Come ogni martedì torna la rubrica dedicata alla figura di Tommaso da Olera, il frate cappuccino vissuto a cavallo tra Cinque e Seicento e proclamato beato nel 2013. Il testo è tratto da “Tommaso da Olera, un anno con un mistico del Cuore di Gesù” di Sergio Calzone. Le riflessioni di oggi.
Il vino dell’ultima cena
Soltanto più avanti, Fra Tommaso accenna, come di sfuggita, al vino.
O amabilissimo Gesù, quanto fu grande l’amor vostro, poiché preparasti una preziosissima refezione e beveraggio tanto e talle che già mai non fu veduta una talle nel mondo! O chi avesse veduto alora il nostro carissimo Cristo mentre consecrò il pane e calice! Chi avesse veduto questo padre di famiglia dar cibo a’ suoi cari figlioli il preziosissimo corpo sotto specie di pane e da bere il suo preziosissimo sangue sotto specie di vino! (Selva, 210-211)
È curioso il ritegno, circa il vino, a fronte della naturalezza con cui se ne parla nei Vangeli.
«Ora, mentre mangiavano, Gesù prese del pane, recitò la benedizione, lo spezzò e, mentre lo dava ai discepoli, disse:Prendete, mangiate; questo è il mio corpo. Poi prese il calice, rese grazie e lo diede loro, dicendo: Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue, dell’alleanza, che è versato per molti per il perdono dei peccati. Io vi dico che d’ora in poi non berrò più di questo frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò di nuovo con voi, nel regno del Padre mio» (Mt 26,26-29).
«E, mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: Prendete, questo è il mio corpo. Poi prese il calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti. In verità vi dico che io non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio» (Mc 14,22-25).
«Poi prese il pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: Questo è il mio corpo, che è dato per voi; fate questo in memoria di me. E, dopo aver cenato, fece lo stesso con il calice dicendo: Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che viene versato per voi» (Lc 22, 19-20).
La scelta
È difficile immaginare i motivi di questa scelta, soprattutto alla luce della devozione che, poco dopo, Fra Tommaso riserverà proprio al sangue di Cristo che, nell’Eucaristia, è naturalmente rappresentato dal vino. Certo, un motivo, forse insufficiente a spiegare del tutto questo squilibrio, può stare nel fatto che «l’uomo gode in terra questo sacro e divino sacramento, il qualle è quell’istesso Dio sotto specie di pane, e possiamo noi riceverlo ogni giorno» (Selva, 210), cioè la «concentrazione» nell’ostia consacrata dal sublime gesto del Cristo, mentre il vino, per evidenza pratica, è riservato al celebrante che, tuttavia, lo beve a nome dell’intera comunità.
Ma quanta venerazione, quanto amore per questo pane! C’è un breve passo, in Selva di contemplazione, che sembra persino trascendere la semplice fede, per sconfinare nel contatto diretto con Dio attraverso la materia-ostia.
E quando le averai nella bocca, non lo inghiottire subito, ma tienilo alquanto e contempla la preziosità di quel celeste cibo: considera la sua gran bontà e umiltà e da dolcezza piangi (215).
Il pane celeste
Al termine del racconto della cena e della devota celebrazione del pane celeste, Fra Tommaso interviene con un altro dei suoi intermezzi che potremmo chiamare di solido buon senso contadino (non dimentichiamo mai le sue origini che gli permettevano di avere tanto facile spontaneità con le popolazioni del Trentino e del Tirolo). Egli, cioè, si pone il problema: durante l’ultima cena, va bene la presenza dei discepoli, va bene persino la partecipazione di Giuda, ma, se questo era un addio, Maria, la Madre, poteva non esserci?
O ineffabile e intemerata Madre de Dio, dove ere che a questa cena non fusti presente con il vostro figliolo? È possibile che lui volse far l’ultima cena e partenza con intervento di tutti li apostoli, cibandoli con il suo santissimo corpo, e non volse che sua diletta Madre, la qualle amava sopra tutti li apostoli, gli fusse? Ah, che non si ha a credere cose talle; benché li evangelisti di ciò non fanno menzione, fu perché non si averiano potuto pensare che nella mente di uomini potesse cadere un tal pensiero: che Cristo, che tanto amava sua diletta Madre e dovendosi partire dalli suoi carissimi amici, che non volesse che la sua amata Madre si ritrovasse presente e che la volesse privar de una tanto alta e salutare refezione, cibando li suoi apostoli con il santissimo sacramento del suo corpo e sangue. E che quella che l’aveva impartorito e arlevato con tanta fatica la volesse privare de questa nova invenzione, non è da dubitare in modo alcuno. E però si ritrovò presente alla consecrazione de questo santissimo sacramento e fu communicata dalle proprie mane del suo figliolo. E fu presente al lavare, e con gran miraviglia contemplava la umiltà di amore del suo amato figliolo, anzi se ramaricava vedendo suo figliolo posto in tanti dolori, e sapeva il traditore, perché mi dà a credere che, si il Salvatore rivelò a Giovanne il tradimento de Giuda, che prima lo rivelasse a sua santissima Madre alla qualle conferiva tutte le cose, essendo Maria secretaria de’ divini misteri. (Selva, 216).
La spiegazione
La spiegazione di Fra Tommaso è tanto semplice, quanto una trovata popolare: non contraddice i Vangeli (operazione che non avrebbe mai neppure concepito) ma, anzi, li giustifica senza troppa fatica: chi avrebbe bisogno di sentirsi dire che la Madre di Cristo non fosse presente in un’occasione simile?
In questo frangente, il beato Tommaso va anche oltre: i Vangeli spiegano soltanto frammentariamente la consapevolezza di Gesù, circa il proprio destino terreno. Lo fanno in tempi e luoghi diversi.