Il Papa affronta il tema della malattia: “Mi sta molto a cuore: la sofferenza e la malattia sono avversarie da affrontare, ma è importante farlo in modo degno dell’uomo, in modo umano, diciamo così: rimuoverle, riducendole a tabù di cui è meglio non parlare, magari perché danneggiano quell’immagine di efficienza a tutti i costi, utile a vendere e a guadagnare, non è certamente una soluzione”. Bergoglio affronta l’argomento nel corso dell’udienza ai partecipanti all’Assemblea plenaria della Pontificia Commissione Biblica.
“La nostra natura ferita – dice – porta inscritta in sé anche le realtà del limite e della finitudine, e patisce le contraddizioni del male e del dolore. Tutti vacilliamo sotto il peso di queste esperienze e occorre aiutarci ad attraversarle vivendole in relazione, senza ripiegarsi su sé stessi e senza che la legittima ribellione si trasformi in isolamento, abbandono o disperazione”.
la malattia
Bergoglio affronta il tema della malattia indicando due atteggiamenti: “compassione e inclusione. La prima, indica l’atteggiamento ricorrente e caratterizzante del Signore nei confronti delle persone fragili e bisognose che incontra. Vedendo i volti di tanta gente, pecore senza pastore che faticano a orientarsi nella vita, Gesù si commuove. Ha compassione della folla affamata e sfinita e accoglie senza stancarsi gli ammalati, di cui ascolta le richieste”.
Si tratta, osserva il Pontefice, di “compassione che porta alla vicinanza. Tutto ciò rivela un aspetto importante: Gesù non spiega la sofferenza, ma si piega verso i sofferenti. Non si accosta al dolore con incoraggiamenti generici e consolazioni sterili, ma ne accoglie il dramma, lasciandosene toccare”.
l’inclusione
“La Sacra Scrittura – osserva in proposito – è illuminante in questo senso: non ci lascia un prontuario di parole buone o un ricettario di sentimenti, ma ci mostra volti, incontri, storie concrete”. Il secondo atteggiamento di cui parla Francesco è legato all’inclusione: “Anche se non è un vocabolo biblico, questa parola esprime bene un tratto saliente dello stile di Gesù: il suo andare in cerca del peccatore, dello smarrito, dell’emarginato, dello stigmatizzato, perché siano accolti nella casa del Padre. Ma l’inclusione abbraccia anche un altro aspetto: il Signore desidera che si risani la persona tutta intera, spirito, anima e corpo. A poco infatti gioverebbe una guarigione fisica dal male senza un risanamento del cuore dal peccato. C’è una risanazione totale: corpo, anima e spirito”.
Il Pontefice, nel discorso alla Pontificia Commissione Biblica, invita a non ideologizzare la fede: “La Parola di Dio è un antidoto potente nei riguardi di ogni chiusura, astrazione e ideologizzazione della fede: letta nello Spirito in cui è stata scritta, accresce la passione per Dio e per l’uomo, innesca la carità e ravviva lo zelo apostolico. Perciò la Chiesa ha la costante necessità di abbeverarsi alle sorgenti della Parola”.
“Purtroppo, in molte parti del mondo, ci sono ancora persone e famiglie isolate e spinte ai margini della vita sociale a causa della disabilità. E questo non solo nei Paesi più poveri, dove vive la maggior parte di esse e dove tale condizione le condanna spesso alla miseria, ma anche in contesti di maggior benessere: qui a volte l’handicap è considerato una ‘tragedia personale’ e i disabili sono ‘esiliati occulti’ che vengono trattati come corpi estranei della società”, ha continuato il Papa.
la cultura dello scarto
“La cultura dello scarto, in effetti, – il dolore del Pontefice – non ha confini. Vi è chi presume di poter stabilire, in base a criteri utilitaristici e funzionali, quando una vita ha valore ed è degna di essere vissuta. Questo tipo di mentalità può portare a gravi violazioni dei diritti delle persone più deboli, a forti ingiustizie e disuguaglianze là dove ci si lascia guidare prevalentemente dalla logica del profitto, dell’efficienza o del successo. Ma c’è anche, nell’odierna cultura dello scarto, un aspetto meno visibile e molto insidioso che erode il valore della persona con disabilità agli occhi della società e ai suoi stessi occhi: è la tendenza che porta a considerare la propria esistenza un peso per sé e per i propri cari. Ill diffondersi di questa mentalità trasforma la cultura dello scarto in cultura di morte”.
“In fondo, ‘le persone non sono più sentite come un valore primario da rispettare e tutelare, specie se povere o disabili, non servono ancora’ – come i nascituri – o ‘non servono più’ – come gli anziani . Questo è molto importante, – evidenzia Bergoglio – i due estremi della vita: i nascituri con disabilità si abortiscono, e agli anziani in fase finale si fa la ”dolce morte”, l’eutanasia, un’eutanasia travestita, sempre, ma è eutanasia alla fine. Combattere la cultura dello scarto significa promuovere la cultura dell’inclusione – vanno uniti -, creando e rafforzando i legami di appartenenza alla società.
Gli attori protagonisti di questa azione solidaristica sono coloro che, sentendosi corresponsabili del bene di ciascuno, si adoperano per una maggiore giustizia sociale e per rimuovere le barriere di vario genere che impediscono a tanti di godere dei diritti e delle libertà fondamentali. I risultati ottenuti con tali azioni sono maggiormente visibili nei Paesi economicamente più sviluppati. In questi Paesi, generalmente, le persone con disabilità hanno diritto a prestazioni sanitarie e sociali, e, sebbene non manchino le difficoltà, sono incluse in molteplici ambiti della vita sociale: da quello educativo a quello culturale, da quello lavorativo a quello sportivo. Nei Paesi più poveri tutto ciò dev’essere ancora in gran parte realizzato”. Da qui il monito: “I governi che si impegnano in tal senso vanno incoraggiati e sostenuti dalla comunità internazionale. Allo stesso modo, è doveroso sostenere anche le organizzazioni della società civile, poiché senza la loro capillare azione solidaristica in molto luoghi le persone sarebbero abbandonate a sé stesse”.(Adnkronos).
Foto: Vatican Media