Come ogni martedì torna la rubrica dedicata alla figura di Tommaso da Olera, il frate cappuccino vissuto a cavallo tra Cinquecento e Seicento e proclamato Beato nel 2013. Il testo è tratto da “Tommaso da Olera, un anno con un mistico del Cuore di Gesù” di Sergio Calzone.
Le riflessioni di oggi
Tuttavia, accanto a questa atmosfera di purezza e di spiritualità, il sano buon senso contadino che spesso fa capolino nella penna di Fra Tommaso non può fare a meno, integrando i Vangeli, di occuparsi anche degli aspetti pratici, direi «economici» di questa famiglia così apparentemente disincarnata.
Ecco comparire, quindi, annotazioni che sembrano, in qualche modo, raccolte da un buon parroco di campagna dai propri fedeli, preoccupati di far tornare i conti domestici.
Essendo Maria sposata con questo santo patriarca Gioseffo, fu menata in Nazareth, di onde in prima era venuta; ed ebbe Gioseffo in dotte la casa paterna di Maria, quella ove lei era nassiuta e che ora è la santa casa di Loretto. […] Maria governava la casa, lavorava in cusire e si debbe credere che guadagnasse bene, perché, essendo arlevata nel tempio dove si insegnava tal opera, è da credere che ivi si facesse li più belli lavoreri che si facesse nella città; ove, lavorando Maria, guadagnava e il guadagno lo dava a S. Gioseffo; ed esso santo andava a lavorare, ove si sostentava la santa Vergine e se instesso. (Selva, 140)
E ancora
Lavorava il padre, lavorava la Madre, e del guadagno sostentavano se stessi e il figliol de Dio. (Selva, 175)
E, poi, dopo la fuga in Egitto.
Mi dà a credere che il Santo Gioseffo andasse ad abitare in qualche città aciò potesse lavorare de l’arte sua a sustentazione della sua povera famiglia. Pigliò questo uomo de Dio una povera casetta ad affitto, accommodandosi meglio che poteva. Oh in quanta povertà si ritrovava il figlio de Dio tra gente barbare, idolatre, inimiche de Dio! Oh quante volte la Beata Vergine pativa delle cose necessarie, pativa fame, sete e altri disaggi che sogliono patire le persone povere! Cominciò Gioseffo a lavorare de l’arte sua, cominciò a guadagnare, e voglio credere che fusse eccellente marangone, che avesse sempre da lavorare e che facesse star bene la sua famiglia, e che a puoco a puoco fornisse la sua povera casa. E Maria lavorava in cusire, guadagnando ancor essa, dando il guadagno a Gioseffo. Era il figliolo de Dio arlevato e nutrito da Gioseffo e Maria. (Selva, 177)
Senza dimenticare ciò.
Ove, anima devota, debbi contemplar come il santo sposo di Maria, avutto la rivelazione da Iddio che ritornasse con il caro figliolino Gesù, vendeva quanto si ritrovava nella sua povera casa per far danari, comprando de quelle cose che erano necessarie in viaggio così longo, conferendo con la santa Vergine così della rivelazione come anche del partirsi. Ove, avendo preparato il tutto, si partì alla volta di Giudea con il suo asinello. (Selva, 180)
Come pure questo.
O Santo Gioseffo, poiché meritaste sostentar con le vostre fatiche e sudore quello che sostentava il cielo e la terra! Oh quante volte il Santo Gioseffo, mentre lavorava, gli agiutava il figliolo de Dio, gli porgeva li ferri, agiutava tirar la sega, tagliava con quegli ferri, faceva fassetti di legna, li portava a casa! (Selva, 182)
Tale quieta operosità e questa esemplare (per l’epoca di Fra Tommaso) sottomissione di Maria al suo sposo – «E Maria lavorava in cusire, guadagnando ancor essa, dando il guadagno a Gioseffo» (Selva 177) – fanno tutt’uno con la preoccupazione di Giuseppe per alleviare, nella misura delle sue limitate possibilità, le fatiche dei viaggi a cui la Sacra Famiglia è costretta. Una preoccupazione piena di affettuosa, rispettosa, quasi estatica delicatezza nei confronti di una sposa e di un figlio così particolari, verso i quali egli prova, sì, l’amore di un marito e di un padre, ma anche l’adorazione di un credente.
Aveva il Santo Gioseffo comprato un giumento per commodità della Beata Vergine, ché, dovendo far viaggio longo da Betlehem in Gerusalemme e da Gerusalemme in Nazareth, e dovendo portare quel caro putino in così longo viaggio, il Santo Gioseffe compassionava la Beata Vergine.
O anima mia, contempla come fa a salire quella grande imperatrice Madre de Dio sopra l’asino: vedi, anima, come Gioseffo l’aiuta commodarsi, vedi come l’accomoda le vesti, vedi Gioseffo come pigliando Gesù lo porge alla cara Madre, vedi come Maria si accomoda il suo caro putino. O Dio, o Dio, a chi non sciopperà il cuore per tennerezza in vedere Maria con Iesù nelle sue bracia! Oh quanti incommodi pativa Maria! E patendo la Madre pativa anche il figlio, il incommodo della Madre era l’incommodo del figliolo. Caminava così alla volta di Gerusalemme; sequiva Gioseffo a l’asino e lo parava. Oh quante volte per la via se fermava e rimirava il caro figlio! Oh quante volte pigliandolo dalle bracia della Madre lo portava a piedi e quante volte lo accarezzava e bassiava! Oh quante volte, occorrendo qualche servizio alla Vergine, la poneva riverentemente in terra! (Selva, 167-168)
Né è lecito pensare che Gesù stesso non partecipasse a questa armoniosa unione spirituale. La sua premura nei confronti della madre, il suo rispetto per il padre erano non soltanto esemplari ma tanto più significativi in quanto egli era, al tempo stesso, Dio per entrambi!
Arrivò Maria in Nazareth stanca e afflitta. Stava nella sua povera casa, si godeva in nutrire l’amato figlio. Stette Maria da duoi anni incirca, ed era cresciuto il figliolo de Dio: caminava, parlava, stava in quella povera casa, obediva alla Madre e al padre. Lavorava il padre, lavorava la Madre, e del guadagno sostentavano se stessi e il figliol de Dio (Selva, 174-175)
Era il benedetto Gesù suddito alla Madre e a Gioseffo: gli commandavano e lui li obediva con tanto amore che beati che poteva parlar con lui. Non faceva questo santo figliolo cose di ligerezza come li altri fanciulli, ma faceva cose da prudente, che rendevano maraviglia e stupore a chi lo rimirava: riprendeva altri fanciulli che commetteva cose in offesa de Dio, si mostrava contrario alli figlioli disobedienti, era lui amabile e desiderabile. Oh quante volte andavano gente per visitar Maria, sì per veder lei come per vedere il suo caro figliolo! Era egli da tutti amato e accarezzato e doveva parere non come li altri figlioli, ma aver un aspetto venerando, scaturiendo da quella beata facia ragi divini, merzé che teniva quel sole della divinità entro a quella umanità. (Selva, 178)
Maria vedeva tutte quelle cose e le osservava nel suo cuore. E molte volte il Santo Gioseffo lo menava a mano per la città. Era cressuto il figliol de Dio in età, e Gioseffo lo menava con lui dove lavorava, dove che il buon Gesù missedava in quegli ferri, sì come sogliono fare li fanciulli. Gioseffo rimirandolo si stupiva in veder il figliolo de Dio trattar come uomo; lo agiutava nelli suoi lavoreri e opere, e altre cose di maraviglia operava il figliolo de Dio che lassio a’ contemplativi, poiché mai si finirebbe le maravigliose operazione che Dio fece. (Selva, 179)
E il nostro Gesù era di anni nove incirca quando, lassiando l’Egitto, caminava a piedi, e, quando si trovava stanco, montava sopra l’asinello e così faceva la Beata Vergine. Oh chi avesse veduto il figliolo de Dio caminare! Oh quante volte il tenero fanciullo era stracco e afflitto, e molte volte sedeva su la nuda terra quello che aveva la sua sedia alla destra del Padre eterno! Oh quanti disaggi pativa il tuo Iddio, o anima mia! Oh quante volte la Beata Vergine lo pigliava a mano, caminando di buoni pezzi a quel modo! Oh quante volte il tenero fanciullo diceva alla sua cara Madre: «O cara Madonna Madre, io vedo che siate stracca: de grazia, montate sopra l’asinello»; l’instesso diceva la Madre al figliolo: «O caro figliolo mio, montate a cavallo, voi che sete di età tenera»! Oh quante volte facevano una santa contesa! Ove talvolta andava la santa Vergine a cavallo e pigliava il caro figliolo nella braccia, ora lo portava ad un modo, ora ad un altro, ora a cavallo, ora a piedi. […] Oh quante volte la Beata Vergine accarezzava il suo figliolo e lo dimandava dicendo: «O caro mio figliolo, non sete straco?», e bassiandolo se lo stringeva nella braccia! Oh chi avesse sentito a parlare il caro figlio con la cara Madre! Oh chi avesse sentito la cara Madre parlare con il caro figlio! Oh che parole dovevano proferire quelle beate lingue! Oh chi avesse sentito Maria dire al caro figlio: «O caro figlio, avette fame?»; rispondeva il caro putino de sì, e pigliando la cara Madre del pane e altre cose che avevano portato con essi! E chi avesse veduto Maria a sedere sulla nuda terra, preparando quella mensa piena di povertà! Oh chi avesse veduto il re del cielo con la regina delli angeli mangiar in tanta povertà e umiltà! (Selva, 180-181)