Il Papa incontra il mondo della cultura in Ungheria prima del ritorno a Roma. E, nel suo discorso, rifacendosi al grande intellettuale e uomo di fede Romano Guardini, mette in guardia sui rischi della tecnocrazia. ”Guardini – osserva Francesco- non demonizza la tecnica, la quale permette di vivere meglio, di comunicare e avere molti vantaggi, ma avverte il rischio che essa diventi regolatrice, se non dominatrice, della vita. E lasciava ai posteri una domanda inquietante: ‘Cosa ne sarà della vita se essa finirà sotto questo giogo? Cosa accadrà quando ci troveremo davanti al prevalere degli imperativi della tecnica? La vita, ormai, è inquadrata in un sistema di macchine. In un tale sistema, la vita può rimanere vivente?’. La vita può rimanere vivente? È una questione che, specialmente in questo luogo, dove si approfondiscono l’informatica e le ”scienze bioniche”, è bene porsi”.
Le parole di Bergoglio
Bergoglio osserva: ”Quanto intravisto da Guardini appare evidente ai nostri giorni: pensiamo alla crisi ecologica, con la natura che sta semplicemente reagendo all’uso strumentale che ne abbiamo fatto. Pensiamo alla mancanza di limiti, alla logica del ‘si può fare dunque è lecito’. Pensiamo anche alla volontà di mettere al centro di tutto non la persona e le sue relazioni, ma l’individuo centrato sui propri bisogni, avido di guadagnare e vorace di afferrare la realtà”. Nel suo intervento, Francesco riflette sull’erosione dei legami comunitari, ”per cui la solitudine e la paura, da condizioni esistenziali, paiono tramutarsi in condizioni sociali. Quanti individui isolati, molto ”social” e poco sociali, ricorrono, come in un circolo vizioso, alle consolazioni della tecnica come a riempitivi del vuoto che avvertono, correndo in modo ancora più frenetico mentre, succubi di un capitalismo selvaggio, sentono come più dolorose le proprie debolezze, in una società dove la velocità esteriore va di pari passo con la fragilità interiore. Dicendo ciò non voglio ingenerare pessimismo – sarebbe contrario alla fede che ho la gioia di professare -, ma riflettere su questa ”tracotanza di essere e di avere”, che già agli albori della cultura europea Omero vedeva come minacciosa e che il paradigma tecnocratico esaspera, con un certo uso degli algoritmi che può rappresentare un ulteriore rischio di destabilizzazione dell’umano’.
Attenzione alla colonizzazione ideologica, è un danno
Rifacendosi al romanzo ‘Il padrone del mondo’ di Robert Benson, il Pontefice osserva come ”in questo libro, in un certo senso ”profetico”, scritto più di un secolo fa, viene descritto un futuro dominato dalla tecnica e nel quale tutto, in nome del progresso, viene uniformato: ovunque si predica un nuovo ”umanitarismo” che annulla le differenze, azzerando le vite dei popoli e abolendo le religioni. Abolendo le differenze, tutte. Ideologie opposte convergono in una omologazione che colonizza ideologicamente: questo il dramma, la colonizzazione ideologica;
l’uomo, a contatto con le macchine, si appiattisce sempre di più, mentre il vivere comune diventa triste e rarefatto”. ”In quel mondo progredito ma cupo, descritto da Benson, dove tutti sembrano insensibili e anestetizzati, – sottolinea il Papa– pare ovvio scartare i malati e applicare l’eutanasia, così come abolire le lingue e le culture nazionali per raggiungere la pace universale, che in realtà si trasforma in una persecuzione fondata sull’imposizione del consenso, tanto da far affermare a un protagonista che ‘il mondo sembra in balia di una vitalità perversa, che corrompe e confonde ogni cosa”’.