Il commento al Vangelo domenica 6 novembre, 32esima del Tempo Ordinario C.
Dal Vangelo secondo Luca
Si avvicinarono a Gesù alcuni sadducèi, i quali dicono che non c’è risurrezione, e gli posero questa domanda: «Maestro, Mosè ci ha prescritto: “Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello”. C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. Da ultimo morì anche la donna. La donna, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie».
La risposta di Gesù
Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgano, lo ha indicato Mosè a proposito del roveto, quando dice: “Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui».
Qual è il significato della vita?
“Qual è il significato della vita? Una domanda semplice, ma che tendeva a farsi pressante con il passare degli anni. La grande rivelazione non era mai arrivata. La grande rivelazione forse non sarebbe mai arrivata. Al suo posto però c’erano piccoli miracoli quotidiani, illuminazioni, fiammiferi accesi inaspettatamente nel buio”. Questa riflessione di Virginia Woolf mi introduce nella pagina del Vangelo di oggi, piena di morti. In questi giorni sono stato sulle tombe di persone care e ho ricordato nella preghiera e nei sentimenti tanti defunti. Mi è rimbalzato allora dal cuore un pensiero: quanto sarebbe migliore il mondo se ciascuno fosse sempre come viene descritto il giorno del suo funerale.
Dei defunti non si parla se non bene
Già gli antichi latini affermavano “de mortuis nisi bene”, dei defunti non si parla se non bene. I romani di oggi nei loro detti più veraci sono più graffianti: “Sei più bugiardo de ‘na lapide”. “La fine” ci porta a chiederci quale è “il fine”, il senso, il perché, l’intenzione di ogni nostra azione. La fine segna il traguardo. Il fine indica il compimento. Ci conceda il “Dio dei vivi” di immaginarci di frequente cosa farebbero i nostri morti, se potessero tornare indietro, ora che hanno visto “come stanno le cose”, per farci capire quanto è importante il fine sta sotto ogni nostra azione, perché anche come si muove un dito può cambiare la realtà.
Ennio Morricone e il film “The Mission”
Un aneddoto curioso che dà la prova di questo. Durante le riprese del film “The Mission” (1986) il geniale maestro compositore Ennio Morricone propose al regista Rolad Joffé sette spartiti per la colonna sonora della scena centrale dove il missionario Padre Gabriel attraversa la foresta affidando all’oboe, nel linguaggio universale della musica, invece che alle parole, il primo annuncio dell’armonia del Vangelo agli indigeni. Nessuno dei brani incontrava però la soddisfazione del regista. Rimettendosi a comporre, rivedendo la scena più volte per lasciarsi ispirare dalla natura, dai colori, dalle sensazioni, Morricone ad un certo punto guardò il movimento casuale delle dita di Jeremy Irons e provò a riprodurlo.
Il movimento di un dito
L’attore non conosceva la musica e non sapeva suonare l’oboe, aveva solo curato l’intensità dei gesti per la sua parte. Il grande maestro riuscì a trasformare il movimento di un dito, che sembrava persino finto, in “Gabriel’s Oboe”, una delle melodie più famose, dolci e intense, perché riuscì ad andare oltre le apparenze arrivando all’anima divina nascosta, che è il tocco divino “che fa vivere tutte le cose”. Il fine per l’attore era essere al meglio se stesso, anche se non conosceva come suonare quello strumento. Quella scelta di qualità nel suo essere, nel suo fare, nello stile del suo porsi e proporsi era stata capace di generare una musica speciale che diventava Vangelo di vita, linguaggio di comunione, armonia da figli della risurrezione. Tutto cambierebbe se cogliessimo la potenza di ogni gesto. E anche noi scopriremmo tanti piccoli miracoli quotidiani, illuminazioni, fiammiferi accesi inaspettatamente nel buio.