Estratto dell’articolo di Chaira Maffioletti per il Corriere della Sera
Di aule, così come di palchi, il professor Roberto Vecchioni ne ha frequentate molte. Ma quella dove ha tenuto una lectio martedì è un po’ diversa dalle altre, «con una platea che conosco poco», in Vaticano, nella Basilica di San Pietro. Tema dell’incontro: «Dio non fa preferenze». Con lui, il cardinale Gianfranco Ravasi. Partiamo dal principio: Dio non fa preferenze. Lei come la vede?
«Sono andato a rileggere gli Atti degli Apostoli e mi sono reso conto che lì c’è scritto: Dio non fa preferenze ma accoglie chi ha rispetto di lui, a qualunque nazione appartenga».
Perché é importante riflettere su certi temi?
«Oggi c’è una grande crisi tra ideale e reale a favore del reale. Non ci si sofferma più sull’ideale, nemmeno sull’idea. In questo modo noi programmiamo una eternità temporanea, convinti di essere eternamente reali. Non è così».
La fede è un dono o una conquista?
«Io con la mente e con la fantasia sono arrivato a un bisogno assoluto di super umano, di ultraterreno, di qualcosa che non sia solo chimica. Alla fede ci si arriva quasi sempre attraverso i sentimenti, quella forza incredibile che governa il mondo che è l’amore: è un’invenzione troppo straordinaria. E non parlo di cellule che si uniscono ad altre cellulle. Mi riferisco al fatto che pensi a una donna lontana mille chilometri ma senti che la ami, in un modo che va oltre le mini maglie della realtà».
È sempre stato un credente?
«Non sono mai stato ateo, ma un credente molto debole sì. Del resto ho fatto le scuole cattoliche, finisci per forza per andarci contro a un certo punto».
E cosa l’ha fatta crescere nella sua fede?
«I dolori. Il cercare di spiegarmi razionalmente o sentimentalmente il perchè del male. E quindi lentamente capire che c’è un senso, oscuro ma c’è. Aveva ragione Eschilo: si impara soffrendo. Ed è vero, non si impara niente dalla felicità, è uno stato di quiete, di mare morto. Nel mare in agitato scopri come navigare».
Quest’anno ha affrontato il dolore più spaventoso, ha perso suo figlio di 36 anni.
«È stato il dolore più grande della mia vita. Il più grande. Ma invece di sbalzarmi nell’inferno mi ha proiettato verso la speranza».
Dio non fa preferenze, si dice. Ma per la Chiesa non sembra valere lo stesso: pensiamo ai divorziati, alle persone omosessuali…
«Tutte le religioni rivelate diventano granitiche. La Chiesa parte da precetti scritti inossidabili, ma il Papa sta dando un grande esempio per cambiare le cose. Le aperture hanno bisogno di tempo ma secondo me arriveranno. La mia non può essere una promessa, evidentemente, ma è una speranza».
Lei, come padre, non ha fatto nessuna differenza quando sua figlia le ha detto che era omosessuale.
«Ma no, certo. Non ho le competenze per esprimermi sul perché la Chiesa non lo abbia ancora fatto ma io dico che accadrà. Si capirà, si dovrà capire che bisogna vivere in un mondo in cui gli uomini possono esprimere il proprio spirito e il proprio sentimento. Il proprio bisogno di trovare tranquillità, rifugio e piacere in un’altra persona, chiunque sia».
Se così non fosse, il rischio non è quello di creare sempre più distanza con le persone?
«È vero che il mondo si è completamente ribaltato anche solo dal 900. Molte persone sono un po’ allo sbando e si rifugiano in uno scetticismo ironico. Con i social poi, si è creata una complessità di egoismi dove tutti parlano: esistono solo delle tesi, e nessuno ha più voglia di ascoltare. Personalmente, invece, sono pieno di amici. Quelli storici, che conosco da quando sono ragazzo. E quelli nuovi. Di tutte le professioni, ricchi o poveri, non ha importanza. Ci accomuna una grande confidenza e lealtà. Con molti di loro parlo quasi ogni sera: il mondo lo devi riempire di continue parole, ma di altri».
Ci sono anche quelle di sua moglie.
«Ho avuto questa fortuna immensa: da 43 anni sto con una donna che è meravigliosa e siamo una cosa sola. Posso aver avuto tutti i dolori del mondo, ma posso anche dire che per 43 anni ho avuto al mio fianco una persona con cui — nel bene e nel male, nei litigi, nel capirsi e non capirsi — abbiamo costruito una sintassi dell’esistenza comune». (…)
Un po’ come per la fede, ha capito nel tempo che era un amore così o ne è stato travolto?
«Non c’è una ragione: quando l’ho vista la prima volta sono crollato. E l’ho vista in mezzo cento persone, ma subito ho pensato: la mia vita parte da qui. Non so dove arriverà, ma parte da qui. Era una donna bellissima, la più bella che avessi mai visto in vita mia. E lo è ancora, ma la bellezza è la sua qualità peggiore».
Se potesse fare una domanda a Dio, cosa gli chiederebbe?
«Solo: perché? E credo ne uscirebbe un libro di 6500 pagine». (…)
Il segreto è praticare l’amore e l’ascolto, quindi?
«In questo modo sono arrivato a 80 anni e me ne sento 40. Mi sento giovane, in divenire. Mi vengono in mente le parole dette da un nativo dell’Amazzonia a un esploratore che gli spiegava come si vivesse fuori dalla foresta: voi correte, correte sempre, ma perché non vi fermate un momento e aspettate che la vostra anima vi raggiunga?».