“Alla vigilia di Natale del 1944, Pio XII pronunciò un celebre Radiomessaggio ai popoli del mondo intero. La seconda guerra mondiale stava avvicinandosi alla conclusione dopo oltre cinque anni di conflitto e l’umanità – disse il Pontefice – avvertiva ‘una volontà sempre più chiara e ferma: fare di questa guerra mondiale, di questo universale sconvolgimento, il punto da cui prenda le mosse un’era novella per il rinnovamento profondo’. Ottant’anni dopo, la spinta a quel ‘rinnovamento profondo’ sembra essersi esaurita e il mondo è attraversato da un crescente numero di conflitti che lentamente trasformano quella che ho più volte definito ‘terza guerra mondiale a pezzi’ in un vero e proprio conflitto globale”. Così Papa Francesco nell’udienza di inizio d’anno al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, che ha detto di voler dedicare interamente al tema della pace, “in un momento storico in cui è sempre più minacciata, indebolita e in parte perduta”.
L’appello alla pace
“Ribadisco il mio appello a tutte le parti coinvolte per un cessate-il-fuoco su tutti i fronti, incluso il Libano, e per l’immediata liberazione di tutti gli ostaggi a Gaza”. Così il Papa al Corpo diplomatico sul conflitto israelo-palestinese. “Chiedo che la popolazione palestinese riceva gli aiuti umanitari e che gli ospedali, le scuole e i luoghi di culto abbiano tutta la protezione necessaria”, ha detto. “Auspico che la Comunità internazionale percorra con determinazione la soluzione di due Stati, uno israeliano e uno palestinese, come pure di uno statuto speciale internazionalmente garantito per la Città di Gerusalemme, affinché israeliani e palestinesi possano finalmente vivere in pace e sicurezza”, ha aggiunto il Pontefice. Non posso in questa sede non ribadire la mia preoccupazione per quanto sta avvenendo in Israele e Palestina”, ha continuato il Papa. “Tutti siamo rimasti scioccati dall’attacco terroristico del 7 ottobre scorso contro la popolazione in Israele, dove sono stati feriti, torturati e uccisi in maniera atroce tanti innocenti e molti sono stati presi in ostaggio”, ha proseguito. “Ripeto la mia condanna per tale azione e per ogni forma di terrorismo ed estremismo – ha detto ancora -: in questo modo non si risolvono le questioni tra i popoli, anzi esse diventano più difficili, causando sofferenza per tutti. Infatti, ciò ha provocato una forte risposta militare israeliana a Gaza che ha portato la morte di decine di migliaia di palestinesi, in maggioranza civili, tra cui tanti bambini, ragazzi e giovani, e ha causato una situazione umanitaria gravissima con sofferenze inimmaginabili”.
Liberare gli ostaggi a Gaza e cessare il fuoco
Secondo il Pontefice, “il conflitto in corso a Gaza destabilizza ulteriormente una regione fragile e carica di tensioni”. In particolare, “non si può dimenticare il popolo siriano, che vive nell’instabilità economica e politica, aggravata dal terremoto del febbraio scorso. La Comunità internazionale incoraggi le Parti coinvolte a intraprendere un dialogo costruttivo e serio e a cercare soluzioni nuove, perché il popolo siriano non abbia più a soffrire a causa delle sanzioni internazionali”. Inoltre, “esprimo la mia sofferenza per i milioni di rifugiati siriani che ancora si trovano nei Paesi vicini, come la Giordania e il Libano”.
“A quest’ultimo rivolgo – ha aggiunto Francesco – un particolare pensiero, esprimendo preoccupazione per la situazione sociale ed economica in cui versa il caro popolo libanese, e auspico che lo stallo istituzionale che lo sta mettendo ancora più in ginocchio venga risolto e che il Paese dei Cedri abbia presto un presidente”.
Il Myanmar e i Rohingya
“Rimanendo nel continente asiatico, desidero richiamare l’attenzione della Comunità internazionale pure sul Myanmar, chiedendo che vengano messi in campo tutti gli sforzi per dare speranza a quella terra e un futuro degno alle giovani generazioni, senza dimenticare l’emergenza umanitaria che ancora colpisce i Rohingya”, ha detto il Papa.
Basta alla guerra in Ucraina
“Purtroppo, dopo quasi due anni di guerra su larga scala della Federazione Russa contro l’Ucraina, la tanto desiderata pace non è ancora riuscita a trovare posto nelle menti e nei cuori, nonostante le numerosissime vittime e l’enorme distruzione”. “Non si può lasciare protrarre un conflitto che va incancrenendosi sempre di più, a detrimento di milioni di persone, ma occorre che si ponga fine alla tragedia in atto attraverso il negoziato, nel rispetto del diritto internazionale”, ha detto Papa Francesco..
Il Pontefice ha espresso “preoccupazione anche per la tesa situazione nel Caucaso Meridionale tra l’Armenia e l’Azerbaigian, esortando le parti ad arrivare alla firma di un Trattato di pace”. “È urgente trovare una soluzione alla drammatica situazione umanitaria degli abitanti di quella regione, favorire il ritorno degli sfollati alle proprie case in legalità e sicurezza e rispettare i luoghi di culto delle diverse confessioni religiose ivi presenti – ha aggiunto Francesco -. Tali passi potranno contribuire alla creazione di un clima di fiducia tra i due Paesi in vista della tanto desiderata pace”.
L’Africa è piena di conflitti
“Se volgiamo ora lo sguardo all’Africa, abbiamo davanti agli occhi la sofferenza di milioni di persone per le molteplici crisi umanitarie in cui versano vari Paesi sub-sahariani, a causa del terrorismo internazionale, dei complessi problemi socio-politici, e degli effetti devastanti del cambiamento climatico, ai quali si sommano le conseguenze dei colpi di stato militari occorsi in alcuni Paesi e di certi processi elettorali caratterizzati da corruzione, intimidazioni e violenza”, ha continuato il Papa. In pari tempo, ha proseguito, “rinnovo un appello per un serio impegno da parte di tutti i soggetti coinvolti nell’applicazione dell’Accordo di Pretoria del novembre 2022, che ha messo fine ai combattimenti nel Tigray, e nella ricerca di soluzioni pacifiche alle tensioni e alle violenze che assillano l’Etiopia, nonché per il dialogo, la pace e la stabilità tra i Paesi del Corno d’Africa”. “Vorrei pure ricordare i drammatici eventi in Sudan, dove purtroppo, dopo mesi di guerra civile, non si vede ancora una via di uscita; nonché le situazioni degli sfollati in Camerun, Mozambico, Repubblica Democratica del Congo e Sud Sudan”, ha detto ancora il Pontefice. “Proprio questi due ultimi Paesi ho avuto la gioia di visitare all’inizio dello scorso anno, per portare un segno di vicinanza alle loro popolazioni sofferenti, seppure in contesti e situazioni diversi – ha aggiunto -. Ringrazio di cuore le autorità di entrambi i Paesi per l’impegno organizzativo e per l’accoglienza riservatami. Il viaggio in Sud Sudan ha avuto peraltro un carattere ecumenico, essendo stato accompagnato dall’arcivescovo di Canterbury e dal moderatore dell’Assemblea generale della Chiesa di Scozia, a testimonianza dell’impegno condiviso delle nostre comunità ecclesiali per la pace e la riconciliazione”.
Le tensioni nelle Americhe
“Sebbene non vi siano guerre aperte nelle Americhe, fra alcuni Paesi, per esempio tra il Venezuela e la Guyana, vi sono forti tensioni, mentre in altri, come in Perù, osserviamo fenomeni di polarizzazione che compromettono l’armonia sociale e indeboliscono le istituzioni democratiche”, ha detto papa Francesco al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede. “Desta ancora preoccupazione la situazione in Nicaragua: una crisi che si protrae nel tempo con dolorose conseguenze per tutta la società nicaraguense, in particolare per la Chiesa Cattolica – ha aggiunto -. La Santa Sede non cessa di invitare ad un dialogo diplomatico rispettoso per il bene dei cattolici e dell’intera popolazione”.
Gli attacchi ai civili sono crimini di guerra
“Le guerre moderne non si svolgono più solo su campi di battaglia delimitati, né riguardano solamente i soldati. In un contesto in cui sembra non essere osservato più il discernimento tra obiettivi militari e civili, non c’è conflitto che non finisca in qualche modo per colpire indiscriminatamente la popolazione civile”, ha denunciato Francesco. “Gli avvenimenti in Ucraina e a Gaza ne sono la prova evidente – ha proseguito -. Non dobbiamo dimenticare che le violazioni gravi del diritto internazionale umanitario sono crimini di guerra, e che non è sufficiente rilevarli, ma è necessario prevenirli. Occorre dunque un maggiore impegno della Comunità internazionale per la salvaguardia e l’implementazione del diritto umanitario, che sembra essere l’unica via per la tutela della dignità umana in situazioni di scontro bellico”. E “anche quando si tratta di esercitare il diritto alla legittima difesa, è indispensabile attenersi ad un uso proporzionato della forza”. Secondo il Pontefice, “forse non ci rendiamo conto che le vittime civili non sono ‘danni collaterali’. Sono uomini e donne con nomi e cognomi che perdono la vita. Sono bambini che rimangono orfani e privati del futuro. Sono persone che soffrono la fame, la sete e il freddo o che rimangono mutilate a causa della potenza degli ordigni moderni”. “Se riuscissimo a guardare ciascuno di loro negli occhi, a chiamarli per nome e ad evocarne la storia personale – ha avvertito -, guarderemmo alla guerra per quello che è: nient’altro che un’immane tragedia e ‘un’inutile strage’, che colpisce la dignità di ogni persona su questa terra”. “D’altra parte, le guerre possono proseguire grazie all’enorme disponibilità di armi”, ha detto il Papa. “Occorre perseguire una politica di disarmo, poiché è illusorio pensare che gli armamenti abbiano un valore deterrente – ha affermato -. Piuttosto è vero il contrario: la disponibilità di armi ne incentiva l’uso e ne incrementa la produzione”. Secondo il Pontefice, “le armi creano sfiducia e distolgono risorse. Quante vite si potrebbero salvare con le risorse oggi destinate agli armamenti? Non sarebbe meglio investirle in favore di una vera sicurezza globale?”. “Le sfide del nostro tempo travalicano i confini, come dimostrano le varie crisi – alimentare, ambientale, economica e sanitaria – che stanno caratterizzando l’inizio del secolo. In questa sede, reitero la proposta di costituire un Fondo mondiale per eliminare finalmente la fame e promuovere uno sviluppo sostenibile dell’intero pianeta”, ha ribadito Francesco. “Tra le minacce causate da tali strumenti di morte, non posso poi tralasciare di menzionare quella provocata dagli arsenali nucleari e dallo sviluppo di ordigni sempre più sofisticati e distruttivi – ha aggiunto -. Ribadisco ancora una volta l’immoralità di fabbricare e detenere armi nucleari. Al riguardo, esprimo l’auspicio che si possa giungere al più presto alla ripresa dei negoziati per il riavvio del Piano d’azione congiunto globale, meglio noto come ‘Accordo sul nucleare iraniano’, per garantire a tutti un futuro più sicuro”.
Fame e disastri ambientali tra le cause dei conflitti
“Per perseguire la pace non è sufficiente limitarsi a rimuovere gli strumenti bellici, occorre estirpare alla radice le cause delle guerre, prime fra tutte la fame, una piaga che colpisce tuttora intere regioni della Terra, mentre in altre si verificano ingenti sprechi alimentari”, haaggiunto Papa Francesco. “Vi è poi lo sfruttamento delle risorse naturali, che arricchisce pochi, lasciando nella miseria e nella povertà intere popolazioni, che sarebbero i beneficiari naturali di tali risorse. Ad esso è connesso lo sfruttamento delle persone, costrette a lavorare sottopagate e senza reali prospettive di crescita professionale”. “Tra le cause di conflitto vi sono anche le catastrofi naturali e ambientali”, ha proseguito, riconoscendo che “certamente vi sono disastri che la mano dell’uomo non può controllare. Penso ai recenti terremoti in Marocco e in Cina, che hanno causato centinaia di vittime, come pure a quello che ha colpito duramente la Turchia e parte della Siria e che ha lasciato dietro di sé una tremenda scia di morte e distruzione. Penso pure all’alluvione che ha colpito Derna in Libia, distruggendo di fatto la città, anche a causa del concomitante crollo di due dighe”. “Vi sono però i disastri che sono imputabili anche all’azione o all’incuria dell’uomo e che contribuiscono gravemente alla crisi climatica in atto, come ad esempio la deforestazione dell’Amazzonia, che è il ‘polmone verde’ della Terra”, ha avvertito. Il Pontefice ha ricordato che “la crisi climatica e ambientale è stata oggetto della XXVIII Conferenza degli Stati parte alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP28), tenutasi a Dubai il mese scorso, alla quale mi rincresce di non aver potuto partecipare personalmente. Essa è iniziata in concomitanza con l’annuncio dell’Organizzazione Meteorologica Mondiale che il 2023 è stato l’anno più caldo rispetto ai 174 anni precedentemente registrati”. Secondo Francesco, “la crisi climatica esige una risposta sempre più urgente e richiede il pieno coinvolgimento di tutti quanti, così come dell’intera comunità internazionale”. “L’adozione del documento finale alla COP28 rappresenta un passo incoraggiante e rivela che, di fronte alle tante crisi che stiamo vivendo, vi è la possibilità di rivitalizzare il multilateralismo attraverso la gestione della questione climatica globale, in un mondo in cui i problemi ambientali, sociali e politici sono strettamente connessi”, ha aggiunto. Per il papa, “alla COP28 è emerso chiaramente come quello in corso sia il decennio critico per fronteggiare il cambiamento climatico. La cura del creato e la pace ‘sono le tematiche più urgenti e sono collegate’. Auspico, pertanto, che quanto stabilito a Dubai porti a ‘una decisa accelerazione della transizione ecologica, attraverso forme che trovino realizzazione in quattro campi: l’efficienza energetica; le fonti rinnovabili; l’eliminazione dei combustibili fossili; l’educazione a stili di vita meno dipendenti da questi ultimi”.
Il Mediterraneo laboratorio di pace
“Le guerre, la povertà, l’abuso della nostra casa comune e il continuo sfruttamento delle sue risorse, che sono alla radice di disastri naturali, sono cause che spingono pure migliaia di persone ad abbandonare la propria terra alla ricerca di un futuro di pace e sicurezza”, ha detto Francesco agli ambasciatori. “Nel loro viaggio mettono a rischio la propria vita su percorsi pericolosi, come nel deserto del Sahara, nella foresta del Darién al confine tra Colombia e Panama, in America centrale, nel nord del Messico, alla frontiera con gli Stati Uniti, e soprattutto nel Mare Mediterraneo”, ha spiegato. “Questo, purtroppo, è diventato nell’ultimo decennio un grande cimitero, con tragedie che continuano a susseguirsi, anche a causa di trafficanti di esseri umani senza scrupoli – ha quindi denunciato -. Tra le tante vittime, non dimentichiamolo, ci sono molti minori non accompagnati”. Secondo il Pontefice, “il Mediterraneo dovrebbe essere piuttosto un laboratorio di pace, un ‘luogo dove Paesi e realtà diverse si incontrino sulla base dell’umanità che tutti condividiamo’, come ho avuto modo di sottolineare a Marsiglia, nel corso del mio viaggio, per il quale ringrazio gli organizzatori e le Autorità francesi, in occasione dei Rencontres Méditerranéennes”. “Davanti a questa immane tragedia – ha osservato Francesco – finiamo facilmente per chiudere il nostro cuore, trincerandoci dietro la paura di una ‘nvasione’. Dimentichiamo facilmente che abbiamo davanti persone con volti e nomi e tralasciamo la vocazione propria del Mare Nostrum, che non è quella di essere una tomba, ma un luogo di incontro e di arricchimento reciproco fra persone, popoli e culture”. Per il papa, “ciò non toglie che la migrazione debba essere regolamentata per accogliere, promuovere, accompagnare e integrare i migranti, nel rispetto della cultura, della sensibilità e della sicurezza delle popolazioni che si fanno carico dell’accoglienza e dell’integrazione”. D’altra parte “occorre pure richiamare il diritto di poter rimanere nella propria Patria e la conseguente necessità di creare le condizioni affinché esso possa effettivamente esercitarsi”. “Dinanzi a questa sfida nessun Paese può essere lasciato solo – ha avvertito Francesco -, né alcuno può pensare di affrontare isolatamente la questione attraverso legislazioni più restrittive e repressive, approvate talvolta sotto la pressione della paura o per accrescere il consenso elettorale”. “Accolgo perciò con soddisfazione l’impegno dell’Unione Europea a ricercare una soluzione comune mediante l’adozione del nuovo Patto sulla Migrazione e l’Asilo, pur rilevandone alcuni limiti, specialmente per ciò che concerne il riconoscimento del diritto d’asilo e per il pericolo di detenzioni arbitrarie”, ha aggiunto.
Utero in affitto sia vietato ovunque
“La via della pace esige il rispetto della vita, di ogni vita umana, a partire da quella del nascituro nel grembo della madre, che non può essere soppressa, né diventare oggetto di mercimonio” ha detto il Papa al Corpo diplomatico. Al riguardo, ha detto, “ritengo deprecabile la pratica della cosiddetta maternità surrogata, che lede gravemente la dignità della donna e del figlio. Essa è fondata sullo sfruttamento di una situazione di necessità materiale della madre”. “Un bambino è sempre un dono e mai l’oggetto di un contratto – ha aggiunto -. Auspico, pertanto, un impegno della Comunità internazionale per proibire a livello universale tale pratica. In ogni momento della sua esistenza, la vita umana dev’essere preservata e tutelata, mentre constato con rammarico, specialmente in Occidente, il persistente diffondersi di una cultura della morte, che, in nome di una finta pietà, scarta bambini, anziani e malati” .”La via della pace esige il rispetto dei diritti umani, secondo quella semplice ma chiara formulazione contenuta nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, di cui abbiamo da poco celebrato il 75/o anniversario”, ha detto papa Francesco. “Si tratta di principi razionalmente evidenti e comunemente accettati – ha proseguito -. Purtroppo, i tentativi compiuti negli ultimi decenni di introdurre nuovi diritti, non pienamente consistenti rispetto a quelli originalmente definiti e non sempre accettabili, hanno dato adito a colonizzazioni ideologiche, tra le quali ha un ruolo centrale la teoria del gender, che è pericolosissima perché cancella le differenze nella pretesa di rendere tutti uguali”. Secondo il Pontefice, “tali colonizzazioni ideologiche provocano ferite e divisioni tra gli Stati, anziché favorire l’edificazione della pace”. “Il dialogo dev’essere l’anima della Comunità internazionale. L’attuale congiuntura è anche causata dall’indebolimento di quelle strutture di diplomazia multilaterale che hanno visto la luce dopo il secondo conflitto mondiale”. “Organismi creati per favorire la sicurezza, la pace e la cooperazione non riescono più a unire tutti i loro membri intorno a un tavolo – ha spiegato -. C’è il rischio di una ‘monadologia’ e della frammentazione in ‘club’ che lasciano entrare solo Stati ritenuti ideologicamente affini. Anche quegli organismi finora efficienti, concentrati sul bene comune e su questioni tecniche, rischiano una paralisi a causa di polarizzazioni ideologiche, venendo strumentalizzati da singoli Stati”. Secondo il Pontefice, “per rilanciare un comune impegno a servizio della pace, occorre recuperare le radici, lo spirito e i valori che hanno originato quegli organismi, pur tenendo conto del mutato contesto e avendo riguardo per quanti non si sentono adeguatamente rappresentati dalle strutture delle Organizzazioni internazionali”.
Basta persecuzione ai cristiani
“Preoccupa particolarmente l’aumento degli atti di antisemitismo verificatisi negli ultimi mesi; e ancora una volta sono a ribadire che questa piaga va sradicata dalla società, soprattutto con l’educazione alla fraternità e all’accoglienza dell’altro”. “Parimenti preoccupa la crescita della persecuzione e della discriminazione nei confronti dei cristiani, soprattutto negli ultimi dieci anni”, ha aggiunto il Pontefice .Quest’ultima, ha sottolineato Francesco, “riguarda non di rado, seppure in modo incruento ma socialmente rilevante, quei fenomeni di lenta marginalizzazione ed esclusione dalla vita politica e sociale e dall’esercizio di certe professioni che avvengono anche in terre tradizionalmente cristiane. Nel complesso sono oltre 360 milioni i cristiani nel mondo che sperimentano un livello alto di persecuzione e discriminazione a causa della propria fede, e sono sempre di più quelli costretti a fuggire dalle proprie terre d’origine”. Secondo il Papa, “la via della pace passa pure attraverso il dialogo interreligioso, che innanzitutto richiede la tutela della libertà religiosa e il rispetto delle minoranze”. “Duole, ad esempio, constatare – ha osservato – come cresca il numero di Paesi che adottano modelli di controllo centralizzato sulla libertà di religione, con l’uso massiccio di tecnologia”. In altri luoghi, ha aggiunto, “le comunità religiose minoritarie si trovano spesso in una situazione sempre più drammatica. In alcuni casi sono a rischio di estinzione, a causa di una combinazione di azioni terroristiche, attacchi al patrimonio culturale e misure più subdole come la proliferazione delle leggi anti-conversione, la manipolazione delle regole elettorali e le restrizioni finanziarie”.
Il Giubileo
“In quest’anno la Chiesa si prepara al Giubileo che inizierà il prossimo Natale. Ringrazio in particolare le Autorità italiane, nazionali e locali, per l’impegno che stanno profondendo nel preparare la città di Roma ad accogliere numerosi pellegrini e consentire loro di trarre frutti spirituali dal cammino giubilare”. Così il Papa, a conclusione del suo discorso di inizio d’anno al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede.”Nella tradizione giudeo-cristiana il Giubileo è un tempo di grazia in cui sperimentare la misericordia di Dio e il dono della sua pace – ha ricordato il Pontefice -. È un tempo di giustizia in cui i peccati sono rimessi, la riconciliazione supera l’ingiustizia, e la terra si riposa. Esso può essere per tutti – cristiani e non cristiani – il tempo in cui spezzare le spade e farne aratri; il tempo in cui una nazione non alzerà più la spada contro un’altra, né si imparerà più l’arte della guerra”.
Le relazioni diplomatiche con il Vaticano
Sono 184 gli Stati che attualmente intrattengono relazioni diplomatiche piene con la Santa Sede. Ad essi vanno aggiunti l’Unione Europea e il Sovrano Militare Ordine di Malta. Le Missioni diplomatiche accreditate presso la Santa Sede con sede a Roma, incluse quelle dell’Unione Europea e del Sovrano Militare Ordine di Malta, sono 91. Hanno sede a Roma anche gli Uffici accreditati presso la Santa Sede della Lega degli Stati Arabi, dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni e dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati. Nel corso del 2023, il 23 febbraio, la Santa Sede ha stabilito piene relazioni diplomatiche con il Sultanato dell’Oman. Il 19 luglio, è stato ratificato l’“Accordo supplementare all’Accordo tra la Santa Sede e la Repubblica del Kazakhstan sulle relazioni mutue, del 24 settembre 1998”, riguardante la concessione dei visti e dei permessi di soggiorno al personale ecclesiastico e religioso proveniente dall’estero, firmato il 14 settembre 2022. Il 27 luglio è stato concluso con il Viet Nam l’“Accordo sullo statuto del Rappresentante Pontificio Residente e dell’Ufficio del Rappresentante Pontificio Residente in Viet Nam”, con la susseguente nomina, il 23 dicembre, di un rappresentante pontificio residente.
Foto: Vatican Media