Estratto dell’articolo di Gian Guido Vecchi per il Corriere della Sera.
Il volo SQ 368 ha lasciato da poco Singapore, Francesco raggiunge i giornalisti in fondo all’aereo e a vederlo non si direbbe che, a quasi 88 anni, abbia appena concluso il viaggio più lungo del suo pontificato, dodici giorni «ai confini del mondo» tra Asia e Oceania. Il Papa posa il bastone, si siede e risponde tranquillo alle domande per quaranta minuti. «Avanti e coraggio!», saluta tutti alla fine, e sorride: «Speriamo ci diano da mangiare, adesso».
Santità, durante il viaggio ha parlato in difesa della dignità della vita. In vista delle elezioni negli Usa, che consiglio darebbe a un elettore cattolico che deve decidere tra un candidato favorevole all’interruzione di gravidanza e un altro che vorrebbe deportare undici milioni di migranti?
«Ambedue sono contro la vita, sia quello che butta via i migranti sia quello che uccide i bambini. Io non sono statunitense, non andrò a votare lì. Non dare ai migranti accoglienza e possibilità di lavorare è peccato, e grave. Io sono stato a celebrare Messa alla frontiera, vicino alla diocesi di El Paso. C’erano tante scarpe dei migranti, sono finiti male lì. In America centrale c’è una corrente di migrazione, tante volte vengono trattati come schiavi. La migrazione è un diritto che già c’era nella Sacra Scrittura, nell’Antico Testamento: l’orfano, la vedova e lo straniero, cioè il migrante, sono i tre che il popolo di Israele deve custodire. Non dimentichiamolo. Quanto all’aborto, la scienza dice che a un mese dal concepimento ci sono tutti gli organi di un essere umano. Tutti. Fare un aborto è uccidere un essere umano. Ti piace la parola, non ti piace, ma è uccidere. La Chiesa non è chiusa perché non permette l’aborto, la Chiesa non permette l’aborto perché uccide. È un assassinio, un assassinio. Mandare via i migranti, non lasciarli sviluppare, non lasciare che abbiano una vita, è una cosa brutta, è cattiveria. Mandare via un bambino dal seno della mamma è un assassinio. Su queste cose dobbiamo parlare chiaro, niente “ma”, “però”, entrambe le cose sono chiare»-
«Nella morale politica, in genere, si dice che non votare è brutto, non è buono. Si deve votare. E si deve scegliere il male minore. Chi è il male minore, quella signora o quel signore? Non so, ognuno in coscienza pensi e faccia questo».
C’è il pericolo che il conflitto di Gaza si estenda anche alla Cisgiordania, cosa si sente di dire alle parti in guerra? C’è la possibilità di una mediazione della Santa Sede per arrivare a un cessate fuoco e alla pace?
«La Santa Sede lavora su questo. Io chiamo la parrocchia di Gaza tutti i giorni, lì dentro ci sono seicento persone, cristiani, musulmani, ma vivono come fratelli. Mi raccontano cose brutte, cose difficili. Io non posso qualificare se questa azione di guerra sia troppo sanguinaria o no, ma per favore, quando si vedono i corpi di bambini uccisi, quando per la presunzione che lì ci siano alcuni dei guerriglieri si bombarda una scuola, è brutto questo, è brutto. Delle volte si dice che è una guerra difensiva, ma alcune volte credo sia una guerra troppo, troppo… Mi scuso di dire questo, ma non trovo che si compiano i passi per fare la pace. A Verona ho avuto una esperienza molto bella, c’era un ebreo cui era morta la moglie e uno di Gaza al quale era morta la figlia , e hanno parlato della pace, si sono abbracciati, hanno dato una testimonianza di fratellanza. Alla fine, chi vince la guerra troverà una grande sconfitta. La guerra è sempre una sconfitta, sempre, senza eccezione. Voglio dire una cosa, questo forse è un po’ immischiarmi in politica: io ringrazio tanto, tanto, il re della Giordania per quello che fa; è un uomo di pace, Re Hussein, un uomo bravo».
Il mese prossimo sarà rinnovato l’accordo tra Pechino e il Vaticano sulla nomina dei vescovi: è soddisfatto dei risultati e del dialogo ottenuti finora? E ci sono spazi di collaborazione tra Cina e Santa Sede per arrivare alla pace nelle regioni in conflitto?
«Io sono contento dei dialoghi con la Cina, il risultato è buono. Anche per la nomina dei vescovi, si lavora con buona volontà, ho sentito la Segreteria di Stato e sono contento. La Cina per me è una illusione, io vorrei visitare la Cina. Io ammiro la Cina, la rispetto. È un grande Paese, di cultura millenaria, con una capacità di dialogo, di capirsi, che va oltre i diversi sistemi che ha avuto. Credo che la Cina è una promessa e una speranza per la Chiesa. La collaborazione si può fare, e sui conflitti certamente. In questo momento si muove il cardinale Zuppi e ha rapporti anche con la Cina».
In Venezuela la situazione è drammatica, in questi giorni il presidente teoricamente eletto ha dovuto andare in esilio in Spagna. Che messaggio darebbe al popolo del Venezuela?
«Non ho seguito la situazione del Venezuela ma il messaggio che darò ai governanti è dialogare e fare la pace. Le dittature non servono e finiscono male, prima o dopo. Leggete la storia della Chiesa… Io dirò che il governo e la gente facciano di tutto per trovare un cammino di pace. Non riesco a dare un’opinione politica perché non conosco i dettagli. So che i vescovi hanno parlato e il messaggio dei vescovi è buono».
In tema di viaggi lunghi, andrà in Argentina? Magari con uno scalo alle Canarie?
«Se andrò in Argentina, è una cosa ancora non decisa. Io vorrei andare, è il mio popolo, ma ancora non deciso. Ci sono diverse cose da risolvere prima. Io penso un po’ di andare alle Canarie, perché lì ci sono situazioni di migranti che vengono dal mare e vorrei essere vicino ai governanti e al popolo».
Ci sarà a Parigi per l’inaugurazione di Notre-Dame a dicembre?
«No, non andrò a Parigi»
A Timor-Leste ha menzionato giovani vittime di abusi sessuali, ovviamente abbiamo pensato al vescovo Belo. In Francia c’è stato un caso simile con l’Abbé Pierre, il fondatore di Emmaus. In entrambi i casi, il loro carisma ha fatto sì che fosse più difficile credere alle accuse. Vorrei chiedere: cosa sapeva il Vaticano riguardo l’Abbé Pierre? E cosa può dire alle vittime, e a chi ha difficoltà a credere che una persona che ha fatto tanto bene abbia anche potuto commettere dei crimini?
«Hai toccato un punto molto dolente, molto delicato. È gente buona, gente che fa il bene. Hai nominato l’Abbé Pierre. Con tanto bene fatto, si vede che questa persona è un peccatore brutto. E questa è la nostra condizione umana. Non dobbiamo dire: copriamo, copriamo perché non si veda. I peccati pubblici sono pubblici e vanno condannati. Noi dobbiamo parlare chiaro su queste cose, non nascondere. Il lavoro contro gli abusi è una cosa che tutti noi dobbiamo fare. Ma non solo contro gli abusi sessuali, contro ogni tipo di abuso: l’abuso sociale, l’abuso educativo, il cambiare la mentalità alla gente, il togliere la libertà. L’abuso è a mio giudizio una cosa demoniaca, perché ogni tipo di abuso distrugge la dignità della persona, cerca di distruggere quello che tutti noi siamo: immagine di Dio. Io sono contento quando vengono fuori questi casi. Tre anni fa, abbiamo fatto un incontro con i presidenti delle Conferenze Episcopali sui casi di abuso sessuale e altri abusi. Abbiamo avuto una statistica molto ben fatta, credo dalle Nazioni Unite: il 42-46 per cento degli abusi avviene in famiglia o nel quartiere. L’abuso sessuale dei bambini, dei minorenni, è un crimine e una vergogna. Ancora sull’Abbé Pierre, non so quando il Vaticano è venuto a saperlo, io non ero qui e mai mi è venuto di fare una ricerca su questo. Certamente dopo la morte, prima non so».
Alcuni Paesi cominciano a distanziarsi dal loro impegni climatici o a compiere la transizione alla «green energy». Cosa ne pensa?
«Penso che il problema climatico è grave, è molto grave. Parigi è stato il culmine (la Cop21 del 2016, ndr.), da quel momento in poi gli incontri climatici sono in discesa. Si parla, si parla, ma non si fa. Questa è la mia impressione. Di questo ho parlato in due scritti, Laudato si’ e Laudate Deum».
A Timor Leste ha detto di stare attenti ai coccodrilli. Cosa intendeva?
«Timor-Leste ha una cultura semplice, familiare, gioiosa. È una cultura di vita, ha tanti bambini, tanti. Quando ho usato l’immagine dei coccodrilli che vengono sulla spiaggia, parlavo delle idee che possono venire da fuori per rovinare questa armonia».
Lì i cattolici sono la maggioranza ma c’è una crescita delle sette. Il termine «coccodrilli» si riferiva anche a loro?
«Può darsi, io non parlo di quello, non posso, ma può darsi. Perché tutte le religioni vanno rispettate, ma si fa una distinzione tra religione e setta. La religione è universale, qualsiasi essa sia. La setta è restrittiva, è un gruppetto che ha sempre un’altra intenzione».
Durante questo viaggio ha parlato molto apertamente dei problemi anche di ogni Paese, non solo delle bellezze. E proprio per questo ci siamo chiesti: come mai non ha parlato del fatto che a Singapore esiste ancora la pena di morte?
«È vero, non mi è venuto in mente. La pena di morte non funziona: lentamente dobbiamo di eliminarla. Tanti Paesi hanno la legge, ma non eseguono la sentenza. Negli Stati Uniti è lo stesso… Ma la pena di morte va fermata, non va, non va».
Come ha trovato Singapore?
«Non mi aspettavo di trovare Singapore così. La chiamano la New York dell’Oriente, un Paese sviluppato, pulito, gente educata, la città, grattacieli grandi, anche quelli per gli operai, messi bene, puliti, questo mi è piaciuto tanto, non ho sentito discriminazione. Anche una grande cultura interreligiosa. E il ruolo internazionale, ho visto che la prossima settimana c’è la Formula uno. Ogni Paese ha una ricchezza diversa. Per questo è importante la fratellanza nella comunicazione. Ad esempio, se io penso a Timor-Leste ho visto tanti bambini, a Singapore non ne ho visti tanti. Forse è una cosa da imparare… Il futuro sono i bambini».
Foto: Vatican News