Alla fine, la missione di pace per l’Ucraina, annunciata da papa Francesco, è partita. L’inviato del Pontefice, il cardinale di Bologna e presidente della Cei Matteo Maria Zuppi, è arrivato stamane a Kiev e vi resterà anche domani – come ha fatto sapere di buon mattino il comunicato della Santa Sede – per “una iniziativa che ha come scopo principale quello di ascoltare in modo approfondito le Autorità ucraine circa le possibili vie per raggiungere una giusta pace e sostenere gesti di umanità che contribuiscano ad allentare le tensioni”.
Zuppi prima a Bucha
In realtà, prima ancora di arrivare a Kiev a mezzogiorno, Zuppi ha fatto tappa in uno dei luoghi dell’orrore, a Bucha, teatro del massacro perpetrato dai russi nel marzo 2022. Per ora dal Vaticano, sugli incontri dell’inviato papale nella capitale ucraina viene mantenuto riserbo, anche se Zuppi, nella Nunziatura apostolica, ha visto sicuramente diverso leader religiosi, ebrei, ortodossi e islamici. Oggi non ha incontrato il presidente Volodymyr Zelensky, forse lo farà domani. “Ci sarà tutta una serie di incontri, ma sarebbe discriminatorio menzionarli adesso perché è più una missione di lavoro, di studio. Poi si valuterà su che cosa porre gli accenti”, dice ai media italiani il nunzio apostolico, mons. Visvaldas Kulbokas, che ha ricevuto Zuppi in Nunziatura. “Sono incontri che hanno come scopo principale quello di ascoltare, sulla tematica della pace, sulle tematiche umanitarie”. E sulla possibilità che in una successiva visita a Mosca, l’emissario pontificio incontri il presidente Putin e il ministro degli esteri Lavrov, indicata stamane dall’interlocutore russo del papa, Leonid Sevastianov, capo dei “vecchi credenti”, e subito smentita dal portavoce del Cremlino Dmitry Peskov come “non in programma”, il nunzio aggiunge: “Qui secondo me è prematuro sollevare le ipotesi, perché prima Zuppi ascolterà. Tutto il resto sarà da decidere: spetterà a lui decidere con papa Francesco, successivamente”.
La missione è esplorativa
Per il momento, quindi, la missione è esplorativa e “di ascolto”. Un elemento che le autorità ucraine hanno già mostrato di apprezzare. La visita di Zuppi “ha luogo nel contesto del mantenimento di un costante dialogo diplomatico con la Santa Sede. La consideriamo un’altra opportunità per il Vaticano di vedere da vicino la realtà della guerra di aggressione della Russia e avere informazioni dettagliate sulla formula di pace in 10 punti di Zelensky, con lo scopo di portare una pace giusta e duratura in Ucraina”, dice all’ANSA il portavoce del ministero degli Esteri ucraino. Kiev “si aspetta sforzi del Vaticano nell’aiutarci a riportare a casa i bambini ucraini che sono stati portati illegalmente e forzatamente in Russia”. E gli fa eco l’ambasciatore di Kiev in Vaticano, Andrii Yurash, secondo cui “l’Ucraina accoglie con favore l’interesse della Santa Sede per la sanguinosa guerra, iniziata dalla Russia, e le intenzioni di comprendere profondamente le realtà. Una stretta conoscenza delle conseguenze della guerra aiuterà sicuramente a trovare risposte appropriate in nome della giustizia e della pace”.
Lo sforzo della Santa Sede
Intanto, il sostegno alla missione del cardinale di Bologna, appare unanime, e in ambito politico anche ‘bipartisan’. “Noi siamo favorevoli a tutte le iniziative di pace, apprezziamo lo sforzo che sta facendo la Santa Sede per favorire la fine della guerra”, dice il ministro degli Esteri Antonio Tajani. Il responsabile esteri della segreteria Pd, Peppe Provenzano, augura buon viaggio a Zuppi “uomo giusto inviato dalla Santa Sede, che conosce il valore dell’ascolto e di parole come speranza, giustizia, pace”. Il presidente del M5s, Giuseppe Conte, rileva che “mentre per molti sembra inevitabile arrendersi all’ineluttabilità della guerra, accogliamo questo viaggio con speranza e fiducia, consapevoli che la strada per una soluzione diplomatica è impervia e necessita quindi di sforzi straordinari”.
Le parole di Spadaro
E una chiave di lettura attenta la dà padre Antonio Spadaro, direttore di Civiltà Cattolica, per cui “il problema è che oggi l’unica logica (e quindi l’unica retorica) possibile per le parti in causa sembra essere quella della vittoria, non quella della pace che suona come una resa, come un avallare una posizione di debolezza”. In questo contesto, “per evitare la catastrofe – alimentata da una parte e dall’altra dalla certezza di una vittoria sul campo – serve provare ad allentare la tensione, muoversi sui ‘gesti di umanità’, dare disponibilità a trattare di prigionieri, di bambini, come il papa sta facendo e ha già fatto”. E così, aggiunge, “esplorare vie di soluzione, senza necessariamente pretendere di fare da ‘mediatore’. L’autorità del papa è spirituale e morale, non politica, seppure non ci siano limiti all’impegno. La Santa Sede è disposta a tutto, ma cerca di fare qual che è possibile, sempre cercando di cucire dove e come si può. Zuppi parte con in mano il filo del rammendo non con le forbici”. E “in un mondo spaccato, il compito della Chiesa è di accompagnare il cammino dei popoli. Senza pretendere di guarire di colpo il male, ma certamente versando l’olio sulle ferite che tocca”. (ANSA).