Risolto il ‘giallo’ del filmato di Leone XIII nei giardini vaticani: è datato 1898 e non 1896 come si è sempre detto fino ad ora. Ed è opera degli statunitensi della Biograph, non dei francesi della Lumiére. In particolare, l’autore fu un certo Dickson al quale oggi siamo in grado di restituire la paternità dell’impresa togliendola al torinese Vittorio Calcina rappresentante in Italia della realtà d’oltralpe. A dimostrarlo è la ricerca di Gianluca della Maggiore che s’intitola ‘Le vedute delle origini su Leone XIII. Vaticano, Biograph e Lumière’. “Un libro che consente di fare luce su una vicenda controversa”, ha affermato il prefetto del Dicastero per la Comunicazione Paolo Ruffini durante i saluti introduttivi alla presentazione organizzata ieri sera con la Fondazione MAC – Memorie Audiovisive del Cattolicesimo in collaborazione con CAST – Catholicism and Audiovisual Studies dell’universiità Uninettuno e con la Utet Università che ha pubblicato il testo.
Le parole di Mons.Viganò
L’appuntamento si è svolto presso la Filmoteca Vaticana: un luogo centrale nella vicenda, come ha spiegato monsignor Dario Edoardo Viganò presidente della Fondazione MAC e vicecancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali. È qui che nacque il ‘falso storico’: correva l’anno 1959 e in occasione dell’istituzione ufficiale della struttura venne proiettato quel filmato recante appunto data e firma non corrette. Da allora questa ‘verità’ ne ha fatta tanta di strada, venendo riportata in numerosi articoli, reportage e documentari sul primo papa immortalato da una macchina da presa agli albori del cinema. Basta fare una ricerca in rete per rendersene conto. E ci si potrebbe imbattere anche nella collana di Web Doc realizzata nel 2019 per il sessantesimo compleanno della Filmoteca. Una delle puntate della serie, veicolata da Vatican News, è intitolata ‘il primo incontro’ e afferma proprio questa imprecisione. Ora però lo ribadisce una ricerca che è stata condotta con il massimo rigore sulla base di documenti tratti soprattutto dall’Archivio Apostolico Vaticano. Documenti che sono sempre stati a disposizione. Per monsignor Viganò “è verosimile pensare che il raccordo con gli altri archivi vaticani – dove è presente tutta la documentazione che ha permesso la scrittura di questo volume – avrebbe fin dall’inizio consentito alla Filmoteca Vaticana di trattare con maggiore accuratezza filologica il documento filmato su Leone XIII interrompendo immediatamente la catena di diffusione della versione attribuita a Calcina o, perlomeno, fornendo una sua contestualizzazione”.
La Fondazione MAC
L’obiettivo – ha proseguito Viganò – è quello di investire nella valorizzazione della storia audiovisiva del Vaticano sulla scia delle sollecitazioni Papa Francesco. E la ricerca di della Maggiore riflette proprio questa missione che la Fondazione MAC persegue in tandem con il Centro di ricerca CAST nell’ambito di un approccio particolare: ‘l’archeologia dei media’, che studia tutte le connessioni storico-sociali relative all’affermazione dei diversi mezzi di comunicazione. Pagina dopo pagina emergono molti fatti e curiosità, delineando un quadro davvero interessante. Si parla del rapporto Vaticano-Lumière, i quali fornivano le lastre fotografiche alla Specola Vaticana per la carta del cielo; del ruolo del fotografo pontificio, Francesco De Federicis, che tra il 1899 e il 1903 realizzò almeno una decina di filmati con Papa Pecci (la maggior parte dei quali risultano al momento perduti). Si illustra anche la fruizione cinematografica degli inizi caratterizzata dall’assenza di luoghi e modalità preordinate, che rendeva impossibile il controllo e che poi portò alla revoca della concessione alla Biograph accusata di fare un commercio scandaloso delle immagini del Papa. “Un giallo appassionate”, ha detto Paolo Mieli intervenuto alla presentazione per raccontare la sua personale esperienza di lettura del volume. Non vi è alcun dubbio – ha aggiunto – sulla ricostruzione storica. Infatti, sono tante le carte portate all’attenzione del lettore. Basti pensare alle ‘minute’ del maggiordomo di papa Pecci che datano e descrivono in modo rapido e preciso le tre giornate in Vaticano dedicate alla realizzazione di quelle che all’epoca venivano definite le ‘vedute’ (cioè i video).
Le parole di Paolo Mieli
Secondo Mieli, lo straordinario successo planetario di quelle sequenze suggerisce tante riflessioni in merito all’atteggiamento della Santa Sede nei confronti dei nuovi media e della comunicazione. Si tratta di questione complessa, ieri come oggi, che ruota attorno al tentativo di controllare e di governare fino in fondo i processi comunicativi e le nuove tecnologie. “Quella dell’incontro col primo cinema – ha spiegato Viganò – per la Chiesa è una storia di grandi contrasti: aperture e chiusure, accelerate e brusche frenate, entusiasmi e fraintendimenti”. Curiosità e sottovalutazioni, che hanno impedito all’entourage di Leone XIII di non vedere attentamente i rischi e le trappole del nascente sistema mediatico fortemente interconnesso. A tal proposito è emblematico il caso della benedizione filmata di Leone XIII. “Gli spettatori dell’epoca chinavano il capo come se avessero di fronte pontefice in carne ed ossa”, ha sottolineato Gianluca della Maggiore nel suo intervento. L’autore ha ricordato che la stampa statunitense diffuse una ‘fake news’, scrivendo che per volere di Papa Pecci la benedizione cinematografica valeva come quella in presenza. Il Vaticano protestò arrivando quasi ad agire per vie legali, ma la notizia aveva già innescato lo straordinario successo della pellicola. Le piste di indagine che si aprono sono dunque numerose. “Mi auguro – ha concluso della Maggiore – che questo lavoro possa stimolare l’avvio di molte altre ricerche”.