Il commento al Vangelo di oggi, 11 febbraio, di Don Giulio Dellavite.
Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, venne da Gesù un lebbroso e lo supplicava in ginocchio: “Se vuoi, puoi purificarmi!”. Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: “Lo voglio, sii purificato!”. Subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato. Ammonendolo severamente, lo cacciò via subito e gli disse: “Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro”. Quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.
Il commento al Vangelo
“Se vuoi puoi cambiare la realtà!” ci dice il Vangelo vincendo la lebbra che deturpa l’identità e paralizza. Le maschere dei bambini in questa domenica di Carnevale ci fanno porre domande sui travestimenti di noi adulti in tutto il resto dell’anno per ipocrisia, apatia, mediocrità. Gli effetti sono gli stessi della lebbra: deturpano e paralizzano. “Se vuoi puoi cambiare la realtà!” ci dice infatti Arlecchino (per tradizione nato nella mia Bergamo). Il nome dal francese hellequin (allocco, poveraccio) viene dalla storia di un bimbo triste e a disagio coi compagni entusiasti dei loro abiti da festa. La sua famiglia era povera e a stento aveva da mangiare. I suoi amici, vedendolo cupo e isolato, cercarono gli avanzi di stoffa dei loro vestiti, ma i pezzi erano diversi per materia, colore, forma e grandezza. Non ne usciva nulla. Si arresero, dispiaciuti. Lui no.
Li portò a sua mamma che con fantasia trovò come cucirli insieme rendendo quel vestito speciale più di quelli sontuosi che sfoggiavano gli altri. Il valore non lo dà il prezzo, ma la verità del cuore. Il Carnevale prende il nome dal suo introdurre la Quaresima: il senso etimologico è “carnem levare”, togliere la carne, cioè togliere il di più per tornare all’essenziale (in passato era il piatto della festa e il pesce era cibo povero). È fare a meno dello straordinario per gustare l’ordinario. È farsi educare dalla privazione a apprezzare la presenza: capisco chi e cosa è importante per me da quanto mi manca.
In Quaresima non conta COSA c’è nel piatto
In Quaresima non conta COSA c’è nel piatto, ma CHI c’è intorno al tavolo. La domanda non è “cosa mangio?”, ma “divoro come la lebbra o centellino per gustare il valore?”. “Se vuoi puoi cambiare la realtà!” lo dice pure San Valentino che quest’anno coincide proprio con il mercoledì delle ceneri. Se l’essenziale fa prendere coscienza dell’importante, ha poi come conseguenza la “compassione”. E Gesù dimostra che fa miracoli. Noi diamo a questa parola un senso triste, invece viene dal latino “cum-patior, sentire allo stesso modo” condividere sentimenti e sensazioni su quanto capita a ognuno. Prima ancora deriva dal greco “sym-pathos” (da cui simpatia) che è essere talmente in sintonia da vivere la stessa passione, tanto da arricchirsi e ricaricarsi per fare tutto “con passione”. A Terni fu trovata una tomba con due innamorati abbracciati: Sabino e Serapia. Tra loro le differenze sembravano troppe: lei cristiana, lui pagano; lei nobile, lui centurione romano; lei ammalata, lui in pieno di vita. Sentendoli litigare il Vescovo Valentino donò loro una rosa invitandoli a sentire il profumo e a non fermarsi alle spine (per questo si regalano le rose): il cielo si riempì di coppie di colombi che tubavano, da lì verrebbe il termine “piccioncini”. Scelsero la “con-passione”, la “passione vissuta insieme” fino in fondo, sfidando la morte. “Se vuoi puoi cambiare la realtà!”. Possiamo dirlo anche noi.
È un miracolo che nella vita di coppia e di società fa chiunque agisce con la fantasia del cucire contro ogni logica di strappo e si sente realizzato nel vedere la gioia di chi ha accanto. Gesù, Arlecchino, San Valentino vivono “con-passione”. Farsi vedere vulnerabili, feriti, sensibili non è facile: ci fa paura come se fosse lebbra che deturpa e paralizza. Ammettere le mancanze, sussurrare “mi manchi!”, chiedere “mi manca… puoi aiutami?” genera quegli abbracci che sanno sempre rimettere insieme tutti i pezzi.