Questa mattina, nella Cappella Sistina, Papa Francesco ha ricevuto in Udienza gli artisti partecipanti all’incontro promosso in occasione del 50° anniversario dell’inaugurazione della Collezione d’Arte Moderna e Contemporanea dei Musei Vaticani. Erano presenti circa 200 tra pittori, scultori, architetti, scrittori, poeti, musicisti, registi e attori. Ecco il discorso che il Papa ha rivolto ai presenti all’Udienza:
Discorso del Santo Padre
Vi ringrazio per aver accolto il mio invito. La vostra presenza mi rallegra. La Chiesa ha sempre avuto un rapporto con gli artisti che si può definire nello stesso tempo naturale e speciale. Si tratta di un’amicizia naturale, perché l’artista prende sul serio la profondità inesauribile dell’esistenza, della vita e del mondo, anche nelle sue contraddizioni e nei suoi lati tragici. Questa profondità rischia di diventare invisibile allo sguardo di molti saperi specializzati, che rispondono a esigenze immediate, ma stentano a vedere la vita come realtà poliedrica. L’artista ricorda a tutti che la dimensione nella quale ci muoviamo, anche quando non ne siamo consapevoli, è quella dello Spirito. La vostra arte è come una vela che si riempie dello Spirito e ci fa andare avanti. L’amicizia della Chiesa con l’arte è dunque qualcosa di naturale. Ma è pure un’amicizia speciale, soprattutto se pensiamo a molti tratti di storia percorsi insieme, che appartengono al patrimonio di tutti, credenti e non. Memori di questo aspettiamo nuovi frutti anche nel nostro tempo, in un clima di ascolto, di libertà e di rispetto. La gente ha bisogno di questi frutti, di frutti speciali. Romano Guardini scriveva che «lo stato in cui si trova l’artista mentre crea è affine a quello del fanciullo e pure del veggente» (L’opera d’arte, Brescia 1998, 25). Mi sembrano due paragoni interessanti. Secondo lui «l’opera d’arte apre uno spazio in cui l’uomo può entrare, in cui può respirare, muoversi e trattare le cose e gli uomini, fattisi aperti» (ivi, p. 35). È vero, quando si opera nell’arte i confini si allentano e i limiti dell’esperienza e della comprensione si dilatano. Tutto appare più aperto e disponibile. Allora si acquista la spontaneità del bambino che immagina e l’acutezza del veggente che coglie la realtà.
L’artista è un bambino
Sì, l’artista è un bambino – non deve suonare come un’offesa –; significa che si muove anzitutto nello spazio dell’invenzione, della novità, della creazione, del mettere al mondo qualcosa che così non si era mai visto. Facendo questo, smentisce l’idea che l’uomo sia un essere per la morte. L’uomo deve fare i conti con la sua mortalità, ma non è un essere per la morte, bensì per la vita. Una grande pensatrice come Hannah Arendt afferma che il proprio dell’essere umano è quello di vivere per portare nel mondo la novità. Voi artisti realizzate questo, facendo valere la vostra originalità. Nelle opere mettete sempre voi stessi, come esseri irripetibili quali noi tutti siamo, ma con l’intenzione di creare ancora di più. Quando il talento vi assiste, portate alla luce l’inedito, arricchite il mondo di una realtà nuova. Penso ad alcune parole che leggiamo nel Libro del profeta Isaia, quando Dio dice: «Ecco, faccio una cosa nuova, proprio ora germoglia: non ve ne accorgete?» (43,19). E nell’Apocalisse conferma: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose» (21,5). La creatività dell’artista sembra così partecipare della passione generativa di Dio. Siete alleati del sogno di Dio! Siete occhi che guardano e che sognano. Non basta soltanto guardare, bisogna anche sognare. Noi esseri umani aneliamo a un mondo nuovo che non vedremo appieno con i nostri occhi, eppure lo desideriamo, lo cerchiamo, lo sogniamo. Come diceva uno scrittore latino-americano, abbiamo un occhio di carne e l’altro di vetro: con quello di carne guardiamo ciò che vediamo, con quello di vetro guardiamo ciò che sogniamo.
Nuove versioni del mondo
Voi artisti, allora, avete la capacità di sognare nuove versioni del mondo, d’introdurre novità nella storia. Per questo Guardini dice che assomigliate anche ai veggenti. Siete un po’ come i profeti. Sapete guardare le cose sia in profondità sia in lontananza, come sentinelle che stringono gli occhi per scrutare l’orizzonte e scandagliare la realtà al di là delle apparenze. In ciò siete chiamati a sottrarvi al potere suggestionante di quella presunta bellezza artificiale e superficiale oggi diffusa e spesso complice dei meccanismi economici che generano disuguaglianze. È una bellezza finta,cosmetica, un maquillage che nasconde invece di rivelare. In italiano si dice “trucco” perché ha qualcosa dell’inganno. Voi vi tenete distanti da questa bellezza, la vostra arte vuole agire come coscienza critica della società, togliendo il velo all’ovvietà. Volete mostrare quello che fa pensare, che rende vigili, che svela la realtà anche nelle sue contraddizioni, nei suoi aspetti che è più comodo o conveniente tenere nascosti. Come i profeti biblici, ci mettete di fronte a cose che a volte danno fastidio, criticando i falsi miti di oggi, i nuovi idoli, i discorsi banali, i tranelli del consumo, le astuzie del potere. E spesso lo fate con l’ironia, che è una virtù meravigliosa. La Bibbia è ricca di momenti di ironia, in cui si prendono in giro la presunzione di autosufficienza, la prevaricazione, l’ingiustizia, la disumanità quando si rivestono di potere e a volte pure di sacralità. Fate bene a essere anche sentinelle del vero senso religioso, a volte banalizzato o commercializzato. In questo essere veggenti, sentinelle, coscienze critiche, vi sento alleati per tante cose che mi stanno a cuore, come la difesa della vita umana, la giustizia sociale, gli ultimi, la cura della casa comune, il sentirci tutti fratelli. Mi sta a cuore l’umanità dell’umanità. Perché è anche la grande passione di Dio. Una delle cose che avvicinano l’arte alla fede è il fatto di disturbare un po’. L’arte e la fede non possono lasciare le cose così come stanno: le cambiano, le trasformano, le convertono. L’arte non può mai essere un anestetico; dà pace, ma non addormenta le coscienze, le tiene sveglie. Spesso voi artisti provate a sondare anche gli inferi della condizione umana, gli abissi, le parti oscure. Non siamo solo luce, e voi ce lo ricordate; ma c’è bisogno di gettare la luce della speranza nelle tenebre dell’umano, dell’individualismo e dell’indifferenza. Aiutateci a intravedere la luce, la bellezza che salva.
L’arte è legata alla bellezza
L’arte è sempre stata legata all’esperienza della bellezza. Simone Weil scriveva: «La bellezza seduce la carne per ottenere il permesso di passare fino all’anima» (L’ombra e la grazia, Bologna 2021, 193). L’arte tocca i sensi per animare lo spirito e fa questo attraverso la bellezza, che è il riflesso delle cose quando sono buone, giuste, vere. È il segno che qualcosa ha pienezza: è infatti allora che ci viene spontaneo dire: “Che bello!” La bellezza ci fa sentire che la vita è orientata alla pienezza. Nella vera bellezza si comincia così a provare la nostalgia di Dio. Molti sperano che l’arte torni maggiormente a frequentare la bellezza. Certo, come dicevo c’è anche una bellezza futile, artificiale e superficiale, persino ingannatrice. Ma credo che ci sia un criterio importante per discernere, quello dell’armonia. La bellezza vera, infatti, è riflesso dell’armonia. Essa, se posso dire così, è la virtù operativa della bellezza: è il suo spirito di fondo, in cui agisce lo Spirito di Dio, il grande armonizzatore del mondo. L’armonia è quando ci sono delle parti, diverse tra loro, che però compongono un’unità. È una cosa difficile, che solo lo Spirito può rendere possibile: che le differenze non diventino conflitti, ma diversità che si integrano; e nello stesso tempo che l’unità non sia uniformità, ma ospiti ciò che è molteplice.
Non dimenticatevi dei poveri
L’armonia fa questi miracoli, come a Pentecoste. Quanto è attuale questo messaggio: siamo in un tempo di colonizzazioni ideologiche mediatiche e di conflitti laceranti; una globalizzazione omologante convive con tanti localismi chiusi. Anche la Chiesa può risentirne. Il conflitto può agire sotto una finta pretesa di unità; così le divisioni, le fazioni, i narcisismi. Abbiamo bisogno che il principio dell’armonia abiti di più il nostro mondo. Voi artisti potete aiutarci a lasciare spazio allo Spirito. Quando vediamo l’opera dello Spirito, che è creare l’armonia delle differenze, non annientarle, non uniformarle, ma armonizzarle, allora capiamo cosa sia la bellezza. La bellezza è quell’opera dello Spirito che crea armonia. Il vostro genio percorra questa via! Cari amici, sono felice di questo incontro con voi. Ma, prima di salutarvi, ho ancora una cosa da dirvi, che mi sta a cuore. Vorrei chiedervi di non dimenticarvi dei poveri, che sono i preferiti di Cristo, in tutti i modi in cui si è poveri oggi. Anche i poveri hanno bisogno dell’arte e della bellezza. Alcuni sperimentano forme durissime di privazione della vita; per questo, ne hanno più bisogno. Di solito non hanno voce per farsi sentire. Voi potete farvi interpreti del loro grido silenzioso. Io vi ringrazio e vi confermo la mia stima. Vi auguro che le vostre opere siano degne delle donne e degli uomini di questa terra, e rendano gloria a Dio, che è Padre di tutti, e che tutti cercano, anche attraverso l’arte. E infine vi chiedo, per favore, ciascuno a modo suo, di pregare per me.