Come ogni martedì torna la rubrica dedicata alla figura di Tommaso da Olera, il frate cappuccino vissuto a cavallo tra Cinque e Seicento e proclamato Beato nel 2013. Il testo è tratto da “Tommaso da Olera, un anno con un mistico del Cuore di Gesù” di Sergio Calzone. Le riflessioni di oggi.
Il sacro cuore
O beato cuore, io vi sono devotissimo e piangerò e singulterò dì e notte la vostra dura morte. (Scala, 150)
Così Fra Tommaso imposta le sue prime riflessioni in Contemplazione sopra il cuore di Gesù, all’interno del testo citato. È inevitabile che il lettore si soffermi su un dato, a prima vista, sorprendente: «la vostra dura morte». Il beato Tommaso, cioè, mostra di riferirsi al cuore umano di Cristo al cessare dei suoi battiti.
L’analisi Padre Badan
L’analisi condotta a suo tempo da padre Ubaldo Badan[1] era, in realtà, così esaustiva, da rendere quasi vano il tentativo di aggiungervi altro. Tuttavia, il metodo scelto per questo volume, che è quello di far «parlare» i testi del nostro Beato, permetterà, forse, di riprenderne le tematiche, non certo all’altezza teologica del Badan, ma su un piano più strettamente legato alla scrittura, cioè al progressivo formarsi, prima in Selva di contemplazione e poi, più consapevolmente, in Scala di perfezione, di quell’intuizione mistica che, appunto, permette a Fra Tommaso di superare le posizione già ai suoi tempi acquisite circa il cuore di Gesù, per diventare quel «precursore di Margherita-Maria Alacoque», che padre Ubaldo da Piove di Sacco ha così ben definito.
Il primo, vero incontro con il tema che diventerà poi dominante nel suo pensiero, Fra Tommaso lo ha avuto quando, esaurita la narrazione dell’infanzia di Gesù, egli deve colmare gli anni che separano ciò dall’inizio della predicazione del Maestro, «saltando», per di più, con una singolarità che vedremo in un altro capitolo, il momento non certo trascurabile del suo battesimo a opera di san Giovanni. Commentando, dunque, lo stato d’animo di Gesù agli esordi del suo concreto cammino verso la passione, ecco come viene descritto il nocciolo del suo pensiero.
Un cuore reale
Amava tanto questo nostro Iddio il genere umano che, vedendo sua dannazione, gli trapassava il cuore, e tante anime dannate gli erano tante saette al cuore. (Selva, 190)
È chiaro che questo «cuore», per ora, è quasi metaforico, nel senso che ricalca un’immagine che ancora oggi usiamo, per indicare una forte pena o una forte emozione. È, sì, un cuore reale, umano, ma è ancora, in modo diremo classicheggiante, la sede dei sentimenti e non quello che prosaicamente potremmo definire «il muscolo cardiaco». Tanto è vero che, riprendendo quasi pari pari lo stesso pensiero, due pagine dopo, Fra Tommaso lo espone, sì, in modo assai simile, ma senza ricorrere alla parola «cuore».
E sopra il tutto patì gran martirio per la memoria de tante anime che dovevan dannarsi dalla sua natività fino alla fine del mondo; e ogni anima che vedeva danarsi era al tuo Dio un dolore immenso, anzi un aspro martirio. (Selva, 192)
Siamo, cioè, ancora in un tempo in cui il cuore può essere sottinteso, in quanto è espressione, come si è detto, figurata e non concreta. Tanto che, anche durante l’istituzione dell’Eucaristia, restiamo a questo livello simbolico.
Oh quanto gli passava il cuore in vedere che oggi li suoi apostoli ricevevano il suo santissimo corpo e il giorno sequente lo averiano arbandonato! (Selva, 211)
Un primo segnale, indiretto, di una maturazione del termine viene nel momento in cui Giuda guida gli armati ad arrestare Gesù ed Egli si consegna senza resistere o reagire, e, anzi, rimprovera Pietro per aver mozzato l’orecchio di questo Malco e ne ripara il danno.
O Dio, che Giuda è indurito: non gli potrette commover quel cuore, non gioverà né il vostro cuore né il vostro sangue. (Selva, 228)
Qui è meno univoca l’interpretazione di ciò che Fra Tommaso intenda con il cuore di Cristo: è sinonimo di generosità? Pare limitativo. È già la bontà divina, o forse la sede della sua immensa sensibilità, come verrà poi chiarito in Scala di perfezione?
La crocifissione
La definizione compare esplicita di lì a poco, quando si arriverà alla descrizione dell’atroce crocifissione.
E posto il chiodo sopra la man, percottorno come avevano fatto l’altra; e mentre fecero quegli colpi trapassandogli le mane, pensa che insieme gli trapassorno il cuore come bersaglio de tutti li dolori. E non pativa membro che non patisse anche il cuore e quelle percosse sentiva anche il cuore di Maria. (Selva, 250)
Ecco la «messa a fuoco» della valenza di questo cuore: esso si carica dell’amore di Cristo per gli uomini, amore che gli consente, anzi, gli impone di soffrire la Passione per il loro riscatto, ma, al tempo stesso, si carica anche della crudeltà di quegli stessi uomini che «infliggono coltelli» al suo cuore materiale e spirituale insieme, poiché un Dio fatto uomo è interamente uomo e interamente Dio. E sarà interessante vedere come Fra Tommaso, proseguendo nella sua ascesa mistica, riuscirà a risolvere il problema se il cuore terreno, dopo la morte e resurrezione, continuerà a esistere oppure si sarà come dissolto in quello divino.
Proseguiamo a interrogare i testi. Ecco, appunto, il momento successivo al consummatum est.
Un soldato chiamato Longino, che fu poi grande amico de Dio, con una crudel lancia gli trapassò il petto e il cuore insieme. O Longino, tu sapevi pur che Cristo era morto: e perché dargli quella lanciata? […] O crudel Longino, o crudel lancia, dapoi morto trapassi il cuore al mio Signore? […] che ussì sangue e acqua.
Contempla, o uomo, questa lanciata e contempla Maria, quando vide quel cuore aperto. […] Ora, o peccatore, potrai vedere e contemplare il cuor aperto de Cristo. Aveva Iddio in tutti li excessi mostrato misteri di amore, ma ora ti certifica del suo excessivo amore e monstra una fornace accesa piena di fiamme di amor. Era in quel cuore rimasto sangue e acqua, e volse Cristo versar anche quello […] volse vuotar il cuore come borsa del suo tesauro e amore, mostrando che si avesse avuto più sangue e più cuori, che tutti li averia posti sotto la crudel lancia in segno di estremo e smisurato amore che portava alla generazione umana tutta insieme e a ogni anima in particolar. (Selva, 254-255) (60).