Come ogni martedì torna la rubrica dedicata alla figura di Tommaso da Olera, il frate cappuccino vissuto a cavallo tra Cinque e Seicento e proclamato Beato nel 2013. Il testo è tratto da “Tommaso da Olera, un anno con un mistico del Cuore di Gesù” di Sergio Calzone. Le riflessioni di oggi.
Il liero Avvento
«Si approssimava il tempo che dovesse nassere il sole»: il lieto Avvento
Com’è noto, l’Avvento, nel rito romano, può essere diviso in due parti: fino al 16 dicembre, è momento di penitenza, poiché si guarda alla venuta di Cristo al termine dei tempi, e, quindi, nella sua gloria; dal giorno successivo, invece, l’attenzione si sposta sulla sua Incarnazione, cioè al Natale del Dio fatto uomo.
Nel dettagliato racconto che Fra Tommaso rende circa i mesi precedenti la nascita in Betlemme (ricordiamo, a questo proposito che soltanto Matteo e Luca parlano della nascita di Gesù e soltanto Luca descrive la visita di Maria a Elisabetta), è interessante cercare un segno che faccia da spartiacque tra questi due momenti, così vicini eppure così diversi.
La natura sovra umana del bambino custodito nel ventre di Maria (accenno, seppure indiretto alla gloria futura) passa attraverso una moltitudine di segnali.
Era la cognata di Maria Elisabeta, in su le montagne di Giudea, una matrona vechia, e il suo marito, un uomo santo, Zacaria, sacerdote vechio. Questi duoi pregavano Iddio che gli dasse prole; Iddio gli concesse un figliolo per particolar miracolo, non potendo per loro vechieza aver figlioli. E così l’angelo gli rivellò a Maria che questa Elisabeta era ancora essa gravida e, benché era impossibile, averia impartorito un figliolo si bene era sterile, e che già erano passati alquanti mesi della sua gravidanza. (Selva, 146)
Primo elemento miracoloso
Oh che ragionamenti, oh che colloqui facevano questi santi duoi sposi in questo viaggio! Vagli appresso, o anima mia, odi quelle parole che dicono piene di spirito de Dio: e parmi vedere in spirito che, mentre caminavano per quegli monti, di veder i uccelli dell’aria sequitare Maria cantando, quasi cognossendo il suo fattore, arringraziando Maria che nel suo ventre avesse accettato il suo creatore; e che l’instesso facessero i animali della terra sequitando Maria, laudando il suo creatore in quel meglior modo che potevano; i albori instessi inchinandosi con suoi vaghi ramicelli adoravano il suo fattore; e li angeli in gran moltitudine compagnavano il suo Iddio e la sua regina. Oh come godeva questa gran Madre de Dio in veder che le creature senza raggione e le piante cognossevano il suo fattore, e in quel modo che potevano lo onoravano! (Selva, 147)
Secondo elemento miracoloso
Contempla, o anima mia, quando di lontano Zacaria ed Elisabeta vide e conobbe Maria e Gioseffo, che giubilo sentisse alora questi santi; e parmi veder Maria a guisa de lampegiante sole che comparendo scaccia l’oscurità. Aveva Maria nel suo purissimo ventre il sole di grazia coperto sotto una chiara nuvola, il santo ventre di Maria, e scaturiva raggi da questa nuvola limpidissima di Maria. (Selva, 147)
Terzo elemento miracoloso
Ed Elisabeta correndo abbraciò Maria e Zacaria abbracciò Gioseffo, salutandosi insieme; e mentre stavano queste sante donne, il bambino che era nel ventre di Elisabeta essultò, si rallegrò e genuflesso adorò il suo Dio, cognossendo che era nel ventre di Maria: ove vedendo Elisabeta questa miraviglia, ripiena di Spirito Santo, profettando disse queste beate parole: Benedicta tu inter mulieres, et benedictus fructus ventris tui etc. [Benedetta tu fra le donne, e benedetto il frutto del tuo ventre ecc. (Lc 1,42)]. (Selva, 147)
Quarto elemento miracoloso
Oh quante volte Giovanne faceva nel ventre materno segno di allegrezza, mentre sapeva il suo Dio presente! Oh come il figliol de Dio godeva in veder il suo precursore, il qualle santificò nel ventre di sua madre e lo ammaestrò di quanto doveva fare! (Selva, 148)
Quinto elemento miracoloso
È il Cristo trionfante che governa la materia che lui stesso ha creato come parte e intero della Trinità. Davvero, è quel «sole» che, ancora annidato nel ventre della Vergine, risplende con le opere, non in assenza, certo, ma in forma non ancora compiutamente umana, eppure già potente della potenza del Creatore.
Ci si avvia verso la pienezza dei tempi.
Ove essendo stata Maria trei mesi con Elisabeta, mi dà a credere che Iddio rivelasse a la Beata Vergine che ritornasse in Nazareth perché si approssimava il tempo che dovesse nassere il sole. Ove mettendosi a l’ordine per partirsi, chi avesse veduto li lamenti di Elisabeta e li abbracciamenti! Oh che basci cordiali passavano tra essi! Oh fusse io stato presente a questa partenza! Ove finalmente se partì Maria con Gioseffo. Pensa, anima mia devota, nel ritorno di Maria in Nazareth quello che raccontai ne l’andata gli interviene anche nel ritorno. Arrivò la gran Madre di Dio in Nazareth, e andò alla sua povera casa stanca e afflitta. (Selva, 148)
Forse non a caso Fra Tommaso rimpiange proprio di non essere stato presente a quella partenza: essa segna il termine di un’attesa intrisa di sovra umano e apre invece alla vicenda umana di Gesù.
Fra Tommaso rende sempre più vicina e, pure, non ancora compiuta questa attesa.
Il tempo si avicinava di dar al mondo quel prezioso tesoro nascosto in quel tabernacolo verginale, fin che quando viene un editto da Cesare Augusto imperatore romano, che sotto tutto il suo imperio ognuno andasse a darsi in nota: dove che Nazareth era sottoposta a Betlehemme, dove bisognò che Gioseffo ivi s’andasse per darsi in nota e poi ritornare in Betlehem dico in Nazareth, senza menar Maria, e tanto più che vedeva esser ella vicina al parto. Ma avendo Iddio dato in custodia Maria a Gioseffo, non comportava che per spazio de diece o più giorni stasse privo di non veder Maria. E però, conferendo con Maria li suoi pensieri come bisognava andar in Betlehem per obedir a l’editto di Cesare e che la voleva menar con esso, consentì Maria alla voluntà del sposo suo. O Dio, chi avesse veduto Maria a prepararsi per far un viaggio così longo! Aveva preparato Maria come prudente vergine poveri pannicelli e fasce per rivolgervi il suo caro putino, e sapeva ben Maria che era vicina al parto, e anche sapeva che li profetti profettando del Messia avevano detto che doveva nasser in Betlehem; e avendo Maria sentito da Gioseffo che la voleva menar con lui in Betlehem, si allegrò molto, vedendo che andava alla volta di verificar la profezia. (Selva, 148)
Profezia e vita pratica convergono. Ed emerge sempre più il lato umano: Giuseppe che non vuole distaccarsi da Maria per i dieci giorni che, da solo, avrebbe impiegato per andare e tornare da Betlemme. Una prova di tenerezza verso la sua sposa e, insieme, di matura avvedutezza, considerata la vicinanza del parto. E la stessa Maria che attende le decisioni del marito e consente alla sua volontà, non soltanto per adempiere alle scritture ma anche per quella sottomissione coniugale che il beato Tommaso trovava probabilmente anche nel suo tempo. (107)