era stato chiamato a New York tre anni prima, nel 1886, perché “Miss Liberty” aveva il problema strutturale diresistere al forte vento della baia e lo scultore Auguste Bartholdi si era rivolto a lui come maggior esperto di ponti in ferro.
L’anima di ferro
L’anima di ferro è la robustezza nascosta, tipica dei nonni, che è il far lievitare una vita buona e piena. E di fronte a difficoltà o zizzania, il Vangelo (come i nonni) ci insegnano: Non lasciar correre! Non far finta di niente! Però non agire impulsivamente! E non essere superficiale! Datti tempo! Datti la possibilità di verificare! Datti dei no! Datti il diritto di cercare l’anima dentro le cose! Non tutti gli errori sono sconfitte e non tutte le vittorie servono a renderci migliori. Non dobbiamo avere mai paura del male degli altri, del negativo che logora o dei nostri errori frustranti. Essenziale è avere il terrore di non saper imparare dagli sbagli. Curare di avere un’interiorità piena e un’anima di ferro è il segreto dell’amore dei nonni, anche se non li vedi più: come lievito fanno crescere la vita da dentro, generano grazia. È il sorriso che si ha sul viso quando da grandi si pensa a loro.