“Avete avuto tante sfide nel corso della vostra storia, lunga e travagliata, la quale in passato ha pure visto dei fratelli nella fede commettere contro di voi azioni sciagurate, insensibili alle peculiarità della vostra fiorente Chiesa”. Così Papa Francesco si è rivolto oggi in udienza ai fedeli della Chiesa indiana Siro-Malabarese. “Eppure – ha continuato il Papa – siete rimasti fedeli al Successore di Pietro. E io sono felice oggi di accogliervi e di confermarvi nella gloriosa eredità che avete ricevuto e che portate avanti. Voi siete obbedienti, e dove c’è obbedienza c’è Ecclesia; dove c’è disobbedienza c’è lo scisma. E voi siete obbedienti, questa è una gloria vostra: l’obbedienza. Anche con la sofferenza, ma andare avanti”.
Le parole di Papa Francesco
L’incontro di oggi sancisce la fine del conflitto ingeneratosi nei mesi scorsi dopo che il Sinodo dei Vescovi del 2021 aveva raggiunto un compromesso per la celebrazione della messa secondo la riforma del Concilio Vaticano II: la liturgia della parola si sarebbe celebrata ‘coram populo’, con il celebrante rivolto verso l’assemblea dei fedeli, mentre il resto della messa si sarebbe celebrato rivolti verso l’altare. Circa 400 sacerdoti si dichiararono disposti a ricevere la scomunica pur di non abbandonare la liturgia della messa tradizionale. Nel giugno 2023 papa Francesco ha rimosso i vertici della chiesa locale, accettando anche le dimissioni del cardinale George Alencherry e del vescovo Andrew Thazhath. Oggi il gruppo dei fedeli siro-malabaresi era accompagnato in Vaticano dall’arcivescovo maggiore Raphael Thattil, in carica dal 10 gennaio scorso e al suo primo viaggio a Roma dopo l’elezione. “È stata bella l’elezione!”, ha sottolineato il papa ‘a braccio’ con compiacimento.
Le tradizioni orientali
“Le tradizioni orientali sono tesori imprescindibili nella Chiesa – ha sottolineato il Pontefice -. Specialmente in un tempo come il nostro, che taglia le radici e misura tutto, purtroppo anche l’atteggiamento religioso, sull’utile e sull’immediato, l’Oriente cristiano permette di attingere a fonti antiche e sempre nuove di spiritualità”. Secondo Francesco, “queste fresche sorgenti apportano vitalità alla Chiesa ed è perciò bello per me, in quanto Vescovo di Roma, incoraggiare voi, fedeli cattolici siro-malabaresi, ovunque vi troviate, a ben coltivare il senso di appartenenza alla vostra Chiesa ‘sui iuris’, affinché il suo grande patrimonio liturgico, teologico, spirituale e culturale possa ancor più risplendere”.
“Ho detto a Sua Beatitudine – ha proseguito – di chiedere la giurisdizione per tutti i vostri migranti in tante parti del Medio Oriente. Ho detto che devono chiedere la giurisdizione con le carte, ma io oggi ho dato già la giurisdizione e possono agire con questo. Si deve fare anche tramite le carte, ma da oggi potete”. “Io desidero aiutarvi, senza però sostituirvi, proprio perché la natura della vostra Chiesa ‘sui iuris’ vi abilita, oltre che ad un esame attento delle varie situazioni, anche ad adottare i provvedimenti opportuni per affrontare con responsabilità e coraggio evangelico, fedeli alla guida dell’Arcivescovo Maggiore e del Sinodo, le prove che state attraversando. È quello che vuole la Chiesa: fuori da Pietro, fuori dall’Arcivescovo Maggiore non è Ecclesia”, ha aggiunto.
In tal senso, ha continuato il Papa, “negli ultimi tempi ho indirizzato delle lettere e ho rivolto ai fedeli un videomessaggio per avvertirli della pericolosa tentazione di volersi concentrare su un dettaglio, a cui non si vuole rinunciare, a discapito del bene comune della Chiesa”. “È la deriva dell’autoreferenzialità – ha avvertito -, che porta a non sentire nessun’altra ragione se non la propria. In spagnolo, noi diciamo che questa autoreferenzialità si dice ‘yo, me, mi, con migo, para mi’: io, me, mi, con me, per me, tutto per me”.
Il diavolo esiste
“Ed è qui che il diavolo – il diavolo esiste -, il divisore, si insinua, contrastando il desiderio più accorato che il Signore ha espresso prima di immolarsi per noi: che noi, suoi discepoli, fossimo ‘una sola cosa’ (Gv 17,21), senza dividerci, senza rompere la comunione”, ha detto ancora: “Custodire l’unità, dunque, non è una pia esortazione, ma un dovere, e lo è soprattutto quando si tratta di sacerdoti che hanno promesso obbedienza e da cui il popolo credente si aspetta l’esempio della carità e della mansuetudine”.
“Beatitudine, lavoriamo con determinazione per custodire la comunione e preghiamo senza stancarci perché i nostri fratelli, tentati dalla mondanità che porta a irrigidirsi e a dividere, possano rendersi conto di essere parte di una famiglia più grande, che vuole loro bene e li aspetta – ha affermato Francesco in merito ai preti ‘ribelli’ -. Come il Padre nei riguardi del figlio prodigo, lasciamo le porte aperte e il cuore aperto perché, una volta ravveduti, non trovino difficoltà ad entrare (cfr Evangelii gaudium, 46): li aspettiamo”. “Con una certezza: che l’orgoglio, le recriminazioni, le invidie non vengono dal Signore e non portano mai alla concordia e alla pace – ha concluso il Pontefice -: Il criterio guida, quello veramente spirituale, quello che deriva dallo Spirito Santo, è la ‘comunione’: significa verificarsi sull’adesione all’unità, sulla custodia fedele e umile, rispettosa e obbediente dei doni ricevuti”.