Papa Francesco nella Basilica Vaticana, ha presieduto la celebrazione e il rito di canonizzazione della Beata Maria Antonia di San Giuseppe de Paz y Figueroa (1730-1799), fondatrice della casa di esercizi spirituali a Buenos Aires, conosciuta come ‘Mama Antula’, in prima linea per i poveri. In Basilica c’era anche la delegazione argentina con il presidente Javier Milei, in Italia per la sua prima visita di Stato.
Milei ha salutato il Pontefice prima della messa per la canonizzazione della prima santa argentina. Il presidente argentino, che in campagna elettorale insultò pesantemente il Pontefice, tornerà in Vaticano domani mattina alle 9 quando avrà l’udienza con il Papa nel Palazzo apostolico.
L’omelia del Papa
”Paura, pregiudizio e falsa religiosità: ecco tre cause di una grande ingiustizia, tre ”lebbre dell’anima” che fanno soffrire un debole, scartandolo come un rifiuto”, dice il Papa. ”Fratelli, sorelle, non pensiamo che siano solo cose del passato. Quante persone sofferenti incontriamo sui marciapiedi delle nostre città! E quante paure, pregiudizi e incoerenze, pure tra chi crede e si professa cristiano, contribuiscono a ferirle ulteriormente!”. ”Anche nel nostro tempo – dice il Pontefice- c’è tanta emarginazione, ci sono barriere da abbattere, ‘lebbre’ da curare. Ma come? Vediamo che cosa fa Gesù. Compie due gesti: tocca e guarisce. Primo gesto: toccare. Gesù, al grido di aiuto di quell’uomo, sente compassione, si ferma, stende la mano e lo tocca pur sapendo che, facendolo, diventerà a sua volta un ‘rifiutato’. Anzi, paradossalmente, le parti si invertiranno: il malato, quando sarà guarito, potrà andare dai sacerdoti ed essere riammesso nella comunità; Gesù, invece, non potrà più entrare in nessun centro abitato; Il Signore poteva allora evitare di toccare quella persona, sarebbe bastato ‘guarirla a distanza’. Ma Cristo non è così, la sua via è quella dell’amore che si fa vicino a chi soffre, che entra in contatto, che ne tocca le ferite”. ”Il nostro Dio – osserva Francesco – non è rimasto distante in cielo, ma in Gesù si è fatto uomo per toccare la nostra povertà. E di fronte alla ‘lebbra’ più grave, quella del peccato, non ha esitato a morire in croce, fuori dalle mura della città, rigettato come un peccatore, per toccare fino in fondo la nostra realtà umana”.
La canonizzazione di Mama Antula
‘Mama Antula’, la prima santa argentina, testimone dell’amore che salva. Lo ha sottolineato il Papa presiedendo la messa e il rito di canonizzazione della beata Maria Antonia di San Giuseppe de Paz Figueroa, nella Basilica vaticana. ”Lo ha insegnato Santa María Antonia de Paz y Figueroa, detta ‘Mama Antula’. ‘Toccata’ da Gesù grazie agli Esercizi spirituali, in un contesto di miseria materiale e morale, si è spesa in prima persona, tra mille difficoltà, perché tanti altri potessero vivere la sua stessa esperienza. Così – ha ricordato il Pontefice – ha coinvolto migliaia di persone e fondato opere vive anche ai nostri giorni. Pacifica nel cuore, girava ‘armata’ di una grossa croce di legno, di un’immagine dell’Addolorata e di un piccolo crocifisso che portava al collo, a cui era aggrappata una statuina di Gesù Bambino. Il suo esempio e la sua intercessione ci aiutino a crescere secondo il cuore di Dio, nella carità”.
GUAI ALLE ‘CANCRENE’ DELL’EGOISMO
“Attenzione alla ‘lebbra dell’anima’”, continua il Papa. ”E noi, che amiamo e seguiamo Gesù, sappiamo fare nostro il suo ‘tocco’? Non è facile e dobbiamo vigilare quando nel cuore si affacciano gli istinti contrari al suo ‘farsi vicino’ e al suo ‘farsi dono’: ad esempio – osserva Bergoglio- quando prendiamo le distanze dagli altri per pensare a noi stessi, quando riduciamo il mondo alle mura del nostro ‘star bene’, quando crediamo che il problema siano sempre e solo gli altri”.
Da qui la messa in guardia: ”In questi casi stiamo attenti, perché la diagnosi è chiara, è ‘lebbra dell’anima’: malattia che ci rende insensibili all’amore, alla compassione, che ci distrugge attraverso le ‘cancrene’ dell’egoismo, del preconcetto, dell’indifferenza e dell’intolleranza. Stiamo attenti anche perché, come per le prime macchioline di lebbra, che compaiono sulla pelle nella fase iniziale del male, se non si interviene subito, l’infezione cresce e diventa devastante”.
Il Pontefice indica la cura: ”E’ lasciandoci toccare da Gesù che guariamo dentro, nel cuore. Se ci lasciamo toccare da Lui nella preghiera, nell’adorazione, se gli permettiamo di agire in noi attraverso la sua Parola e i Sacramenti, il suo contatto ci cambia realmente, ci risana dal peccato, ci libera dalle chiusure, ci trasforma al di là di quanto possiamo fare da soli, con i nostri sforzi. Le nostre parti ferite, le malattie dell’anima vanno portate a Gesù: la preghiera fa questo; ma non una preghiera astratta, fatta solo di formule da ripetere, bensì una preghiera sincera e viva, che depone ai piedi di Cristo le miserie, le fragilità, le falsità, le paure. E io – possiamo chiederci – faccio toccare a Gesù le mie ‘lebbre’ perché mi guarisca?”.
Francesco ricorda quindi l’importanza della ”carità nascosta di ogni giorno: quella che si vive in famiglia, al lavoro, in parrocchia e a scuola; per strada, negli uffici e nei negozi; quella che non cerca pubblicità e non ha bisogno di applausi, perché all’amore basta l’amore . Fratelli e sorelle, Dio ci ama così e se ci lasciamo toccare da Lui, anche noi, con la forza del suo Spirito, potremo diventare testimoni dell’amore che salva!”. Il Pontefice, nell’omelia , ha osservato addolorato: ”Quante persone sofferenti incontriamo sui marciapiedi delle nostre città! E quante paure, pregiudizi e incoerenze, pure tra chi crede e si professa cristiano, contribuiscono a ferirle ulteriormente! Anche nel nostro tempo c’è tanta emarginazione, ci sono barriere da abbattere, ‘lebbre’ da curare”.
Il Papa e Milei
Caloroso abbraccio tra il Papa e il presidente argentino Javier Milei al termine delle celebrazioni per la canonizzazione della prima santa argentina ‘Mama Antula’ nella Basilica di San Pietro. Il Pontefice, al termine della messa, accompagnato in sedia a rotelle, si e’ avvicinato a Milei che incontrerà domani. Calorosa stretta di mano e un abbraccio tra il Papa e Milei che hanno scambiato qualche battuta.
L’Angelus di oggi
“E’ intollerabile la violazione dei diritti umani”. E’ il grido di dolore del Papa al termine dell’Angelus. ”In questa giornata – osserva Bergoglio nella Giornata mondiale dei malati – non possiamo tacere che ci sono tante persone oggi alle quali è negato il diritto alle cure e dunque il diritto alla vita. Penso a quanti vivono in povertà estrema, ai territori di guerra: li’ ogni giorno sono violati i diritti umani fondamentali. E’ intollerabile. Preghiamo per la martoriata Ucraina , per la Palestina e Israele per il Myanmar e per tutti i popoli martoriati dalla guerra”. La Chiesa è vicina ai malati. Lo sottolinea il Papa nella Giornata mondiale dedicata agli ammalati. ”Si celebra oggi – dice – la giornata mondiale del malato che quest’anno richiama l’importanza delle relazioni nella malattia: la prima cosa di cui abbiamo bisogno quando siamo malati è la vicinanza delle persone care, degli operatori sanitari e, nel cuore, della vicinanza di Dio. Siamo tutti chiamati a farci prossimi a chi soffre. A visitare i malati; per questo oggi voglio esprimere a tutte le persona malate la mia vicinanza e quella di tutta la chiesa: vicinanza, compassione, tenerezza, e’ lo stile di Dio”.
Il Vangelo di oggi commentato dal Papa
”Pronti e concreti nell’amore”. Lo dice il Papa commentando la pagina del Vangelo del giorno sulla guarigione di un lebbroso. ” Al malato, che lo implora Gesù risponde: ‘Lo voglio, sii purificato!’ Pronuncia una frase semplicissima, che mette immediatamente in pratica. Infatti ‘subito la lebbra scomparve ed egli guarì’. Ecco lo stile di Gesù con chi soffre: poche parole e fatti concreti”. ”Sempre fa così: parla poco e alle parole fa seguire prontamente le azioni: si china, prende per mano, risana. Non indugia in discorsi o interrogatori, tanto meno in pietismi e sentimentalismi. Dimostra piuttosto il pudore delicato di chi ascolta attentamente e agisce con sollecitudine, preferibilmente senza dare nell’occhio. È un modo meraviglioso di amare, – osserva il Papa – e come ci fa bene immaginarlo e assimilarlo! Pensiamo anche a quando ci succede di incontrare persone che si comportano così: sobrie di parole, ma generose nell’agire; restie a mettersi in mostra, ma pronte a rendersi utili; efficaci nel soccorrere perché disposte ad ascoltare. Amici e amiche a cui si può chiedere: ”Vuoi aiutarmi?”, con la fiducia di sentirsi rispondere, quasi con le parole di Gesù: ‘Sì, lo voglio, sono qui per te!'”.
Questa concretezza è tanto più importante in un mondo, come il nostro, in cui sembra farsi sempre più strada una evanescente virtualità delle relazioni. L’amore ha bisogno di concretezza, di presenza, di incontro, di tempo e spazio donati: non può ridursi a belle parole, a immagini su uno schermo, a selfie di un momento o a messaggini frettolosi. Sono strumenti utili, ma non bastano all’amore, non possono sostituirsi alla presenza concreta”, dice Francesco interpellando le coscienze dei fedeli. ”Chiediamoci allora: io so mettermi in ascolto delle persone, sono disponibile alle loro buone richieste? Oppure – osserva Bergoglio – accampo scuse, rimando, mi nascondo dietro parole astratte e inutili? Concretamente, quand’è stata l’ultima volta che sono andato a visitare una persona sola o malata, o che ho cambiato i miei programmi per venire incontro alle necessità di chi mi domandava aiuto?”.
Foto: Vatican Media