Pubblichiamo uno stralcio dell’intervista di Monica Scozzafava a Beppe Dossena, compagno di squadra di Gianluca Vialli, pubblicata sul Corriere della Sera. L’ex giocatore, 58 anni, è morto ieri a Londra a causa di un tumore al pancreas.
Dal 28 dicembre Gianluca Vialli non rispondeva più ai messaggi, due settimane prima, stremato dall’incedere della malattia, si era dato forza. Aveva preso un aereo da Londra, direzione Genova. «Voleva rivederci tutti insieme. Aveva gli occhi stanchi, Luca. Continuava a guardarci da lontano e ci sorrideva».
Beppe Dossena quel giorno, come tutti quelli della Sampd’oro, era al Porto Antico per la presentazione del docufilm «La bella Stagione» che racconta l’anno dello scudetto della Sampdoria. «Fu una festa, fu in qualche modo l’addio di Luca»Che ricordo conserva di quella giornata?
«Eravamo felici. Poi guardavo Luca ed ero sopraffatto dalla tristezza: magro, camminava male. Nessuno fece riferimento alla malattia ma ebbi la sensazione molto netta che lui avesse voluto sfidare il dolore fisico per stare con noi per l’ultima volta in quella Samp che aveva amato così intensamente. Non si reggeva in piedi. Sapeva che ci stava salutando definitivamente ma non aveva alcuna voglia di arrendersi. Dopo qualche giorno è tornato a Londra ed è stato ricoverato»
Lo ha più sentito?
«Sinceramente no, Attilio Lombardo mi ha dato informazioni quasi quotidiane, purtroppo aspettavamo che da un momento all’altro ci avrebbe lasciati. Ma quando succede ti accorgi che non sei mai preparato».
Come lo ha saputo?
«Un messaggio di un nostro compagno di squadra, ero con Attilio e siamo scoppiati a piangere. Ti passa davanti la vita, ti tornano in mente le mille situazioni in cui siamo stati insieme. Piangi, sì piangi. Perché fa male. Mi rendo conto però che è il nostro egoismo».
In che senso?
«Non vogliamo perdere le persone a cui vogliamo bene e le vorremmo con noi anche quando stanno male. Luca soffriva molto nell’ultimo periodo, e il pensiero che adesso stia attraversando un corridoio di luce deve darci pace. Dovrebbe renderci sereni. La fede aiuta».
Vialli vi avrebbe chiesto di non piangere per lui?
«Non c’è dubbio, Luca è una persona con un forte senso di empatia. Un aggregatore. Ne sto parlando al presente perché la sua vitalità è immortale. Uomo positivo, ottimista anche nei confronti della malattia».
Cosa le resta del Luca giocatore?
«L’orgoglio di essere stato accanto ad un grandissimo, un generoso che mai ha pensato soltanto a se stesso, in campo e anche fuori. Attaccante d’altri tempi. E anche quando s’arrabbiava non alzava i toni».
Un aneddoto.
«Si era convinto che in campo nessuno gli passava la palla… tutti la davano a Mancini. Piombò nello spogliatoio e chiese conto di ciò. Gli rispose Cerezo: tu fai il centravanti, sta zitto e aspetta. Finì con una risata generale. Ecco, questo era Luca. È Luca».