“Mi piace il lavoro che voi fate, il lavoro del cinema”. Lo ha detto papa Francesco, parlando ‘a braccio’, durante l’udienza di stamane in Vaticano ai membri della Fondazione Ente dello Spettacolo, prima di far consegnare loro il testo scritto del suo discorso.
Dare vita è poetica
“Mi piace il lavoro che fate, il lavoro del cinema, il lavoro dell’arte, il lavoro della bellezza come grande espressione di Dio, che e’ sempre stata lasciata da parte, o almeno nell’angolo”, ha spiegato il Papa nel suo discorso ‘a braccio’ rivolto ai presenti. “I libri di teologia parlano tanto del verum, della verita’; parlano del bonum; del bello, della bellezza, non tanto – ha osservato -: il bello e’ come l”ancilla’. Sembrava che non c’entrasse, nella riflessione teologico-pastorale, riflettere sulla bellezza. Quella bellezza che ci salvera’, come ha detto qualcuno; quella bellezza che e’ l’armonia, opera dello Spirito Santo”. “E poi – ha aggiunto -, se vogliamo qualificare le grandi opere del cinema, possiamo dire che un buon motivo sono gli attori, si’, ma soltanto le opere che sono riuscite a esprimere l’armonia, sia nella gioia, sia nel dolore, l’armonia umana, sono quelle che passano alla storia. Per questo ringrazio per il vostro lavoro”. “E’ un lavoro evangelico – ha concluso -. Anche un lavoro poetico, perche’ il cinema e’ poesia: dare vita e’ poetica. E ringrazio tanto per il vostro cammino: andate avanti, andate avanti, dietro ai grandi. Voi, come italiani, avete una storia gloriosa su questo, una storia gloriosa. Continuate avanti”.
L’udienza con la Pontificia Accademia per la Vita
“Nella rete delle relazioni, sia soggettive che comunitarie, la tecnologia non puo’ soppiantare il contatto umano, il virtuale non puo’ sostituire il reale e nemmeno i social l’ambito sociale. La tentazione del virtuale sul reale e’ una tentazione brutta”. Cosi’ il Papa ricevendo stamane in udienza i membri della Pontificia Accademia per la Vita in occasione della 28/a Assemblea generale, che si svolge in Vaticano da oggi a mercoledi’ sul tema “Converging on the person. Emerging Technologies for the Common Good”, quindi sul rapporto tra persona, tecnologie emergenti e bene comune. “E’ evidente che la forma tecnologica dell’esperienza umana sta diventando ogni giorno piu’ pervasiva: nelle distinzioni tra ‘naturale’ e ‘artificiale’, ‘biologico’ e ‘tecnologico’, i criteri con cui discernere il proprio dell’umano e della tecnica diventano sempre piu’ difficili – ha detto -. Percio’ e’ importante una seria riflessione sul valore stesso dell’uomo. Occorre, in particolare, ribadire con decisione l’importanza del concetto di coscienza personale come esperienza relazionale, che non puo’ prescindere ne’ dalla corporeita’ ne’ dalla cultura”. Secondo Francesco, “anche all’interno dei processi di ricerca scientifica la relazione tra persona e comunita’ segnala risvolti etici sempre piu’ complessi. Ad esempio in ambito sanitario, dove la qualita’ dell’informazione e dell’assistenza del singolo dipende in gran parte dalla raccolta e dallo studio dei dati disponibili”. “Qui – ha sottolineato – si deve affrontare il problema di coniugare la riservatezza dei dati della persona con la condivisione delle informazioni che la riguardano nell’interesse di tutti. Sarebbe egoistico, infatti, chiedere di essere curati con le migliori risorse e competenze di cui la societa’ dispone senza contribuire ad accrescerle”.
Accesso a cure a vantaggio di tutti
“Penso all’urgenza che la distribuzione delle risorse e l’accesso alle cure vadano a vantaggio di tutti, perche’ siano ridotte le disuguaglianze e sia garantito il sostegno necessario specialmente ai soggetti piu’ fragili, come le persone disabili, ammalate e povere. Per questo occorre vigilare sulla velocita’ delle trasformazioni, sull’interazione tra i cambiamenti e sulla possibilita’ di garantirne un equilibrio complessivo”. Lo ha detto papa Francesco ricevendo stamane in udienza i membri della Pontificia Accademia per la Vita in occasione della 28/a Assemblea generale, sul tema “Converging on the person. Emerging Technologies for the Common Good”. Il Pontefice ha anche sottolineato che oggi “il rapido sviluppo dei mezzi tecnici rende piu’ intensa ed evidente l’interdipendenza tra l’uomo e la ‘casa comune'”. Anzi, “la forza e l’accelerazione degli interventi e’ tale da produrre mutazioni significative, sia nell’ambiente che nelle condizioni di vita dell’uomo, con effetti e sviluppi non sempre chiari e prevedibili”. “Lo stanno dimostrando varie crisi, da quella pandemica a quella energetica, da quella climatica a quella migratoria, le cui conseguenze si ripercuotono le une sulle altre, amplificandosi a vicenda. Un sano sviluppo tecnologico non puo’ non tener conto di questi complessi intrecci”, ha aggiunto Francesco. Il papa ha auspicato inoltre “un rinnovato modo di pensare anche in ambito teologico; e’ bene infatti che la teologia prosegua nel superamento di impostazioni eminentemente apologetiche, per contribuire alla definizione di un nuovo umanesimo e favorire il reciproco ascolto e la mutua comprensione tra scienza, tecnologia e societa’”. A suo avviso, “la mancanza di un dialogo costruttivo tra queste realta’, infatti, impoverisce la fiducia reciproca che sta alla base di ogni convivenza umana e di ogni forma di ‘amicizia sociale'”. Ed ha accennato inoltre “all’importanza del contributo che offre a tale scopo il dialogo tra le grandi tradizioni religiose”. “Esse dispongono di una saggezza secolare, che puo’ essere di aiuto in questi processi”, ha concluso.
L’udienza con i soci del Circolo San Pietro
“Mi colpisce sempre vedere i numeri delle vostre attivita’, non per i numeri in se’ stessi, ma perche’ dietro ci sono altrettanti volti, ci sono storie, ci sono molto spesso le ferite, le piaghe. E allora penso a voi che incontrate questi fratelli e sorelle nelle mense, nei centri di ascolto, nel dormitorio, oppure nelle case-famiglia per i piccoli ricoverati al ‘Bambin Gesu”, e riconosco in voi l’immagine del buon Samaritano”. Lo ha detto papa Francesco ricevendo stamane in udienza in Vaticano i soci del Circolo San Pietro. “Lui si avvicina perche’ il suo cuore e’ tenero, non e’ indurito, e’ capace di tenerezza – ha ricordato il Pontefice a proposito del Buon Samaritano -. E questa e’ la prima cosa che voglio raccomandarvi: la tenerezza. Attenzione, non parlo di sentimentalismo, no. Parlo di un tratto dell’amore di Dio di cui oggi c’e’ piu’ che mai bisogno. In societa’ spesso inquinate dalla cultura dell’indifferenza e dalla cultura dello scarto, come credenti siamo chiamati ad andare controcorrente con la cultura della tenerezza”. “Tante volte fa piu’ bene una carezza data dal cuore che una moneta”, ha aggiunto parlando ‘a braccio’. “Non posso accompagnarvi fisicamente nelle strade di Roma – ha concluso Francesco -, ma lo faccio con il cuore e con la preghiera”.