Come ogni martedì torna la rubrica dedicata alla figura di Tommaso da Olera, il frate cappuccino vissuto a cavallo tra Cinquecento e Seicento e proclamato Beato nel 2013. Il testo è tratto da “Tommaso da Olera, saggezza umana e sapienza divina” a cura di Clemente Fillarini, Messaggero di Sant’Antonio Editrice.
La riflessione di oggi
Una fortezza o rocca non è solamente guardata nel tempo della giornata o di notte, ma sempre è custodita e guardata dai nemici (II 414).
Sappiamo bene quanto tempo, forze e sostanze si sprecano quotidianamente per proteggersi dai nemici: il singolo individuo per tutelare la propria vita e i propri beni, uno stato per difendersi da un’eventuale aggressione o occupazione del territorio da parte del nemico. Ma come custodire il “bene” dell’anima nostra? Ce lo insegna fra Tommaso.
«L’anima tua è [come una] fortezza, insidiata da molti nemici con i quali devi andar molto cauto e circospetto, e far atti come se fossero per assalirti ognora. E però, o anima fedele, sta’ sempre armata contro queste passioni, né temere di esse, perché hai modo di vincere ricorrendo a quel Dio che creò il cielo, la terra, il quale ti darà forza di virilmente combattere e scienza di poter vincere; onde potrai trionfare dando gloria a Dio a sterminazione di così vile cosa come sono queste passioni, le quali sono segno evidente di dannazione o salvazione: di salvazione a colui il quale vincerà le proprie passioni, di dannazione a quello che, travagliato da queste, si lascerà anco in esse involgere» (II 212). Per questo «bisogna darsi alla umiltà […], resister al vizio e peccato, agire contro i propri appetiti ed essere cauto: fuggire le cose che il senso appetisce, amare chi ci disprezza e vilipende; e così, a poco a poco, si va introducendosi nella via d’amore» (II 345). «Vi sono visioni pur intellettuali, ma in queste bisogna essere cauti, perché alcune volte sarà levata l’anima in contemplazione nelle cose del cielo, ove nella mente vedranno cose grandi di Dio e parerà di veder angioli, santi ed altre cose simili, come canti, musiche tanti e tali che sormontano ogni capacità umana» (II 250).